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Boeri ripieni di euro

Creato il 09 aprile 2014 da Albertocapece

DSC04764Dal momento che milioni di persone perdono il lavoro, si trovano alla mercè del precariato e dei ricatti o senza tutele per mantenere in vita l’euro e il meccanismo di accumulazione diseguale che esso consente ai centri finanziari e ai potentati nazionali europei, non stupisce che gli economisti di sistema facciano fronte e proiettino il film educativo sui terribili pericoli di uscire dalla moneta unica.

Questa settimana è la volta di Tito Boeri, cui Repubblica ha offerto un lenzuolo, di colore ormai indefinito, per rispondere a uno dei commentatori di più noti del Financial Times, il sempre più ” €uro scettico” Wolfgang Münchau. La tecnica è sempre quella: dire cose plausibili, dimenticando però di fornire i dati precisi. E dunque l’economista del lavoro col nome da bon bon al rum ci dice che l’uscita dalla moneta provocherebbe un aumento ulteriore del debito pubblico e un discredito internazionale:  “C’è una quota di titoli di Stato e di prestiti contratti dallo Stato italiano sui mercati internazionali, che aumenterebbe in proporzione alla svalutazione della lira nei confronti dell’euro e delle monete in cui i nostri titoli sono denominati. La parte restante potrebbe essere ridenominata in lire causando perdite ingenti agli investitori stranieri che hanno nostri titoli in portafoglio”. Insomma sarebbe come un rifiuto unilaterale del debito, cosa che tuttavia costituisce un andamento del tutto ovvio nelle relazioni economiche perché la svalutazione è appunto uno dei modi in cui il debito può essere pagato da parte delle economie a moneta debole.

Ma a parte questo  il discorso di Boeri non fa una grinza, c’è solo il piccolo particolare lasciato opportunamente da parte, che se una svalutazione di un’ipotetica moneta nazionale porterebbe a una rivalutazione del debito espresso in valuta estera, quest’ultimo, secondo i bollettini del tesoro, ammonta a solo il 3% del totale. Il debito in euro verrebbe tradotto in divisa italiana mentre resterebbe solo quella piccola percentuale, essenzialmente in dollari. Così l’aumento del debito pubblico dovuto a tutto questo sarebbe intorno allo 0,9%. Chi può temere una uscita dalla moneta unica non sono certo gli italiani, ma gli investitori esteri. Cosa che del resto accade spesso: nessuno si è strappato le vesti nel ’92, quando la lira svalutò del 20% (con un aumento dlell’inflazione interna al 4,5%) né più recentemente quando la sterlina ha svalutato del 13% causando perdite intorno ai 1000 miliardi di dollari. Dell’ostracismo e del discredito che tale manovra avrebbe dovuto causare non c’è la minima traccia, anche perché di solito queste decisioni sono prese proprio per permettere di pagare gran parte del debito evitando i crolli economici.

Ma certo se dobbiamo pensare al nostro futuro ritagliandolo e immaginandolo sugli interessi altrui, tanto vale gettare la spugna.


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