"Si è venduto" taglia corto Maureen Dowd del New York Times. Durante tutta la sua carriera Dylan non ha fatto altro se non cavalcare l'onda dei "cantanti di protesta" tanto diffusi negli anni 60' per poter poi raggiungere il successo e togliersi prontamente di dosso quella pesante maschera di portavoce dei piccoli drammi quotidiani della società americana.
Secondo Adam Miner, invece, Mr Zimmerman non avrebbe mai assunto una posizione netta in merito alla libertà d'espressione in Cina; inoltre, mancano le prove concrete di una presunta manipolazione da parte delle autorità statali della scaletta dei due concerti.
In un' intervista del 1965 il folksinger dichiara:I brani storici come "Blowin' in the wind" hanno bisogno di essere contestualizzati nella loro epoca per poter essere compresi a fondo; il fatto di non aver suonato una data canzone in una data serata non equivale a dire: "da oggi smetto di dare un senso alla mia musica". Basta leggere e riascoltare tutte le righe che il menestrello ha deciso di cantare in quelle serate che, a loro modo, sono già storia, per capire che la portata rivoluzionaria di una personalità enorme come Bob Dylan non stà in un solo album nè in una sola canzone. L'insuccesso commerciale del tour in Oriente è lampante, ma business ed arte non sono la stessa cosa.
Giornalista: Si considera un cantante di protesta?
Bob Dylan: No. Quelli che canto io sono brani matematici
La nostalgia per i tempi passati, beh...quella è tutta un'altra storia. Una storia che, per certi versi, non ci permette di pensare lucidamente.