“Le nostre emozioni sono composte di elementi che non abbiamo creato noi stessi… costrutti intelligenti dell’attività normativa umana, tali da poter essere in linea di principio, ed entro certo limiti, trasformati da una più intelligente attività umana”
(M. Nussbaum)
Prendiamo Cappuccetto Rosso.
La mamma le indica la strada e le dà il cestino, la nonna è malata e deve essere accudita dalle altre sue familiari e poi c’è la bambina che, andando da sola, si mette nei guai.
Poi ci sono il Lupo Cattivo e il Cacciatore Salvatore.
Prendiamo Cerentola, tra matrigne e sorellastre, un padre assente… meno male che, anche qui arriva il Salvatore, stavolta nei panni di un bel principe, così la giovane si sistema per la vita.
C’è di che uscirne confuse.
Oppure sicure, sicure che nella vita bisogna sperare in un Salvatore. E diciamocelo, per come stanno le cose oggi in Italia per le donne, con un Paese che si colloca all’ottantesimo posto su 135 Paesi nella classifica sulla parità di genere (Global Gender Gap), questa è ancora l’unica salvezza in molti casi, perchè con i pochi aiuti dalla società per il lavoro e le famiglie, per molte di noi, purtroppo, non resta che sperare in un Salvatore.
Però, le cose potrebbero andare diversamente. A partire dalle storie per bambini. Perchè le storie sono appunto immagini profonde, prodotte da una determinata cultura, ma che continuano a lavorare nella mente e nel cuore di chi le legge come un faro, una lente da cui guardare alle cose che succedono. E allora è importante chiedersi che immagini stiamo lasciando nel cuore delle nostre bambine e dei nostri bambini.
Come mi ha segnalato la nostra tata dei libri, Calvino la storia di Cappuccetto Rosso l’ha raccontata diversamente. O meglio, non lui, ma la nostra stessa tradizione. Il che è già un bel dire!
Mentre, infatti, nella versione più conosciuta, quella di Jakob e Wilhelm Grimm, le cose vanno come sappiamo:
Il Cacciatore passava in quel punto davanti alla e pensò: “Come ronfa la vecchia! Devo andare a vedere se le serve qualcosa“.
Entrò allora nella stanza e quando fu davanti al letto vide che dentro c’era il Lupo.
“Ah, ti trovo, vecchio peccatore,” diss’egli “t’ho cercato per tanto tempo”. E stava per puntare il suo schioppo, ma gli sovvenne che il Lupo poteva aver mangiato la nonna, ed era possibile ancora salvarla: perciò non sparò, ma prese un paio di forbici e cominciò a tagliare la pancia del Lupo che dormiva.
Dopo qualche forbiciata, vide brillare il cappuccetto rosso, e dopo qualche altra forbiciata ecco che la bimba saltò fuori e disse: “Ah, come avevo paura, come c’era buio nella pancia del Lupo!“. E poi venne fuori la vecchia nonna ancora viva e appena poteva respirare.
…nella storia raccontata da Calvino, la bambina si salva da sola, grazie alla sua intelligenza e astuzia:
Le toccò i fianchi. – Perché hai i fianchi così pelosi, nonna?
– Perché portavo il busto troppo stretto.
Le toccò la coda e pensò che, pelosa o non pelosa, la nonna di coda non ne aveva mai avuta. Quella doveva essere l’Orca, non la nonna. Allora disse. – Nonna, non posso addormentarmi se prima non vado a fare un bisognino.
La nonna disse: – Va’ a farlo nella stalla, ti calo io per la botola e poi ti tiro su.
La legò con la fune, e la calò nella stalla. La bambina appena fu giù si slegò, e alla fune legò una capra.
– Hai finito? – disse la nonna
– Aspetta un momentino – Finì di legare la capra…
Qualcuno dice che il rosa puzza. Che, cioè, ciò che si dice alle bambine e sulle bambine puzza. Che cosa può significare questo?
Me lo sono chiesto, da mamma, lo sto indagando, con un paio di studenti. Non è per niente facile farsi un’idea chiara su queste cose: chi può dire quanto certe storie o certe immagini o certe associazioni ci influenzino nel tempo? Le storie tradizionali dovrebbero forse essere cancellate o tutte riscritte? Perdono tutti i loro valori? Tanti possono essere i fattori che ci influenzano e tanti sono anche quelli che ci fanno liberare da eventuali stereotipi: se si ha la fortuna di vedere l’esempio di madri e padri liberi da condizionamenti, di leggere storie diverse, di coltivare la voglia di riscatto e di uscire dagli schemi…
Però, non siamo soli. Se anche siamo sicuri di dare ai nostri figli esempi di maggior libertà, di autonomia e creatività, per cui nostra figlia può immaginarsi nei panni di ingegnere e nostro figlio è già tenero e affettuoso con i bambini piccoli, senza timore di mostrare i suoi sentimenti, non siamo soli e penso sia importante osservare anche cosa la società dice, chiede, offre ai bambini e alle bambine. Perché i nostri figli e le nsotre figlie conserveranno anche queste immagini nel loro cuore.
