23 settembre
È stato Danilo Somma a raccontargli per primo della Sala. Nel breve periodo in cui il reporter ha alloggiato all’hotel ne ha sentito parlare da alcuni collaboratori dal Sindaco. Da Michela, in particolare: la donna dà proprio l’idea di essere una gran chiacchierona.
Sta di fatto che la Sala dedicata a Pliss dovrebbe nascondere qualche risposta più completa sulla natura del Borgo.
Massimo ha capito che il momento migliore per dare una sbirciata è il primo pomeriggio. Dopo pranzo molti degli ospiti dell’hotel si concedono ritempranti sonnellini, mentre gli altri passeggiano per il quartiere, ora che la guerra con gli invisibili vicini di Malebolgia sembra vivere un lungo periodo di tregua.
Lo scrittore si infila nell’ala est del quinto piano, dove non ci sono camere occupate, bensì solo stanze di servizio, la piccola biblioteca dell’hotel e l’ingresso all’osservatorio del sesto piano, da dove si può tenere d’occhio una fetta abbondante del quartiere.
Il portone della Sala è a due battenti ed è chiuso a chiave. Chiave che Massimo ha sottratto dallo schedario della reception, sempre incustodito al momento del pranzo. Il suo piano è di dare un’occhiata veloce e quindi di riportarla giù prima che qualcuno se ne accorga. La Sala non è visitata spesso, perciò dovrebbe farcela.
Con un brivido lungo la schiena apre la porta ed entra.
A dominare il salone in penombra c’è un busto marmoreo di Francesco Pliss. È come appare in foto: magro, sopracciglia cespugliose, baffetti aristocratici. Lungo le pareti ci sono bacheche e scaffali. Sui mobili sono allineati oggetti disparati: plastici in legno, tubi da disegno, voluminosi tomi rilegati e bizzarre statuine dall’aria meno definibile.
Appesa a un muro c’è un’enorme cartina topografica incorniciata. Potrebbe essere quella del Borgo, anche se al disegno originale sono state fatte numerose aggiunte a matita.
Massimo la fotografa con lo smartphone, proponendosi di studiarsela con calma, quindi si dedica all’esplorazione della sala.
Come supponeva molti libri hanno titoli alchemici ed esoterici. Gli sembra di essere tornato ai tempi in cui giocava a Call of Cthulhu, solo che ora è tutto vero. Trova perfino una copia de Le Tre Madri di Emilio Varelli, segno che l’indagine che ha portato Danilo nel Borgo non era poi così assurda. Per non parlare del consunto tomo Unaussprechliche Kulte che sbuca tra due volumi che parlano di architettura greca. Ha perfino paura a toccarlo, colpa le troppe storie lette a proposito dei grimori di quel genere.
L’occhio gli cade però su un grosso album fotografico. Lo sfoglia in fretta, timoroso che qualcuno entri e lo scopra. Ci sono scatti della vita di Francesco Pliss. Alcuni lo ritraggono più giovane, sulla trentina, in posa in un posto che sembra Michaelerplatz, a Vienna. Andando avanti scopre la vita avventurosa dell’architetto: viaggi in Grecia, Turchia, Egitto, Lapponia e altrove. Una foto a metà volume colpisce Massimo: Pliss è in una sorta di oasi nel deserto, circondato da beduini che indossanno bizzarre maschere senza lineamenti. Una donna è al fianco dell’architetto: le forme prosperose s’intuiscono sotto la djellaba color oro e argento. Il volto della misteriosa signora è coperto da un niqāb turchese. Che sia Steno?
Inquieto, Massimo continua a sfogliare. Trova un Pliss più vecchio, seduto in un appartamento elegante, forse a Milano. In altre foto compaiono il Sindaco, la signora Ilka e altri membri della Cerchia. C’è anche un giovane che non ha mai visto ma che assomiglia molto all’architetto. Solo che porta una fascia rossa al braccio, su cui è disegnata una svastica nera.
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