Blocco 52. Una Storia da raccontare, una storia da condividere.

Creato il 06 gennaio 2013 da Cirano2

Luigi Silipo il sindacalista ucciso il 1 Aprile del 1965 a Catanzaro

No, non è un articolo memoriale per il 27 gennaio. Si tratta di un intreccio di storia e fantasia, raccontato nel modo sublime della mano esperta di chi sa assottigliare ed addolcire la barriera erta e rigida tra reale e immaginario, tra fatto storico e, laddove la storia non basta o peggio è segnata da lacune incolmabili a causa di una memoria troppo corta, storia immaginaria. Scorrendo le pagine di questo racconto, anche a chi non ha mai assaggiato i sapori, sentito gli odori e goduto delle bellezze selvagge di una terra tanto benedetta quanto segnata dalle violenze del passato e del presente, è permesso stringere a pieno in un abbraccio questa storia, una delle tante storie insabbiate dall'umanità e dall'indole che abita il nostro popolo. L'essenza calabrese, riassunta e riassumibile in questa formula "ricordo, vana speranza, pietà, violenza, senso del lavoro ed inimitabile risolutezza" speziata dell'acre profumo del bergamotto, è sfruttata a pieno per raccontare la storia dimenticata di uno dei tanti uomini battutisi per la libertà, per regale di nuovo la fiamma della speranza ad un popolo oppresso, per parlare di temi duri e scabrosi come quello dell'emancipazione femminile, della sessualità e della libertà. Libertà, un valore spesso frainteso per chi non ce l'ha e male utilizzato da chi oggigiorno ce l'ha, eppure ricercato, ancora anelato, per cui ancora piovono fiumi di violenza e per cui ogni parola di troppo viene repressa nel sangue. Quale sarà mai stata la parola di troppo, la parola o l'azione scomoda compiuta la Luigi Silipo (lui, il protagonista di questa storia insieme ad un altro martire, Giuseppe Malacaria) per la quale si sia meritato la morte? Ciò non ci è dato saperlo. Ma la sete di vendetta si fa sentire troppo acuta, una vendetta che per la prima volta avviene con quelle parole che vergate sulla carta appaiono grondanti di sangue e urlano la gioia di chi finalmente osserva, dagli occhi del blocco 52 di un cimitero dimenticato, che l'operazione di insabbiamento della memoria, così come della consapevolezza e dell'identità di una città , di una regione, di un popolo, non è completamente riuscita. Le storie che si intrecciano in questo romanzo, toccando le corde dell'amore, della sensualità, che battono di un forte sentore politico di un'Italia in fermento, raccontano di una memoria degna di essere rispolverata e tramandata ai posteri, anche a quella generazione moderna che, riprendendo il messaggio del libro, appare come un binario distrutto, ormai superfluo e ricoperto di rovi, dalla memoria difficile. La nostra terra appare sempre la stessa. I cambiamenti che ha subito nel corso dei secoli e che l'hanno plasmata hanno lasciato una traccia resistente ed incorruttibile, che può essere scorta nei tratti pesanti dei volti di un popolo dalle cui fronti gronda il sudore del lavoro, ma solo il cambiamento, la storia, è stato fattore attivo. Il popolo calabrese, nato da mescolanze, generato da amori e da stupri, ha subito i cambiamenti in modo pressoché passivo, scegliendo la via della rassegnazione piuttosto che della ribellione, scegliendo la paura, i vicoli bui, piuttosto che la luce del sole che tanto è cara ad essi stessi quanto lo è il mare, quanto lo è la montagna. Un libro da leggere, sicuramente anche solo per acquisire la consapevolezza che noi siamo il frutto di un passato dimenticato, che bisognerebbe tornare indietro, che la globalizzazione non è tutto quello che ci resta, che noi siamo stati qualcosa di più.
Maria Polimeni tratto da: http://wutheringspires.blogspot.it/2013/01/blocco-52-per-non-dimenticare.html

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