Magazine Cultura
18 settembre
Il rione in cui Massimo si trova è un enigma architettonico.
Ne ha studiato i dettagli dalla finestra per un'ora, aiutato dalla luce dell'alba, prima di addormentarsi.
Sopra la sua testa c'è un cavalcavia ferroviario che ricorda alcune sopraelevate della metropolitana newyorchese. Lo stradone in cui si trova l'Hotel Principessa è invece una lunga striscia di asfalto fiancheggiata da due file di alberi rigogliosi, cresciuti senza controllo o potature. Anche le erbacce sono debordate, almeno in alcuni punti dove hanno bucato il manto stradale e il cemento di alcuni edifici.
Poco più in là, parallelamente al viale, corrono i binari di un percorso tramviario. Tuttavia non sembrano più utilizzati da anni, visto che lì l'erba gramigna raggiunge il metro d'altezza.
Il quartiere è un insieme di tozze palazzine, di vecchie case e piccoli capannoni, forse minuscole fabbriche artigianali. Solo che sono tutti, o quasi, edifici abbandonati. La comunità che abita in quel rione del Borgo, perché è lì che Massimo si trova, è concentrata nell'Hotel Principessa e in pochi altre strutture.
Maschera Bianca, così si chiama il suo bizzarro salvatore, l'ha portato fin lì. Due tizi che sorvegliavano la hall nel turno di notte lo hanno accolto tempestandolo di domande. Alla fine uno di loro lo ha accompagnato in una stanza al primo piano.
«Riposa», gli ha detto, «Fra qualche ora parlerai col Sindaco.»
Non potendo fare altro Massimo ha seguito il consiglio, accomodandosi in quella camera arredata in stile motel anni '60. Pur spaventato e confuso, il sonno ha avuto la meglio. Infatti si sveglia un paio d'ore più tardi, quando fuori già splende un bel sole.
Al suo risveglio trova un uomo seduto davanti al suo letto. Mezza età, una certa somiglianza con Burt Lancaster, vestito in camicia bianca e pantaloni scuri. È il Sindaco.
Una donna entra e li interrompe ancor prima di iniziare parlare. È sui quaranta, prosperosa, bionda. Ha un atteggiamento dimesso, timido. Porge dei caffè bollenti a Massimo e al tizio che si è appena presentato con quell'altisonante titolo, quindi se ne va.
Lo scrittore beve avidamente. Ha la bocca asciutta, secca.
«Così lei è uno scrittore», esordisce il Sindaco, osservandolo.
«Sì. Lei invece chi è veramente?»
L'uomo sorride. «Penso di potermi tuttora definire un geometra, anche se pratico assai raramente.»
«Maschera Bianca mi ha detto che questo è il Borgo.»
«Sì.»
Massimo ha un mezzo capogiro. «Ma cos'è esattamente? Io... non credevo che esistesse davvero.»
«Naturale. Chi lo crederebbe?»
«Mi sta prendendo per il culo?»
«Si figuri. Voi tutti che arrivate da fuori manifestate le medesime perplessità.»
«Noi?»
«Uno all'anno, in media. A volte di più, a volte di meno. Per riuscire a penetrare il Reticolo di Pliss occorre avere la giusta predisposizione mentale o la consapevolezza dell'esistenza del Borgo. Quest'ultimo non è un dettaglio da poco.»
«A me ne ha parlato un notaio, Cantamessa.»
Il Sindaco annuisce. «I miei uomini che l'hanno interrogata al momento del suo arrivo mi hanno riferito. Però non conosco questo Cantamessa. Mi viene da pensare che sia stato ospite della Signora.»
«Che sarebbe?»
Burt Lancaster non risponde. «Si dia una sistemata, faccia con calma. La invito a mangiare qualcosa, sarà affamato. Quando è pronto mi raggiunga da basso. Troverà Michela ad accoglierla.»
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