Non è una storia semplice quella scolpita nei volti sudati dei quattro uomini inglesi, tornati in concerto in Italia dopo anni di assenza. Lotte, ingiurie, carriere parallele e alternative -sia rispetto ai Blur che alla musica-, sette album all'attivo che hanno fatto da colonna sonora alle vite di giovani inglesi e non solo.
All'Ippodromo del Galoppo, domenica sera, l'attesa è grande e il pubblico continua ad aumentare formando, davanti all'entrata, una lunga fila stranamente composta sotto il sole estivo di Milano. Ma della pessima organizzazione della DNA concerti non parliamone. I Blur saltano sul palco alle 21.30 trascinando immediatamente il pubblico nel baratro del loro intramontabile sound con Girls & Boys. Damon, con cardigan e camicia a maniche corte, impersona ancora il teenager della middle class: britannicamente composto/ punk nello sguardo. Ci sono poi Graham Coxon, Alex James (a piedi nudi)e Dave Rowntree. Quattro coristi neri e tre fiati. Luci colorate fino alla nausea che eccitano, stimolano, scatenano, muovono il pubblico (che danzerebbe molto di più se ad ogni passo non si alzasse una nube di polvere dal terreno secco).Il concerto assomiglia ad un greatest hits dei Blur che sollazzano il loro ego ricoprendo i fan di grandi successi, da Beetlebum a Song 2. Tutti cantano...eh certo Demon, non pubblichi un album con i Blur da dieci anni, sappiamo a memoria ogni tua canzone ormai.Il repertorio che ascoltiamo dimostra il genio creativo che si è sempre mosso agilmente tra melodico e tentazione sperimentale, tra hit, ballate e riff assassini (vedi Parklife !). La voce narcotizzata di Damon esce da un megafono in Popscene; con la chitarra acustica intona inaspettatamente To the end; durante Coffee and TV, un fan travestito da Milk sale sul palco a ballare con un frontman divertito (no, Graham non ride neanche sta volta). Ogni nuova canzone è un brivido che ci accompagna in lunghi viaggi mentali, indietro nel tempo: tra Trainspotting e Fifa '98, tra la prima volta che ci siamo sentiti adulti e la prima volta che ci siamo sentiti molto piccoli.