Magazine Cinema
Visto in Dvx, in lingua originale con sottotitoli in spagnolo (o portoghese, non ricordo)
L’idea di realizzare un seguito di Blood feast sarebbe stata folle quarantenni fa, quella di realizzarlo negli anni zero è decisamente non giudicabile… se non fosse che a realizzarla ci si mette proprio Herschell Gordon Lewis in persona. Allora diciamoci la verità, glielo si concede per questioni di rispetto, non perché le aspettative siano alte… e invece.
La storia è quella del nipote Fuad Ramses, il protagonista del film originale. Fuad Ramses III (il nome è originalissimo), torna nel negozio del nonno, scopre quello che successe proprio in quel posto nei sixties e ne rimane sconvolto, poi scopre una statua di Ishtar e ne rimane soggiogato (trova pure il libro di ricette del nonno “To serve man including tasty dessert”), tanto da uccidere tutte le pollastre più in della città (che sono anche le donnine più sensibili).
La storia è proprio li dove si è partiti decenni prima, ma cos’è cambiato? Praticamente tutto. Lewis decide di non fermarsi ad una riproposizione pedissequa di ciò che è stato e confeziona il miglior film horror/demenziale anni ’70 che sia mai stato fatto. Si, questo è proprio quel genere che Tarantino ha provato a riportare in auge con “Grindhouse” creando una schiera di registi idioti che ritengono necessario fare film fatti male per essere belli. Lewis invece conosce il mezzo, è solo rimasto indietro nel tempo, e se 20 anni fa sarebbe stato fuori moda, ora è vintage.Il film è un campionario base di inquadrature sghembe ed effetti speciali senza CGI (per fortuna), di recitazione macchiettistica nei protagonisti (il detective sembra Patrick Bateman con camicia e cravatta anni ’80, mentre Ramses è un Javier Bardem che fa le faccette di Oliver Hardy) mentre trova caratteristi bravi nelle spalle (su tutti John McConnell, il collega del detective), prepotente colonna sonora spesso fuori tema (questo devo dire mi ha più disturbato che altro) ed effetti splatter molto insistiti.
In più Lewis si aggiorna con due idee vincenti: le tette e l’ironia. Le tette non hanno bisogno di spiegazioni, le donne uccise saranno spesso spogliate. L’ironia invece è una grande novità che riesce a smussare il peggior difetto del precedente, la noia. Su tutto sono fenomenali il gioco all’idiozia dei protagonisti positivi, l’autoironia con cui il film si prende per il culo da solo (cito a memoria: “ho trovato informazioni sulla dei babilonese Ishtar” “Ishtar? Pensavo fosse egizia” “lo pensavamo tutti”), più qualche guizzo di comicità completamente anarchica alla Hellzapoppin che davvero non ci si aspetta (come il cadavere del padre che compare in molte scena senza motivo e che viene ignorato dagli astanti, si veda durante il sopralluogo nel negozio di Ramses, durante la festa per il matrimonio o nel massacro finale).
Paradossalmente la parte decisamente peggiore di questo film è la componente splatter che si limita ad un mero elenco da macelleria, ma senza guizzi particolari, si fosse limitato agli schizzi di sangue sarebbe stato decisamente meglio.
Complessivamente direi, senza paura di bestemmiare, che questo film sia migliore, più gradevole, dell’originale.
PS: da sottolineare le strizzatine d’occhio che il film fa verso i frequentatori delle nicchie cinematografiche, dal poliziotto che si chiama Michael Myers, al cameo di lusso (di serie B) di John Waters nei panni del reverendo.
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