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blue jasmine

Creato il 22 settembre 2013 da Albertogallo

BLUE JASMINE (Usa 2013)

locandina blue jasmine

La newyorkese Jasmine, un tempo ricca e felicemente sposata, ora sola, senza lavoro e in preda a un esaurimento nervoso, si trasferisce a San Francisco dalla sorella Ginger, commessa di supermercato, per cominciare una nuova vita. È con questo incipit terribilmente simile a Un tram che si chiama desiderio che Woody Allen risorge dalle ceneri di To Rome with Love per tornare a occuparsi seriamente di quella cosa chiamata cinema.

Non che Blue Jasmine sia un’opera anche solo lontanamente paragonabile ai capolavori del passato, ma qui, dopo tanti anni di filmetti senza né arte né parte, Woody torna a provarci, a mettersi in gioco, confezionando un film coraggiosamente dolente, nevrotico, pessimista, eppure spesso divertente e leggero, in pure stile alleniano.

Le ossessioni sono sempre le stesse – la presenza di due sorelle (Hannah e le sue sorelle, Cassandra’s Dream…), il dualismo New York/California (Io e Annie), il tradimento coniugale… -, condite come sempre da una colonna sonora jazz vecchio stile, da lunghi e velocissimi dialoghi e da abbondanti dosi di Xanax. Eppure, a differenza di molte altre pellicole alleniane del recente passato, la sensazione, grazie a dio, non è più quella di trovarsi di fronte a un regista in costante crisi creativa intento a sbarcare il lunario citando perennemente se stesso: Blue Jasmine è un film che sa sporcarsi le mani, andando a scavare senza troppi compromessi nel fallimento esistenziale di una donna in trappola. Una donna, tra l’altro, piuttosto snob, antipatica, mediocre, ben lontana dalle eroine alleniane di un tempo: Cate Blanchett è perfetta nel rendere le nevrosi di questa protagonista così sgradevole eppure così umana, così simile, in molte cose, a molti di noi. A renderla “speciale” sono forse le situazioni in cui la vita l’ha cacciata: un marito furfante alla Bernie Meadoff, un figlio ribelle, una sorella completamente diversa da lei e forse mai davvero in grado di capirla… Tutto ciò condurrà Jasmine a un tragico finale, privo persino di quelle piccole consolazioni che avevano reso meno amari Crimini e misfatti e Match Point: siamo piuttosto dalle parti del sottovalutato Interiors, di cui viene anche ripresa la metafora dell’arredamento di interni.

Altri piccoli ma importanti elementi da notare: la consueta, purtroppo, approssimazione con cui Woody Allen dipinge i personaggi secondari (specialmente quelli appartenenti alle classi più umili, spesso ridotti a macchiette senza spessore dalla pura funzione narrativa) e, fatto invece abbastanza inedito, uno sguardo insolitamente benevolo nei confronti della California, qui dipinta in tutta la sua bellezza e prevalente persino sull’amata New York.

Un film da vedere, che restituisce al mondo del cinema un artista ancora in grado, nonostante gli anni e una routine cinematografica da catena di montaggio, di dire qualcosa, e di farlo nel suo stile unico e inimitabile.

Alberto Gallo



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