Ora, non posso affermare di essere una appassionata di musica rock.
Sono solo una persona che ama la musica e che riconosce la presenza del sovrannaturale nel dono o talento (chiamiamolo pure così) in certi esseri molto speciali.
Lou Reed era una di quelle persone.
Certo non lo posso considerare un esempio da seguire per il vissuto assolutamente fuori da ogni schema, sempre alla ricerca del superamento dell'esperienza estrema che fosse attraverso l'utilizzo di droghe di qualsiasi genere, la promiscuità sessuale e l'espressione musicale.
Da ragazzina ricordo che detestavo anche solo vedere la sua faccia perché mi inquietava, mi provocava repulsione.
Adesso che ci ripenso mi viene da ridere ma è solo da qualche anno che l'ho riscoperto ed ho capito quanto invece il suo voler vivere sull'orlo del baratro non sia stato altro che la fuga costante dai fantasmi di un'adolescenza da incubo.
I genitori, una famiglia della buona borghesia ebraica di NY alla fine degli anni 50, pensarono bene di mettere a tacere le sue manifestazioni di bisessualità accompagnando Lou, appena quindicenne, in un ospedale psichiatrico dove venne sottoposto a sessioni continuate di elettroshock. Ed è chiaro come la luce del sole che il trattamento non ebbe il successo sperato.
Gli anni '70 in una NY che stava diventando il centro del mondo in tutti i campi dell'arte e della musica, furono il palcoscenico che lo videro buttarsi a capofitto in una vita dissennata, tra concerti e festini di ogni genere.
Una delle sue frasi più famose, che traccia l'immagine di un uomo dalla grande autoironia ed amaro senso dell'umorismo diceva: "non ho mai avuto giovani che strillavano ai miei concerti. I giovani strillano per David (Bowie, a cui è stato spesso avvicinato come stile musicale) non per me. A me lanciano le siringhe sul palco".
L'amarezza e l'ironia tornano spesso nelle sue canzoni ma oggi, grazie a Francesca ed alla sua sfida meravigliosa, voglio parlare di una canzone in particolare, che credo sia un vero capolavoro da rivalutare nella produzione di questo artista.
PERFECT DAY può essere considerata una "ballad, come la chiamano gli anglosassoni, ovvero un pezzo lento, melodico e spesso con tema d'amore.
Questa piccola canzone è all'interno dell'album Transformer, del 1972, lo stesso che contiene la più famosa e spregiudicata "Walk on the wild side"e non è mai stata considerata un pezzo fondamentale della sua produzione.
Io trovo invece che fra le righe di questo testo così intimo, vi sia la sua consapevolezza di una vita eccessiva, sbagliata, un mea culpa silenzioso travestito da lettera d'amore, un rimpianto malcelato ed una malinconia vibrante che ti rapisce attraverso la voce soffiata, incerta e sempre sull'orlo della rottura, marchio di fabbrica di Lou Reed.
Una giornata perfetta, fatta di piccole cose, di momenti "normali" ma proprio per questo assolutamente desiderabili: una sangria nel parco, una giornata allo zoo, il rifugio salvifico e prezioso della casa. La presenza di qualcuno che ti fa sentire migliore, un altro.
Da Lou Reed nessuno si aspettava certo un'ambizione casalinga, ma quella era presente e forse negli ultimi anni, con la sua unione con Laurie Anderson, l'ha raggiunta.
Perfect day si apre con un arpeggio in minore, che all'orecchio pare dissonante e crea immediatamente un mood malinconico.
Il racconto della giornata perfetta avviene attraverso parole semplici, un prosa elementare ed una chiusura che sembra un monito: "you're going to reap just wath you saw" (raccoglierai ciò che semini).
Un classico della tradizione americana e Newyorkese, ma da me leggermente sconvolto come lo era Lou Reed.
Ho voluto il blue dei mirtilli che è il colore della malinconia, del rimpianto, dello spleen.
In più, volevo che a cottura ultimata, vi fossero quei piccoli rivoli di colore che puntualmente queste bacche creano e che ricordano in qualche modo una traccia di dolore, un certo senso di perdita.
L'impasto non è chiaro, dorato come nella versione originale.
Volevo che avesse un'ombra cupa ma non scura e per questo ho usato il brown sugar (in realtà è il bastard suiker che ho comprato ad Amsterdam ma è un modo diverso di chiamare la stessa cosa).
Mi è piaciuta l'idea del brown sugar perché è un po' come l'anima nera del muffin e quella dell'autore della canzone.
Per completare volevo aggiungere qualcosa che portasse un tono di amarezza e per quello ho usato la farina di mandorle con aggiunta di armelline tritate e 2 cucchiai di amaro Ulivar (un amaro calabrese ottenuto dalle olive).
Il tocco finale, l'arpeggio dissonante dell'inizio della canzone che sembra disturbi ma che invece la rende unica, è il cucchiaino di spezie per speculoos. Voi direte "che c'azzecca".
Questo cucchiaino di spezie è il ritorno a casa, il senso di calore, di composta serenità.
La gioia infantile che precede il Natale e che resta dentro di noi come un richiamo ancestrale alla felicità. E in questi muffin è un passo verso la perfezione.
Forse a Lou sarebbe piaciuto.
M piace da morire perché è molto diversa dall'originale (più intimista e delicata) ed è un crescendo di energia e positività fino al coro gospel finale che lascia spazio alla chiusura discreta e timida di Reed.
Just a perfect song.
Ingredienti per 12 muffin medi
200 g di farina 00
60 g di farina di mandorle
10 g di farina di armelline
100 g di brown sugar
100 ml di latticello
100 g di burro fuso e intiepidito
2 uova medie
8 g di lievito
1/2 cucchiaino di bicarbonato
1 cucchiaino di sale
2 cucchiai di Amaro Ulivar
1 cucchiaino di spezie per Speculoos
150 g di mirtilli
Questo vi aiuterà nella fase finale, quando dovrete amalgamare gli ingredienti facendolo velocemente e senza lavorare troppo l'impasto.
Pesate e preparate in anticipo gli ingredienti così lavorerete con tranquillità.
In una ciotola ampia, versate le farine setacciate, lo zucchero, gli agenti lievitanti, il sale e le spezie e miscelate con una frusta.
In un'altra ciotola rompete le uova, aggiungete il latticello, il burro fuso, l'amaro e mescolate bene con la frusta per amalgamare il tutto.
Nella ciotola delle farine fate una fontana e versatevi i mirtilli precedentemente lavati ed asciugati, e gli ingredienti liquidi. Con un cucchiaio cominciate a mescolare velocemente, girando la ciotola ad ogni mescolata, e non mescolando più di 10/11 volte.
E' fondamentale che l'impasto resti granuloso e non preoccupatevi se parte della farina non sarà completamente incorporata perché questo avverrà in cottura.
Preparate i pirottini imburrandoli (se di metallo o silicone) o inserendoli in teglie da muffin se di carta. Non mettete mai i pirottini da soli su una teglia piana, perché durante la cottura si spatasceranno miseramente a causa della spinta del lievito.
Mettete la teglia nella griglia centrale del forno preriscaldato a 200°C ed abbassate a 180° una volta chiuso.
Fate cuocere per 20/25 minuti e fate la prova stecchino prima di tirarli fuori. Non aprite assolutamente durante la cottura.
Fate raffreddare su una griglia e conservateli in una scatola ermetica per un paio di giorni.
Con questa ricetta, partecipo all'MTC di Novembre sui Muffin di Francesca.