Magazine Cinema
Austria, 98 minutiRegia: Marvin KrenSceneggiatura: Benjamin Hessler
Esiste ancora un modo di fare cinema che pare il mondo si sia dimenticato, è qualcosa di piccolo e chiaramente imperfetto che punta però proprio a un pubblico che non cerca la perfezione né chissà quale confezione, è solo un pubblico insoddisfatto del treno occidentale che scarrozza in lungo e in largo opere e autori tirandoli su a caso e scaricandoli alla prima fermata possibile, in fondo è un pubblico affezionato che conserva qualche anticaglia polverosa e a volte pensa, troppo, ai bei tempi. L'artigianalità è materia preziosa, ma se in passato valeva un tanto al grammo adesso è svenduta e spesso visto in cagnesco, senza una rassicurante computer grafica e qualche spruzzata di sangue digitale registi, produttori e ovviamente certo tipo di consumatori non sembrano avere possibilità di saziarsi e sono costantemente condannati a ripetersi, ancora e ancora, in un inutile circolo vizioso che alla fine non accontenta nessuno.
Raccontare il soprannaturale era mestiere difficile, bisognava imbastire un equilibrio mica da ridere nel cotruire una storia adeguata e girarla sapendo di non poter ricreare visivamente le ambizioni originali, era necessario un compromesso che paradossalmente si trasformava in astuzia, e spesso gli escamotage per non mostrare troppo il mostro di turno e poter contenere le spese effettistiche portava a vere e proprie rivoluzioni che rendevano in qualche strana maniera migliore il prodotto. Si lodava l'inventiva e il saper fare, all'interno del cinema di genere conoscere il mestiere era prerogativa fondamentale se si voleva riuscire a dosare ogni ingrediente.
Adesso, nel 2014, bisogna andare fino in Austria, si sa, nota patria dell'horror e della fantascienza, per trovare un artigiano che creda in certi mezzi e li sfrutti per produrre la sua visione. E' difficile oggigiorno affermare se si tratti di vera intenzione, una scelta a monte che condiziona l'opera stessa, o se sia l'unico compromesso possibile di questi tempi se un poveraccio ha buone idee e discrete capacità e vuole fare l'horror, resta il fatto che Marvin Kren, dopo l'interessante ma comunque canonico zombie-movie Rammbock, torna bello agguerrito con un film molto più affascinante anche solo sulla carta, per rimanendo ancorato con le unghie a territori da b-movie in cui chiaramente sguazza felice.
Ripescare le intuizioni carpenteriane che hanno permesso a un capolavoro come La cosa di congelarsi per bene ed essere ancora fresco e gustoso, a differenza di molti, troppi film, dopo più di trent'anni, è un po' come andare alla trattoria di fiducia: sai che mangerai bene, spenderai il giusto e tornerai ancora. Le atmosfere siderali, le mutazioni aliene, il gioco di sospetti e paranoie tra i personaggi sono elementi sicuri che hanno fatto storia e sono diventati esempio in varie clonazioni cinematografiche/televisive, ma si torna sempre sul discorso narrativo e credo ancora che, pur con dubbia originalità ed eccessiva ispirazione, anche una storia come quella di Blood Glacier possa funzionare se scritta adeguatamente, se narrata con le stesse intenzioni psicologiche/orrorifiche, se ben piantata a terra con personaggi stabili, se pensata e diretta per i mezzi e le ambizioni di Kren e non per chissà quale pubblico medio.
E bisogna dire che Kren si avvicina molto al fare qualcosa di importante, è ben lontano dal fare un film grosso nonostante le capacità ci siano tutte, ma riesce a tirar su un inaspettato b-movie dal gran gusto mostruoso, che si appoggia al bestiario carpenteriano solo fino a un certo punto per poi staccarsi e fare discrete cose in solitaria. E non vedo niente di male in un autore giovane, per giunta austriaco, con il suo bel daffare nel trovare fondi e a non farsi ridere addosso mentre dice di voler girare un horror, che trova sicurezza in un pilastro fondamentale, prende appunti, copia quanto può senza farsi vedere troppo, o comunque fingendo abbastanza indifferenza da credergli, e poi ci mette del suo, consapevole di certi limiti tecnici e di non poter proporre niente di rivoluzionario, dimostrando però di avere stoffa, una buona padronanza della scena e idee valide.
Siamo sulle Alpi austriache, un gruppo di ricerca si imbatte in una formazione rocciosa che pare trasudare uno strano colorante, e tutto giro attorno a un batterio killer, una microscopica entità primordiale liberata dallo scioglimento dei ghiacci, capace di aggrapparsi al DNA dell'essere ospititante, parassitarlo e trasportarlo di ospite in ospite, incrociandone i filamenti genetici di volta in volta. Volpi mostruose, uomini-cervo e aquile-scorpione sono solo alcuni appartenenti al generoso bestiario di Kren, che cita palesemente il capolavoro di Carpenter (anche in molti aspetti secondari, come il cane che trasporta il batterio a inizio film) e poi libera la sua creatura con una serie di mostri creativi e interessanti, che da soli danno forza alla pellicola. L'artigianalità di cui parlavo prima è evidente nel modo in cui queste bestie prendono vita: nessuna CG, nemmeno meccatronica a quanto si può vedere, solo bei pupazzi che, attraverso un buon lavoro di inquadrature e di montaggio furibondo, squarciano lo schermo e muggiscono rabbiosamente, dando quell'idea vincente di essere comunque veri anche se non li vediamo mai per più di tre secondi di fila, anche se li si può scorgere solo a piccoli sprazzi anatomici. In fondo è tutto quello che serve a un horroraccio come Blood Glacier, un film di mostri come li facevano negli eighties ma con un giusto aggiornamento ai giorni nostri.
Kren è un autore che ha molto da imparare ma è sicuramente sulla buona strada per fare grandi cose, la storia che dirige sulla sceneggiatura del fido Benjamin Hessler, che per lui aveva già scritto il precedente Rammbock, non è granché e tende troppo a certi ambizioni sinceramente evirabili (le solite riflessioni sulla natura vendicativa e sulla giustizia per punire l'uomo), basa un buon simbolismo su un noioso cliché (storia d'amore naufragata, lui lavora da solo e fatalità lei deve fargli visita) e incastra qua e là riempitivi poco interessanti per raggiungere un minutaggio minimo (certi battibecchi iniziali un po' fra tutti i personaggi): tutto questo si trasforma sostanzialmente in una quarantina di minuti sulla quale si poteva lavorare più di lima per snellire e offrire un trampolino molto più felice a una seconda parte dove invece tutto gira con più stile. I personaggi acquistano consistenza, Janek domina la scena con il suo pessimismo alcolico (altro rimando a La cosa), il ministro Bodicek prende il sopravvento a suon di sberle e con una femminilità ruggente, c'è anche spazio per qualche riuscito inserto ironico dove Hessler e Kren dimostrano di saper reggere la tensione dando quell'umanità necessaria a ogni protagonista. Qualche colpo di scena, un paio di morti inaspettate o comunque impreviste in quel punto, e il già citato bestiario che subentra agli effettivi personaggi conquista infine il film.
Il resto è un gran parapiglia di scornate, morsi, zampe, artigli, becchi, zoccoli, asce, trapani e sangue a fiotti, è forse un piatto poco più che sufficiente e sul quale si poteva investire meglio, ma è il caso di mettersi a tifare Austria per un qualche futuro dell'horror.
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