Bordatino Livornese

Da Pixel3v

Non è affatto facile parlare di un argomento ampio e complesso come la cucina ebraica, e in realtà non è neanche quel che vorrei fare. Cercherò di essere breve ed arrivare subito al dunque: siamo nel bel mezzo della settimana della cucina ebraica secondo il Calendario del Cibo Italiano, e sarà Anna Maria Pellegrino de La Cucina di Q.B. a parlarvi ampiamente dell'argomento nel suo post ufficiale. Io mi limiterò qui ad un breve riassunto generale e ad un approfondimento per quanto riguarda la ricetta del Bordatino Livornese.


La cucina ebraica è ovunque, tanto per iniziare. Sappiamo che gli ebrei hanno lasciato tracce della loro tradizione gastronomica - e non solo - ovunque abbiano vissuto, tracce che si ritrovano in Russia come in Spagna, in Italia come in Israele. Ciò che accomunava un tempo le varie ricette, anche le più disparate, era la Kasherut, l'insieme delle regole secondo le quali c'erano cibi "permessi" (" kasher", appunto) e che quindi potevano essere mangiati dagli ebrei: niente maiale, niente pesci senza squame, niente mix di latticini e carni. Le regole della kasherut riguardavano però anche la macellazione e la conservazione degli alimenti, ad esempio... Ma non divaghiamo.
Limitatamente all'Italia, piatti che oggi riconosciamo come tipici della tradizione veneziana piuttosto che di quella romana o di quella livornese portano con sé antiche testimonianze ebraiche, anche se negli anni si è perduta la stretta osservanza della regola di cui sopra, forte era l'esigenza di adattare i vari piatti a "quello che si aveva in casa". Quel che è certo è che si tratta sempre di piatti "poveri", strettamente legati alla tradizione contadina piuttosto che a quella marinara. Ma andiamo con ordine.


La comunità ebraica di Livorno era costituita in origine da ebrei provenienti da Spagna e Portogallo, i cosiddetti "Marranos", coloro cioè che alla fine del XVI secolo non si sottomisero all'ordine emanato dal Regno di Spagna di convertirsi al Cristianesimo. La città di Livorno cercò di attirare questi ebrei espulsi dalla penisola iberica per poter usufruire delle loro ben note doti commerciali: in pochi anni, grazie a questo ristretto gruppo di persone, il porto di Livorno divenne uno degli scali più importanti di tutto il Mediterraneo.
Il clima di tolleranza ed i privilegi di cui godeva la comunità ebraica livornese si sono mantenuti anche sotto tutto il Granducato di Toscana, tanto che Livorno è stata l'unica città europea a non aver mai avuto un ghetto chiuso, ma solo un proprio centro raccolto intorno alla Sinagoga nel quale gli ebrei potevano vivere liberamente ed autonomamente. Ma le persecuzioni religiose di stampo fascista non hanno ovviamente risparmiato neppure la comunità di Livorno, che attualmente conta circa 700 persone.

Quel che però è certo è che, in tutti questi secoli, la tradizione culinaria ebraica si è profondamente radicata nella città toscana, incarnandosi principalmente in quei piatti definiti "poveri" che sono stati tramandati di generazione in generazione, fino a diventare capisaldi della cultura gastronomica livornese. Tra questi piatti ve ne sono di più noti (cacciucco, baccalà e triglie alla livornese, pollo in galantina), ma ve ne sono anche alcuni che negli anni si sono quasi persi, poiché considerati quasi un "sottogenere" tanto erano poveri: vogliamo parlare della minestra sui discorsi, in pratica acqua salata, o del brodo di sassi, per il quale si utilizzavano i ciottoli del porto? No, tranquilli, non ne parleremo.
Vengo finalmente al sodo e vi parlo invece del Bordatino, quello che oggi è noto nel fiorentino come "farinata col cavolo nero" e che millanta origini forse pisane, forse lucchesi (zone in cui viene chiamata "polenta incatenata"): in realtà la ricetta come oggi ci è nota è figlia proprio di questo piatto povero livornese.


Il Bordatino - nome che parrebbe derivare da un tessuto di cotone rigato usato per grembiuli e canovacci, le cui striature ricordavano quelle che il brodo scuro dei fagioli formava assieme alla farina gialla - si preparava anticamente con la farina di grano saraceno, e pare che la ricetta sia nata proprio a bordo dei velieri che importavano questo cereale: mescolando la farina di saraceno con il brodo di pesce, si otteneva una polenta densa e saporita. La ricetta raggiunse il porto passando quindi dal mare alla terra e, con l'arrivo del mais e dei fagioli, si modificò diventando quella che oggi conosciamo. Tuttavia, pur trasformandosi da "zuppa di mare" a "zuppa contadina", il bordatino resta essenzialmente un piatto povero e di recupero (dei fagioli - rigorosamente borlotti rossi - si utilizza infatti soltanto l'acqua di cottura, meglio ancora se del giorno precedente!), arricchito di volta in volta con quello che c'era e che c'è, principalmente odori in soffritto e qualche foglia di cavolo nero.

  • 150 gr. di fagioli borlotti rossi, secchi
  • 1 cipolla
  • 1 costa di sedano
  • 1 carota
  • 4 cucchiai d'olio extravergine di oliva
  • 200 gr. di cavolo nero
  • 1 cucchiaio di conserva di pomodoro
  • 100 gr. di farina gialla tipo fioretto
  • sale
  • peperoncino
  • pepe nero
  1. Il giorno precedente ammollate i fagioli in acqua fredda per circa 8 ore, dunque scolateli, copriteli nuovamente con acqua fredda (circa 2,5 litri) e cuoceteli fino a che saranno morbidi (circa 2 ore), salando solo a fine cottura. Consumate i fagioli nel modo che preferite, ma conservate la loro acqua di cottura e, visto che ci siete, anche una manciata di fagioli.
  2. Il giorno successivo, preparate un trito grossolano con la cipolla, il sedano e la carota e rosolatele in un tegame capiente assieme all'olio unendo un pizzico di peperoncino per una decina di minuti. Aggiungete il cavolo nero lavato e tagliato a striscioline e la conserva di pomodoro allungata con mezzo bicchiere d'acqua, salate e lasciate cuocere per circa 15 minuti. Quando il cavolo nero sarà appassito unite l'acqua dei fagioli (circa 800 ml) ed i pochi fagioli passati al passaverdure, portate a bollore, quindi versate a pioggia la farina gialla. Abbassate il fuoco e fate cuocere bene il composto rimestando di continuo con un mestolo di legno fino a che non avrà raggiunto una consistenza densa e cremosa (circa 10 minuti) e non si staccherà dalle pareti della casseruola. Una volta che il bordatino sarà pronto spegnete il fuoco, fatelo riposare qualche minuto, quindi servitelo unendo un filo d'olio a crudo ed un pizzico di pepe macinato al momento.
Paolo Petroni, Il Grande Libro della Cucina Toscana, Giunti 2002
Gabriele Bedarida, Gli Ebrei a Livorno, Debatte 2006
www.shalom.it

(Visited 6 times, 1 visits today)

Potrebbero interessarti anche: