Come stile il quotidiano in questione è sempre stato particolarmente spocchioso. Abituato ad avere ragione a prescindere. Uso a scambiare ignoranza, stupidità e sostanziale grettezza per allure radical. Ma qui, forse, con la faccia di bronzo si sta un po' esagerando. Artefice di una macchina del fango inaudita che dovrebbe interessare, se mai quest'organo avesse un ruolo e un senso, l'Ordine dei Giornalisti, Repubblica dopo settimane di bombardamento su questioni di marginale - o nulla - importanza ci spiega (nell'articolo qui sotto) come è nata la questione dei rimborsi che è stata utilizzata per dare il colpo di grazia al sindaco Ignazio Marino, unico amministratore capitolino che ha osato mettere un poco le manine nei criminali bancomat di consenso, di potere e di soldi che tengono in piedi il Pd a Roma.
Repubblica insomma sapeva alla perfezione come stavano le cose, presumibilmente da giorni. Ma da giorni ha voluto o dovuto farsi strumento del Primo Ministro deciso a interrompere la vicenda politica di un sindaco legittimamente eletto con percentuali bulgare non più di due anni e mezzo fa. Oggi, in un trafiletto, il quotidiano di Largo Fochetti dice la verità. I risultati sono stati ottenuti (le dimissioni del sindaco), "la Mafia ride" come spiega Lirio Abbate e il risultato è ottenuto: ora si può tranquillamente dire le cose come stanno. Le modalità dicono tutto sull'impunità giornalistica e sulla spregiudicatezza deontologica del quotidiano romano: erano perfettamente consci che le colpe non erano del sindaco, ma sono andati avanti arrivando al punto da dare più rilevanza ad una bottiglia di vino da 55 euro che alle decisioni del governo italiano di bombardare lo Stato Islamico. Una pagina ignobile tra le tante pagine ignobili del giornalismo italiano.
Ma oggi, quando finalmente si può dire, Repubblica mette le cose in chiaro. Pubblica un articolo in cui dice che lo scoop era un fake. Finto. Inventato. Strumentalizzato per altri fini. Era stato proprio Marino, all'inizio della sua sindacatura, ad "inasprire" le norme sui rimborsi: prima la responsabilità era di un dirigente, dal suo arrivo direttamente del primo cittadino. Un cambiamento di procedure che ha provocato lo stop dei rimborsi per moltissimo tempo, mentre le ricevute si accumulavano. Dopo molti mesi sono state rendicontate alla bell'e meglio, con dichiarazioni sommarie prese appoggiandosi all'agenda del sindaco. Poi gli uffici per ogni spesa hanno redatto un foglio di accompagno con la formula, imposta proprio da Marino, secondo cui "sotto la propria responsabilità" dichiarava ecc ecc. Al sindaco poi venivano portate le carte e le firmava in mezzo a mille altri documenti.
E in effetti le ricevute contestate risalgono quasi esclusivamente - a meno che la magistratura non scopra altro - ai primissimi mesi della consiliatura. Pochissime centinaia di euro che comunque bastano e avanzano per far partire indagini per peculato, ma che per entità appaiono davvero fisiologiche: 1000 euro di spese dubbie su 150mila euro di spese complessive di rappresentanza in due anni sono qualcosa come lo 0,7%. Una percentuale ridicola e risibile che potrebbe anche consigliare la Procura a archiviare per tenuità. Stiamo parlando del nulla.
Sarebbe davvero interessante poter risalire alla quantità e alla qualità delle spese di tutti i sindaci precedenti, ma questo è stato l'unico sindaco (seppur costretto) a pubblicare tutto online. E da questo file, disponibile a chiunque, è più facile individuare una condotta assai morigerata (voi andreste a dormire in un banale 3 stelle di Firenze vicino a Santa Maria Novella dovendo presenziare ad una conferenza dell'Anci? Chi scrive francamente no!) che uno stile di vita improntato al lusso. Fatta salva qualche bottiglia di vino un pelo sovraprezzata. Ma d'altronde Repubblica, che oggi di fatto si smentisce, ci ha raccontato per giorni che cene da 40 o da 60 euro a persona sono pasti da nababbi. Ma quali nababbi: si parla di pasti normalissimi, quasi tutti in ristoranti mediocri (questa sì che è una colpa grave del sindaco: frequenti posti migliori e vada a dare lustro con la sua presenza a ristoratori di qualità, diamine!). Checché ne dica la retorica grillina, speriamo in via di superamento anche in vista di una possibile vittoria pentastellata al Comune, il sindaco di una città come Roma non (non!) deve andare a dormire in un tre stelle, deve andare in un cinque stelle e questo non rappresenta uno spreco di denaro pubblico, rappresenta al contrario una opportunità di relazioni e contatti da sfruttare: basta incontrare un imprenditore, un mecenate, un altro amministratore pubblico o privato con cui progettare importanti progetti per ripagarsi le poche decine di euro in più che un cinque stelle può costare. E questo è un enorme guadagno, altro che uno spreco, per la collettività. Ecco perché, come abbiamo in passato ribadito, il problema di Marino è che ha speso poco: viaggi in seconda classe e soggiorni in hotel di media categoria (dovunque, non solo a Firenze, ma anche a Barcellona o a Parigi: ma se il sindaco di Parigi viene a Roma va in uno squallido 3 stelle come ha fatto Marino o va giustamente al De Russie o al Plaza?) sono un danno per le casse pubbliche se osservati in prospettiva.
