21 gennaio 2013 Lascia un commento
Due i protagonisti, il primo un meticcio figlio della resa giapponese agli USA, piccolo spacciatore e barista con l’hobby dell’armonica a bocca, l’altro un delinquente yakuza come tanti non fosse per la smisurata ambizione di comandare il suo clan. Inseguito da una famiglia rivale, sara’ salvato dal barista del quale si innamorera’ perdutamente ma segretamente, dovendo nei suoi piani coinvolgere la donna del capo della quale e’ amante e mezzo per raggiungere il potere. Nel frattempo al ragazzo accadra’ di invaghirsi di una bella e simpatica figliola e mentre tutto pare volgere al meglio con un pargolo in arrivo un contratto discografico gia’ pronto, il destino sara’ feroce.
Film serissimo, lontano dall’umorismo al vetriolo del nostro, concentrato com’e’ su una vicenda che si annuncia drammatica sin dalle prime battute. Miike ha la capacita’ di raccontare storie di frontiera, per molti versi straordinarie, come se fuori di esse non esistesse nulla, come se l’intero mondo restasse in equilibrio tra legalita’ ed illegalita’, come se il degrado facesse parte dello sfondo quotidiano per tutti quanti, non solo i protagonisti.
Il mondo fa schifo, questa e’ la verita’, Miike non lo nasconde eppure non ne fa un’arma, non c’e’ denuncia o ostentazione ma pura rappresentazione di uno stato di cose. Non a caso il regista abbandona la consueta violenza per concentrarsi sulle tinte forti che delicatamente avvolgono una profonda tristezza per il fato che pare inevitabile per i protagonisti, come se in fondo, la redenzione sia illusione per chi e’ nato sotto una cattiva stella.
Non e’ da questo film che Miike e’ un grande regista ma certo e’ un titolo che cito quando c’e’ da snocciolare le opere piu’ significative.