Lezioni condivise 37 - Il tempo di Savonarola
Forse Machiavelli non è il personaggio adatto a celebrare l’inizio di un nuovo anno, ma vi dirò, mi hanno sempre stupito quelli che eroicamente celebrano in qualche modo le persone più distanti da loro, scoprendo in esse, disperatamente, qualcosa di positivo. E’ quello che è accaduto a me in questo caso, un po’ come quando Marco, dal suo punto di vista, scriveva ai compagni delle Brigate Rosse, con i dovuti distinguo…
Machiavelli trascorse a Firenze gli ultimi trent’anni del quattrocento. Là fornì agli intellettuali un osservatorio politico. Nonostante potesse sembrare un piccolo centro, Firenze divenne la patria delle dottrine politiche e della rappresentazione storica, nel senso moderno del termine.
Il nostro visse e maturò in un ambiente colto e spregiudicato, ai tempi di Lorenzo il magnifico, artefice dell’equilibrio della politica italiana. Machiavelli fu tra i pochi a criticare questa politica. Eppure quel periodo permise una fase di crescita e civiltà, una pace continua, sebbene questa stabilità celasse i contrasti esistenti tra i vari stati. Firenze tuttavia era la città più attiva nello scacchiere italiano dal punto di vista culturale e politico, il cuore dell’Italia del tempo, in cui si consumarono eventi importanti come la calata di Carlo VIII, la caduta e cacciata di Piero de Medici, l’avventura del Savonarola.
La visione machiavelliana della realtà è di respiro europeo. Il primo documento in cui Machiavelli ci appare in politica è del 1497.
In quel tempo a Firenze, nel convento di san Marco, si era soffermato un frate ferrarese, che, diventato priore, divenne l’anima del rinnovamento della città, un rinnovamento morale.
Per spiegare l’avventura del Savonarola dobbiamo pensare che siamo alla fine di un secolo colorato da paure apocalittiche, bisogni di rinnovamento, paura della fine del mondo. Anche sul piano europeo c’era stato un tentativo di rinnovamento e non poteva essere che una rivoluzione religiosa, da intendersi in senso astronomico, un "ritornare all’origine".
Savonarola si era accorto che in città, al di là della bellezza di Firenze e del tenore di vita elevatissimo, vigeva la corruzione dei costumi e un lusso sfrenato… tema ripreso da Machiavelli ne "L’arte della guerra": "Credevano i nostri principi italiani, prima ch’egli assaggiassero i colpi delle oltramontane guerre, che a uno principe bastasse sapere negli scrittoi pensare una acuta risposta, scrivere una bella lettera, mostrare ne’ detti e nelle parole arguzia e prontezza, sapere tessere una fraude, ornarsi di gemme e d’oro, dormire e mangiare con maggiore splendore che gli altri, tenere assai lascivie intorno, governarsi co’ sudditi avaramente e superbamente, marcirsi nello ozio, dare i gradi della milizia per grazia, disprezzare se alcuno avesse loro dimostro alcuna lodevole via, volere che le parole loro fussero responsi di oraculi; né si accorgevano i meschini che si preparavano ad essere preda di qualunque gli assaltava." Egli coglie il tarlo segreto che mina una società profondamente edonistica e che crede il vivere sia un’affermazione individuale, si preparava invece a diventare preda dell’invasore.
Non che egli avesse alcun problema sulla lussuria, ma proprio per questo, quando accusa l’edonismo, la sua condanna diventa più forte in quanto fatta da un laico.
Nella Mandragola, storia di un adulterio, considerata una delle commedie più pessimiste del cinquecento, il protagonista agisce con l’inganno, convince il marito dell’amata che ella sia sterile e possa guarire con un’erba mandragola, ma che il primo a fare l’amore con lei morirà e farà in modo che questi sia egli stesso… un bel "morire".
Non si tratta tanto di una storia a lieto fine, come potrebbe sembrare. Al di là del grottesco, l’autore rappresenta il suo turbamento: perché altrove non have dove voltare el viso. Rappresenta in questo modo il degrado dei costumi.
Quello che sa di fetore nella Mandragola è che non c’è un’azione superflua, tutto corre filatissimo, tutti i personaggi hanno un fine veramente edonistico.
Il Savonarola capì quanto di precario vi fosse dentro la facciata linda di Firenze, promosse una crociata, fece tante profezie e progetti: "Far partire da Firenze il rinnovamento dell’Italia"; naturalmente ebbe per avversari coloro che vivevano negli agi. Patrocinò la riforma della politica in città, basata sul governo popolare con il Consiglio Maggiore. La sua avventura terminò però sul rogo, le sue ceneri furono gettate nell’Arno.
Machiavelli nel periodo della sua formazione assistette a questi avvenimenti. Pochi mesi dopo la caduta di Savonarola fu eletto Segretario fiorentino, incarico che cessò nel 1512.
Il sistema politico nella penisola italiana era allora basato su cinque grandi stati: Ducato di Milano, Repubblica di Venezia, Stato fiorentino, Stato della chiesa, Stato di Napoli. Questi stati vivevano e prosperavano, mentre in Europa, Spagna, Francia e Inghilterra si stavano indebolendo, essendo agglomerati di realtà preesistenti che ogni tanto proponevano i loro specifici problemi. L’allargamento di questi stati era avvenuto con la conquista, erano minati all’interno dalla lotta per il potere, con un personale intellettuale restio ad affrontare i problemi quotidiani.
L’Italia peraltro era debole per un sistema economico usurato dall’avanzata dei turchi in oriente, che bloccavano il commercio veneziano; per lo spostamento del baricentro economico con la scoperta dell’America; l’usura del sistema politico; la crisi dell’egemonia religiosa della chiesa…
Scava scava, la storia ha delle variabili, ma soprattutto degli elementi che non mutano mai. Continuo a breve, così per un po’ mi tolgo il pensiero…
(Letteratura italiana I – 18.4.1996) MP