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Da Arturo Robertazzi - @artnite @ArtNite

Robertazzi ci offre così con un linguaggio spigliato e diretto uno squarcio di guerra che più drammatico non potrebbe essere; i vinti, i prigionieri, oltre ad aver perso la loro battaglia hanno perso la loro dignità e, così come vengono descritti, non hanno più nessuna parvenza di umanità: vengono descritti come animali, come topi. La loro condizione di perdenti, sottomessi, vinti li eguaglia a una sorta di regressione allo stato bestiale, che è dissacrante e invereconda: «Non erano uomini, non più. Quello che mi appariva, invece, era una creatura informe con cento occhi e cento gambe. Ogni cella, cento occhi. Ogni cella, cento gambe. Ogni cella, un’unica Bestia terrorizzata».


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