di: G.Molteni/D.Santamaria Maurizio.
con: G.Maggio, M.Frassino, L.De Angelis, R.Calabrese, L.Flaherty, M.Colombari.
- ITA 2012 -
98 min - Drammatico
Una delle ragioni che confina nell'ipotesi l'aggregarsi nel nostro paese di
una lucida coscienza collettiva, quindi di uno strumento atto a guardare al
futuro secondo le linee di un sentire condiviso, e' l'equivoca - e spesso
tragica - "coesistenza" di un passato irrisolto, dai contorni per molti versi
ancora oscuri (e perciò stesso assai controverso) e un presente - su cui quel
passato non fa che riverberarsi - di conseguenza opaco, ripiegato malamente su
se stesso, intriso di rancori mai sopiti, crogiolo di polemiche estenuanti
quanto, a conti fatti, senza approdo. Tale "collante" pervade di se', ad
esempio, buona parte degli avvenimenti che dalla fine degli anni Sessanta del
secolo scorso e per quasi un ventennio hanno sostanziato quella che abbiamo
imparato a conoscere come "strategia della tensione".
Intorno ad un clima del genere che e' anche - a pensarci - un preciso
"autoritratto della nazione", almeno quella recente, si esercita un film come
"Bologna 2 agosto/I giorni della collera", del duo Molteni/Santamaria M.,
concentrandosi sulla ricostruzione dei fatti che precedettero ed immediatamente
accompagnarono la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto del 1980
(nemmeno quaranta giorni dopo, e' utile ricordarlo, quella che coinvolse il DC-
9 Itavia sui cieli di Ustica) in cui 85 persone persero la vita e oltre
duecento rimasero ferite.
Con un occhio all'indagine giornalistica, l'altro ai risvolti processuali
maturati nel tempo, entrambi supportati dai materiali di repertorio in gran
parte forniti dall'archivio RAI - presupposti sottolineati dalle
sovrimpressioni puntuali di luoghi, date e orari autentici, nei modi del
classico ticchettio dei tasti di una macchina da scrivere - il film e' nel
proprio elemento quando si affida al montaggio essenziale, alla concatenazione
serrata degli eventi (seppure al limite di un didascalismo insistito) che
circoscrive la parabola criminale/eversiva auto-ribattezzatasi "spontaneismo
armato" del gruppo estremista dei NAR, alcuni membri storici del quale -
Fioravanti, Mambro e Ciavardini - al pari di altri protagonisti dell'epoca,
tipo l'origine per antonomasia di tutte le trame nostrane, Licio Gelli o il
giudice Mario Amato, assassinato nel giugno di quel fatidico 1980 - con una
scelta narrativa che in parte rende più difficile l'accostarsi ad argomenti già
di per se' contraddittori da parte di chi non c'era o non sapeva - vengono
indicati con nomi di fantasia. Spazi, volti, scenografie, episodi violenti e
intrecci vischiosi, quindi, si succedono lineari, assecondando l'energia
"grezza" del richiamo cronachistico e il flusso imprevedibile delle tensioni
sociali.
Dove l'impianto si disunisce a mostrare i limiti di una visione centrata quasi
esclusivamente sullo scrupolo documentaristico, priva cioè di un'impronta
registica riconoscibile, e' nel blando anonimato, nella qual corrivita', che
caratterizza i momenti di finzione vera e propria. Alla generale piattezza di
psicologie troppo affini agli stereotipi di riferimento (i banditi spietati e
poco altro; i rappresentanti delle istituzioni ora integerrimi ora in odore di
connivenze; il burattinaio sinistro e impenetrabile, e tralasciando la
parentesi sentimentale tra il giudice/Flaherty e la giornalista/Colombari che
ben poco ha da dire nel contesto e nel tono generale del film), si associa una
recitazione spesso e volentieri legnosa, para-televisiva, organizzata attorno a
dialoghi la cui maldestra assertività forza spesso i personaggi ad esprimersi
con un'innaturale cadenza declamatoria.
Commendevole perché privo di compagni di viaggio in un contraddittorio civile
adulto 'ab aeterno' affidato ad una metanoia con ogni probabilità illusoria - e
forse, chissà, a questo punto persino immeritata - "Bologna 2 agosto..." non
riesce alla fine a coniugare la schiettezza del suo slancio ad uno sforzo di
prospettiva, ad una esplicita intenzione polemica, tale da sostenere ancora di
più la memoria nel suo ruolo di punto di riferimento vivo del presente.
TFK
Magazine Cinema
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