Magazine Cultura
Per chi scrive - il blog di Friedlander parla di libri, di come si fanno i libri - il blog svolge essenzialmente tre funzioni:
1)- rappresenta uno strumento per fare esercizio - scrivere con regolarità è indispensabile
2)- può essere l'embrione di un libro - con una media di 500 parole al giorno, 15.000 parole al mese, un romanzo da 60.000 parole si scrive in quattro mesi - farebbe tre romanzi all'anno.
3)- costituisce il nucleo della cosiddetta "piattaforma" - l'elemento attorno al quale ruota la nostra presenza social, la base dellanostraidentità online, il principale strumento di vendita
Questo, naturalmente, per chi scrive.
Progetti differenti possono avere un differente sviluppo attraverso il blog - può essere uno tanto strumento per collaborare e condividere una passione quanto un mezzo per promuovere una attività professionale.
Ma l'idea, diceva l'articolo, è che il blog ha una funzione definita.
Se non avete quella funzione ben chiara, rischiate di naufragare.
D'altra parte Joel Friedlander ed i suoi collaboratori parlano di una realtà e da una realtà nella quale il blogger è (o può essere) un professionista, ed il blog è (o può essere) un medium serio e con una sua dignità.
I blog senza una funzione, i "cat blog", come li chiamava Seth Godin, fatti per postare le foto del gatto, non hanno più ragione di esistere - le foto del gatto potete postarle su Facebook.
È stato un processo di selezione - tutti noi che abbiamo cominciato coi blog una decina di anni or sono, abbiamo cominciato coi cat blog.
Non sapevamo cosa fosse un blog, e allora perché non provare?
Imparare provando era la filosofia di base del Web 1.0 - la frontiera digitale.
Scarica un browser, impara un po' di HTML, metti su un sito, iscriviti a un paio di BBS, di mailing list, di canali IRC...
La svolta del Web 2.0 ha accelerato la soluzione - ha creato uno spazio privilegiato in cui era ok avere le foto dei gattini batuffolosi, e ed uno in cui era possibile continuare a condividere conoscenze, definendo delle nicchie.
La blogsfera.
Blog di cinema, blog letterari, blog di cucina, i blog dei makers (dal taglio e cucito alle energie alternative), e poi fumetti, musica, sport, viaggi, fotografia, politica...
Ma allora tutti 'sti stronzi coi loro blog che parlano di emerite minchiate, da dove escono?
È quella che potremmo definire la Next Generation dei blogger - anagraficamente fra i venti e i trent'anni, sono nati sui social network e poi si sono spostati alla blogsfera. Applicando al proprio blog - e a quelli degli altri - le logiche e le dinamiche dei social network: contenuti ridotti e sostanzialmente "leggeri", una estrema aggressività, una competizione per i like, l'appartenenza a un circolo o gruppo di "amici".
Costoro hanno poco o niente da dire, ma una discreta prosopopea nel sostenere che il nulla sia preferibile a contenuti complicati, post "troppo lunghi", argomenti "troppo seri".
Il blog come strumento, come mezzo per raggiungere un fine, la famigerata nicchia, non rientra fra i loro progetti immediati.
Sono giovani (o finti giovani) che vogliono divertirsi.
Post sulle tette? Certo.
Post sulla diarrea esplosiva? Come no.
Post sul film visto in sala ieri sera? Certo, ma che sia ironico e lolloso.
Opinioni non informate (ovvero pregiudizi) spacciate come verità assolute? Ovviamente.
Ora non confondiamoci - questi individui che alcuni di noi vecchi cowboy potrebbero trovare squallidi e decerebrati sono esattamente nella stessa situazione in cui eravamo noi, a metà anni '90, col nostro Netscape 1.0 e il nostro manualino della Apogeo sull'HTML (5000 lire).
La differenza è la cultura di riferimento - non la frontiera elettronica in cui si era tutti pionieri, ma l'ambiente dei social, un po' più vapido e competitivo: l'idea non è condividere la conoscenza divertendosi, l'idea è mietere like.
Nella foto: alcuni pionieri del blogging
Questo potrebbe abbassare il livello, restringere il range verso il minimo comun denominatore.
Un po' come capitò col cinema italiano - quando si scoprì che il pecoreccio vendeva di più biglietti di qualunque altro genere, e di conseguenza si girarono solo pecorecci per vent'anni.
Qualcuno fece un sacco di soldi, ma l'industria cinematografica nazionale andò all'inferno in un secchio.
Mai sentito dire che il cinema è in crisi?
E che il pubblico vuole ridere, non pensare?
Benvenuti nel primo giorno del resto della vostra vita: perché già vediamo alcuni, fra i membri della Next Generation, che propugnano l'idea che in fondo abbassare il livello è ok, che bisogna dare alla gente ciò che la gente vuole e *solo quello*.
Anche perché il resto non tira - ed è difficile: difficile da scrivere, difficile da leggere, difficile da capire.
Esiste un principio, in didattica e in sociologia, che viene definito Effetto Pigmalione - dice, in breve, che le persone tendono ad adeguarsi al ruolo che i loro vicini gli riconoscono; insomma, se vi tratto da idioti, voi vi comporterete da idioti, e finirete col convincervi che, in effetti, sì, siete idioti. Se vi tratto da persone intelligenti, voi tirerete fuori la vostra intelligenza.
Livellarsi verso il basso significa schiacciare il pubblico nel ruolo di idiota, che ride e applaude alla nuova gara di rutti, e trova mortalmente fastidioso tutto questo parlare di scienza, di politica, di musica, di storia.
Ora, naturalmente, non è il caso di drammatizzare: come ho detto, la Nuova Generazione non è diversa dalla Serie Classica se non per le uniformi, e forse per le trame un po' più sceme.
Ma a questo punto domandiamoci - siamo davvero stupidi come vogliono farci sentire?
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Quest'articolo di oggi mi è stato regalato dal dottor Mana, che ospito con molto piacere sul mio umile spazio digitale. Ci sono tantissime cose su cui discutere, e ogni singolo capoverso contiene una serie di spunti di riflessione che approfondiremo sicuramente nei prossimi giorni.
Quindi stay tuned.
In ogni caso...voi che dite di tutta questa faccenda?
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