Una collega, anni fa, non conoscendo ancora il suo nome, l’aveva soprannominata “La ragazza colorata” perché era difficile che si presentasse in ufficio con abiti scuri e/o monocromatici. All’opposto, sembrava interpretare all’esatto contrario quel verso della canzone degli Smiths che dice “I wear black on the outside because black is how I feel inside”. Ecco, lei aveva questo tratto distintivo: abiti, gonne, pantaloni, collant, tutto sprigionava colore, persino le scarpe e dunque, basandosi sulla teoria di Morrissey, tutto poteva essere tranne che infelice. Posso confidarvi che quella felicità se l’era conquistata giorno dopo giorno, in seguito ad un lungo e difficile periodo in cui aveva dovuto imparare a conoscere nuovamente se stessa e riguardo al quale, anche adesso, a distanza di tempo, si riesce a strapparle solo un “I libri mi hanno salvata”. Effettivamente la passione per la lettura è un altro dei suoi tratti caratterizzanti. Così l’immagine che ho di lei è quella di una sagoma colorata che, mattina e sera, in entrata o in uscita dall’ufficio, attende la metro sulla banchina della linea B, con la testa china su un libro. Quello di questa settimana è Il gabbiano Jonathan Livingston.
Chiarablogger si unisce alla redazione di Libri in Metro nell’ottobre 2013. Avvocato mancato, vive a Roma da circa dieci anni. Viaggia prevalentemente sulla linea B/B1 della Metro senza disdegnare le altre tratte né i mezzi pubblici di superficie. Irrequieta ed impaziente, ha compreso il motivo del suo insaziabile bisogno di leggere quando, ne “Il nome della rosa”, si è imbattuta nell’inciso di Tommaso da Kempis: “Ho cercato pace ovunque senza trovarla mai, se non in un angolo con un libro”.
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