La formula dei Bog Oak si sviluppa attorno a vibrazioni sludge doom ed è contraddistinta da un suono sporco ma ben calibrato, che permette di apprezzare l’esecuzione dei singoli strumenti anche durante le fasi in cui la formazione californiana si lascia trasportare da ritmiche sostenute. L’incipit di “The Science Of The Afterlife” induce a credere di trovarsi di fronte a un ep omogeneo e d’impatto, invece già questo stesso pezzo vede la cantante Julie Seymour ricorrere anche a linee vocali pulite che contribuiscono a infondere un po’ di calore all’insieme. “The Resurrection Of Animals” introduce un pizzico di groove e ricorda nel suo complesso gli Unearthly Trance meno ossessivi, mentre “Time Drift Of Seasons” scivola in un vortice di violenza per poi concedere spazio a un incessante dialogo tra le due anime della band. La melliflua ballata “A Sea Without Shore” chiude A Treatise On Resurrection And The Afterlife compiendo il percorso inverso rispetto a quanto ascoltato sinora e lasciando l’amaro in bocca per il potenziale distruttivo che viene messo in disparte a favore di una meno incisiva velleità melodica.
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