Nel documento si trovano poi tra le altre cose alcuni rimborsi, come questo qui sopra: cene fatte da Marino, pagate per errore con la carta di credito del Comune e rimborsare con un bonifico dal Sindaco. Se il sindaco rubava soldi dalla carta in sua dotazione perché non lo faceva sempre? Lo faceva solo a volte si e a volte no? È piuttosto evidente che stiamo parlando di qualche errore umano imputabile, come detto, ad uno zero virgola. Errori degli uffici che il sindaco ha l'unica colpa di aver firmato senza controllare: sbagli e distrazioni comprensibili per chi fa una vita da inferno lavorando 18 ore al giorno e da considerarsi in relazione alla percentuale sul totale. Percentuale che risulta infinitesimale. Certo resta da capire perché il sindaco andando a pranzo con la moglie o a festeggiare il Santo Stefano con la mamma tirasse fuori la carta "aziendale" e non quella "personale", ma è facile prevedere che si tratti di pochi, pochissimi errori dei quali gli uffici dovevano accorgersi. E le modalità di rendicontazioni che solo oggi emergono su Repubblica confermano questa lettura.
La petizione che chiede al sindaco di ripensarci elenca una quarantina di elementi di discontinuità (in alcuni casi esagerando, in altri per fino minimizzandone l'importanza) che Ignazio Marino è riuscito in pochi mesi di governo a portare in città. Se il Partito Democratico ha optato per dare piena disponibilità alle richieste delle cricche romane e non agli elettori che avevano "nominato" Marino per 5 anni, il motivo sono quei quaranta punti (e alcuni mancano!), non certo qualche rimborso spese rispetto al quale il sindaco si dimostrerà totalmente estraneo.Un sindaco che va a Milano e a Firenze in seconda classe andrebbe sì commissariato! Che vada in prima, spenderà 30 euro di più ma magari incontra qualcuno, ne approfitta per fare relazioni che possono essere importanti per la città. Che senso ha risparmiare qualche decina di euro e rinunciare a frequentare un ambiente dove ci possono essere opportunità per tutti?
Non si tratta di fare petizioni e convincere il sindaco a ripensarci. Non ci sono i margini. Si tratta però di ragionare e di capire cosa sta succedendo in questa città, quale blocco di potere paracriminale era stato intaccato e le modalità con cui ha reagito. Non si tratta di mafia come ce la immaginiamo. Non c'è Sandokan o Bernardo Provenzano. Non c'è neppure Buzzi o Carminati. C'è un qualcosa di peggiore, di pervasivo e di gigantesco che transita attraverso ogni bancarella di cui è disseminata la città e nel modo di fare di ogni dipendente pubblico; che percorre le decine di dipendenti Ama appena licenziati perché assunti in nome di Parentopoli e arriva sulle scrivanie dei medici di base che autorizzavano malattie inesistenti ai vigili urbani e che andranno sotto processo; che identifica ognuna delle decine di migliaia di auto in doppia fila pizzicate dallo Street Control e si siede sulle centinaia di sedie e tavolini abusivi rimosse dai dehors dei ristoranti del centro. E' una mafia con alcune centinaia di migliaia di picciotti che si comportano da banditi senza neppure rendersene conto, pensando questa come la normalità più assoluta. Una mafia pronta a tutto pur di cambiare e di rientrare nella normalità. Se a Caserta, a Palermo e a Reggio Calabria c'è la criminalità organizzata, qui c'è la criminalità disorganizzata. Per la primissima volta un sindaco, volontariamente o per azzardo, se l'era messa contro.