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Bob Dylan Dipinge New Orleans

Creato il 22 febbraio 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Maria Veronica 22 febbraio 2013 Bob Dylan Dipinge New Orleans

Una distesa di cromature grigie e poi in fondo la sorpresa in un’esplosione di colore: è questa la mostra dei dipinti di Bob Dylan, curata da Francesco Bonami ed ospitata a Palazzo Reale, a Milano, fino al 10 marzo (l’ingresso è gratuito). Dylan, il cantante di Like a Rolling Stone, ha presentato alla città la sua più recente produzione pittorica: la “New Orleans Series”. Ventidue tele realizzate tra il 2008 e il 2011 ed ora esposte nelle stanze dell’Appartamento di Riserva. «Dipingo per le persone quasi come un sarto fa un vestito per qualcuno»: ha dichiarato il menestrello di Duluth nel 2011 durante una conversazione con John Elderfield, curatore capo del Museum of Modern Art di New York. In effetti, questa serie di dipinti sulla città della Louisiana sembra un lavoro su commissione. In mostra non c’è la metropoli dilaniata nell’agosto del 2005 dall’uragano Katrina, ma uno spaccato della New Orleans degli anni ’40 e ’50: una commistione di sogno e scene di vita realmente vissuta. Entrando nella prima sala dell’esposizione colpisce la grandezza delle tele. Sulle magnifiche pareti dell’Appartamento, coperte di carta porpora a ghirigori dorati, il primo dipinto che cattura l’attenzione è una scena di sesso: una donna in piedi con un grande cappello, lunghi capelli corvini a coprirle i seni, le braccia incrociate e il viso rivolto altrove come a dimostrare disinteresse nei confronti dell’uomo che sta ai suoi piedi e le dà piacere. Lunghe e profonde pennellate mettono in scena una forte carica sessuale, a volte intrisa di violenza. Bob Dylan sembra intrufolarsi in ogni quadro: i personaggi maschili protagonisti sono spesso somiglianti al cantante.

Bob Dylan Dipinge New Orleans

In Jockey Club ad esempio al centro della scena troviamo un uomo che pare lui: i baffetti che incorniciano il volto non lasciano quasi dubbi. Diviene così cliente di un barbiere che, in procinto di fargli barba e capelli, impugna un rasoio quasi fosse una spada. È qui che vediamo uscire da sotto il grembiule del “cliente Dylan” una mano allungata nel tentativo di afferrare il collo di una chitarra, come a difendersi. Attorno ai due, troviamo altri personaggi che sembrano usciti da un film in costume. È lo spettatore che guarda il quadro a completare la composizione circolare di questo olio su tela. La scala dei grigi domina su tutti i quadri, solo il rosa della pelle nuda risalta di tanto in tanto sugli sfondi scuri. Alla fine della mostra, nell’ultima sala, a sorpresa troviamo invece quattro dipinti che ritraggono un cortile. Esplodono i colori per dar vita alla natura. I corpi lasciano spazio all’architettura. Una casa di mattoni rossi tempestata da piante rampicanti e in primo piano vasi fioriti e una piazzetta. Sembriamo improvvisamente catapultati in Spagna, in una terra assolata. Ritroviamo più vita in queste opere che in tutte quelle che hanno dei soggetti umani. È desiderio di molti artisti quello di cimentarsi in altre forme di espressione. Mostrare che non si è capaci solo di suonare e cantare o solo di dipingere. Certo è che non si può sempre eccellere in tutto. Se Dylan avesse debuttato scegliendo la pittura, probabilmente non sarebbe così noto nel mondo e oggi non staremmo scrivendo di lui.

In copertina: Jockey Club – Fotografia di Maria Veronica

Bob Dylan Dipinge New Orleans


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