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Blue Jasmine

Creato il 12 dicembre 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

blue jasmine cate blanchett

Dopo la mezzanotte parigina e le vacanze romane Woody Allen torna a casa e con Blue Jasmine ritrova l’ispirazione dei tempi migliori regalandoci l’ennesimo, straordinario – e in questo caso anche orripilante – ritratto al femminile reso possibile dalla magistrale e sbalorditiva interpretazione di Cate Blanchett.

Reduce dal fallimento del suo matrimonio con Hal, ricco uomo d’affari finito in grossi guai per una truffa colossale ai danni del fisco americano e dei suoi clienti, Jasmine lascia la Grande Mela per trasferirsi da sua sorella a San Francisco. Vi arriva in uno stato di estrema fragilità, incapace di riprendersi dallo scandalo finanziario che l’ha travolta privandola del suo status di donna benestante dell’alta borghesia newyorkese. Jasmine si ritrova suo malgrado ospite nel modesto appartamento di sua sorella Ginger che vive con i due figli avuti dall’ex marito ed è in procinto di rifarsi una vita con Chili, il nuovo fidanzato. Le due donne, assai diverse tra loro, non hanno mai avuto un gran legame e la convivenza forzata rischia di mettere a soqquadro la vita di Ginger, già turbata in passato dalle mosse avventate e spregiudicate di sua sorella.

Se qualcuno ha deciso di tenersi lontano da Blue Jasmine perché pensa di trovarsi davanti ad uno dei soliti e scontati film di Woody Allen degli ultimi anni, ad una nuova commedia lieve, innocua e poco ispirata, sappia che si sbaglia di grosso. La sua ultima fatica, un dramma che non rinuncia ai consueti siparietti brillanti ben supportati da dialoghi ironici e graffianti, ci mostra uno dei ritratti di donna più cupi e spietati della sua intera filmografia. La Jasmine di Cate Blanchett è in perenne stato confusionale, con lo sguardo perso nel vuoto, stordita e annebbiata dal mix di antidepressivi e alcolici in cui affoga i dolori e i rimpianti per i “bei tempi” che furono. Totalmente incapace di accettare la sua nuova condizione sociale, vive con umiliazione il suo doversi “abbassare” a cercare un lavoro normale, termine di fatto estraneo al suo vocabolario. Un personaggio tragico e al contempo mostruoso, vuoto e insensibile, portato sul grande schermo da un’immensa Blanchett, qui al suo primo incontro cinematografico con il grande cineasta newyorkese. Un sodalizio a dir poco felice che, dati gli esiti entusiasmanti, speriamo si possa ripetere in futuro.

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Dopo la prova opaca e incolore nella trasferta capitolina di To Rome with Love ha del miracoloso ritrovare un Woody Allen così in forma, autore di uno script puntuale e rigoroso che alterna alla perfezione le scene ambientate a San Francisco con i vari flashback che pian piano ricostruiscono la vita altolocata di Jasmine, una donna dal portamento elegante e aristocratico, un contenitore gelido che al suo interno cela l’abisso più profondo. Lo sguardo del regista è lucido, pungente e disincantato nel mostrare i diversi aspetti del carattere della sua protagonista, un’antieroina figlia dei nostri tempi, sola e disperata, insieme vittima e carnefice come dimostra l’ultimo e implacabile flashback, un personaggio in sostanza reale (non ne è forse affollato il mondo di persone di questo tipo?). Allen, settantotto anni compiuti da poco e con all’attivo una carriera dietro la macchina da presa cominciata quasi mezzo secolo fa, complice una nuova musa – impressionante e incantevole – dimostra di saper ancora graffiare e stupire quando vuole, nonostante qualche passo falso reso quasi inevitabile dalla sua estrema e talvolta nociva prolificità.

Boris Schumacher


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