Roma 2 novembre 2013
Piovigginava, – ma non si piegavano
nemmeno le erbe nel sacco della burrasca,
solo la polvere inghiottiva la pioggia in pillole,
ferro in una leggera miscela.
Il villaggio non aspettava guarigione,
erano profondi i papaveri come un deliquio,
e la ségala ardeva infiammata,
e dalla febbre delirava Dio.
Nell’immensità dell’universo
umida, insonne, derelitta
se la davano a gambe dai loro posti i gemiti,
ma il turbine, celatosi, scemava.
Accecavano in fuga dietro a loro
le gocce sghembe. Vicino alla siepe
fra i rami intrisi e il vento pallido
si svolgeva una disputa. Rimasi di stucco. Su me!
Sentivo che sarebbe stato eterno
l’orrendo giardino loquace.
Ancora dalla via per il discorrere
di cespugli e di imposte non ero notato.
Se mi avessero scorto, non c’era dove ritrarsi:
si sarebbero messi a parlare per sempre.
1917
A domani
Lié Larousse