Io che ho fatto dell’ironia il mio stile di vita e di scrittura dovrei ben capire un libro come “Bologna senza vie di mezzo” edito da Pendragon. Invece, leggendolo, mi sono imbattuto in più di una caduta di stile, pagine che vorrebbero essere simpatiche e che risultano, invece, indigeste. Pagine che lasciano in bocca il gusto amaro di una certa ideologia di cui troppi uomini, ancora, sono intrisi. Come alla pagina 111 (La tessera alla salara) quando si parla del cassero. L’autore si lamenta che si paga tutto e scambia la sede dell’Arcigay per una discoteca. Vorrei sapere in quali locali è mai stato il nostro eroe dal momento che, ovunque vai, è chiaro, ormai paghi. Sulla gentilezza o meno dei volontari e delle volontarie non metto bocca. Certo definirli, come fanno in questo libro, stronze e stronzi non è piacevole anche perché ne conosco alcuni e non mi sembrano così indisponenti. Ma la ciliegina sulla torta,è sul finale del paragrafetto quando uno dei protagonisti chiede all’altro: “Ma sbaglio o era pieno di culattoni?”. Ora la parola “culattoni” non faceva ridere neppure nei film di Lino Banfi figuriamoci in un libro. Il problema è che ci sono centinaia di modi per fare ironia e ridere delle cose e con le persone, ma l’ironia è uno stile, quasi un modo di essere e chi non ne possiede le doti e vuol fare lo stesso il simpatico, spesso, cade in volgarità e battute più adatte a Berlusconi che alle persone civili. Addirittura, secondo gli autori, alla Salara si farebbe “discriminazione” al contrario. Evidentemente non hanno idea di cosa significhi essere discriminati. La Salara è sempre stato un luogo aperto in cui uomini, donne, trans di qualsiasi orientamento sessuale e/o sentimentale interagiscono e convivono. Tutto dipende dalle aspettative, naturalmente. Da gente che usa epiteti come “culattoni” non mi aspetto di certo che abbiano l’intelligenza di comprendere che la convivenza e la civiltà non sono appannaggio delle persone eterosessuali e che, in una sede Arcigay, occorre almeno comprendere l’importanza della diversità e rispettare il luogo e le persone che lo vivono. Altrimenti Bologna è piena di discoteche (discoteche non SEDI di associazioni come la Salara, di fatto, è) per “eterosessuali”, basta scegliere.
Non è finita.
Alla pagina 107 troviamo il peggior machismo all’italiana (o alla bolognese). Già dal titolo si capisce l’andazzo: “Andare a puttane e busoni”.
Busone, per i non bolognesi, è il modo dispregiativo e dialettale per indicare le persone omosessuali a Bologna. Qui si lamenta un aumento repentino di “troie” e “succhiacazzi”. Evidentemente scrittore non è sinonimo di civile.
Delle “tossiche” dicono: “Pericolosamente marcie e infette” e fanno una descrizione che vorrebbe forse essere a modo suo poetica e che risulta, invece, solo patetica, delle “puttane” di una volta che ormai non ci sono più. Gli “uccelli” confusi ci sono ancora (confusi? Saranno i clienti o i “busoni”?) e anche la “gnocca” si è omologata.
Alcuni maschi invece, poveri di spirito e di intelletto, purtroppo, non si estinguono mai.
Marino Buzzi
Magazine
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