E, allora, penso che il rosa, sì, puzzi, quando lo vediamo associato ad un genere soltanto e non all’altro, creando una divisione tanto netta tra i sessi che, se dipendesse davvero dall’affidarsi alla natura, non avremmo bisogno di sottolineare.
Penso che, sì, il rosa puzzi, puzzi di bruciato, se poi al rosa (come, per altro verso, all’azzurro) vediamo associate sempre e solo determinate mansioni -quelle della cura- e determinati atteggiamenti -calma, eleganza, bellezza, tranquillità…
Principessa in cucina (?)
Chi ha una bambina sa bene che può essere calma, dolce e docile. Per quei dieci minuti, proprio come può esserlo un bambino! E tutti sappiamo bene che in realtà, padelle, scope, assi da stiro e cucine non sono (praticamanente) mai rosa o fucsia. Quindi dove nasce la necessità di realizzarli proprio in questo colore? Non si sente uno strano odore di bruciato?
Proprio come al secondo, terzo Salvatore nelle storie per bambine, la cosa comincia un po’ a insospettire… Si può leggere qualcosa di diverso? Per fortuna, oggi si può.
La piccola figlia del re fifone, Lucilla, se la cava bene, benissimo, contro il suo Lupo, il mostro peloso. Ed è lei che, con coraggio e ironia, distrugge il mostro e, in un colpo solo, salva re e principe:
Il mostro peloso
Lucilla, come Cappuccetto Rosso raccontata da Calvino, presentano un’altra faccia delle bambine, e forse sarebbe interessante e stimolante esplorare, senza pre-giudizi, quanti interessi, quanti volti, quanta forza, possono avere le bambine.
Lauren Hodge a TED
Talks | TEDx Scienziate giovani e vincenti in azione
Per dire loro che possono anche cavarsela da sole, che ci sono tantissime cose che le possono interessare e non solo padelle, cucine e ferri da stiro, che non hanno sempre bisogno di un Salvatore se si trovano di fronte ad un Lupo Cattivo…
…e di tutti i volti che le bambine assumono, o con i quali possono essere rappresentate, resto poi senza parole di fronte alle bambine che sembrano aspettare non tanto il Salvatore, quanto il Lupo.
Bambine nella pubblicità
Quali opinioni avete su questo tema? Quanti volti, quanti interessi hanno le vostre bambine? Sono tutti rappresentati nelle storie e nei media? Quanti volti e interessi hanno i vostri bambini, che secondo voi non sono rappresentati nelle storie e nei media? Quali immagini, quali aspettative, vorrste lasciare nella mente e nel cuore dei vostri bambini e delle vostre bambine?
Riferimenti
Calvino I., Fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da Italo Calvino, Torino, Einaudi 19748, vol. II (reperibile anche qui: Cappuccetto rosso, La nuova bottega dell’elefante)
CAPPUCCETTO ROSSO NEL MONDO di Rosa Tiziana Bruno
Global Gender Gap
Il mostro peloso, Letture Cartastraccia
Approfondimenti (Media)
Donne, pubblicità, stereotipi: fatte con lo stampino ( Annamaria Testa, Nuovo e Utile, 20/03/2013)
Infanzia made in Italy #1 Le principesse vanno in moto? (Laura, Un altro genere di Comunicazione, 17/03/2013)
Parità, il riscatto dell’Italia riparta dalle donne (Alessandra Flora, EurActiv.it, 16/03/2013)
Onu, sviluppo umano: l’Italia è sotto la media OCSE (Piero Fornara, Il Sole 24 Ore, 14/03/2013)
Festa della donna, “la parità di genere in Italia? Aspettiamo il 2660 (Simona Regina, Il Fatto Quotidiano, Donne di Fatto , 08/03/2013)
Il fornetto rosa americano e la bibliotecaria ravennate anti-stereotipi sessisti (Silvia Manzani, Romagna Mamma, 21/12/2012)
In questo modo ci stiamo facendo una buona pubblicità? (Chiara Simonelli, L’Espresso, 13/09/2011)
Approfondimenti (Altro)
Liberi di esplorare: intervista a Caterina
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Psicologia delle differenze di genere
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