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Boris Vian

Creato il 05 settembre 2011 da Spaceoddity

[OM] Boris Vian, l'amaro lievitare dell'ironia[Si fa presto a dire jazz, ma non si tratta neanche propriamente di rock'n roll. L'essenza delle canzoni del francesissimo Boris Vian (1920-1959) sta in un ritmo - ora americano ora popolareggiante - che non dipende dall'organico strumentale né dalla precisione del testo: consiste invece nello sciare su pentagrammi policromi inseguiti da una paura della violenza cui l'autore si ribella, ora masticando sottovoce le sue dimesse imprecazioni, ora in una sussultoria allegria chiassosa.
Così a un giovane svegliato in piena notte e costretto a un interrogatorio che non comprende (Le politique, 1954), sgorgano spontanee le ultime due strofe:
Si vous voulez que je vive
mettez-moi en liberté,
si vous voulez que je meure
à quoi bon me torturer?
Car je ne dirais rien,
je n'ai rien à vous dire...
Je crois à ce que j'aime
et vous le savais bien!

(Se volete che viva / lasciatemi libero / se invece volete che muoia / cosa ottenete torturandomi?
Perché non dirò niente, / non ho niente da dire... / Io credo in ciò che amo / e voi lo sapete bene.)
[OM] Boris Vian, l'amaro lievitare dell'ironiaLe canzoni di Boris Vian hanno una storia dietro la loro composizione e una storia che le sostanzia. Ma la storia che sta dietro emerge con impazienza, sia pure in qualche verso, come un grido di protesta. È impossibile per una voce tanto sincera e spontanea, che vive della sua buffa e genuina semplicità tacere di fronte alle storture che vede e che vive. E le storture che vede e che vive Boris Vian hanno un nome: la guerra, innanzitutto la guerra in Algeria ma in generale il conflitto di uomini armati contro altri uomini. In Le deserteur (1954), noto grazie a interpretazioni storiche di artisti anche non francesi, Vian scrive una lettera al suo Presidente della Repubblica invitandolo a versare il suo sangue al posto di gente coinvolta in un conflitto che non comprende. Inutile dire che le proteste fioccarono e Vian fu costretto a ridimensionare parte di un testo obiettivamente tutt'altro che pacifista o comunque disposto al dialogo, come accade per esempio con À tous les enfants (1954? 1959?) dove l'artista dichiara di voler prendere a pugni e calci gli speculatori delle guerre combattute da poveri giovani strappati via dai loro paradisi per essere seppelliti dal sangue di altri giovani.
La rassegna sulla guerra sarebbe infinita e accoglierebbe di per sé anche alcuni testi a loro modo molto divertenti (come per esempio Allons z'enfants o La java des bombes atomiques) o altri estranei al mondo musicale di Boris Vian, ingegnere ma anche scrittore e soprattutto, per quel che ci riguarda, trombettista del quartiere jazz di Parigi, insieme a due fratelli. Non dovremmo trascurare due importanti testi teatrali come La colazione dei generali o Il macello per tutti, ma soprattutto dovremmo tenere in considerazione il fatto che molte canzoni a noi note come opere singole in realtà erano parte di spettacoli più o meno grandi, alcuni dei quali risentivano senz'altro del gusto del musical vero e proprio (e non sono rare, per esempio, le puntate sul tipo dei songs di Gershwin, che del resto gode di una fama non dissimile, seppure molto più solida).
[OM] Boris Vian, l'amaro lievitare dell'ironiaA Boris Vian venne affidato l'incarico di operare una consistente selezione al fine di importare il jazz americano, ma ciò non può in alcun modo eguagliare il suo impegno sociale e personale, nonostante fosse gravemente malato di cuore, nel diffondere una musica e una poesia, quella della libertà e della gioia, in cui credeva disperatamente. L'ottimismo di Boris Vian fa i conti con una nevrosi che serpeggia proprio nelle sue vene, dove il sangue ribolle d'amore per la vita. Spesso i brani più brillanti alludono a situazioni francamente paradossali, sebbene non siano affatto rari i divertissement: poniamo un manifesto sociale come J'suis snob o la scatenata preghiera bacchica che recita Fais-moi mal Johnny. Eppure non è difficile rintracciare anche in queste canzoni riferimenti precisi all'oggi extratestuale, a polemiche in corso che culminano in parodie di decodifica spesso anche molto facile.
Boris Vian non si esimeva dall'intervenire nei dibattiti culturali contemporanei e la sua voce veniva spesso ascoltata con l'interesse e la curiosità che normalmente accompagnavano un così dotato patafisico, ossia uno scienziato delle soluzioni immaginarie. Un po' duole che la sua estrema timidezza e la sua voce modestissima non ci abbiano regalato interpretazioni di riferimento, ma rimangano semplici curiosità discografiche spesso senza il mordente che per fortuna non è mancato ad accaniti e numerosi ammiratori. Come dimenticare la bellissima Magali Noël? O Henry Salvador, o ancora Serge Reggiani, o Mouloudji? Si può ben dire che le canzoni di Boris Vian chiedano esse stesse di esistere solo ed esclusivamente come varianti, spesso sono ignoti gli autori di musiche e anche dei testi (per quanto su questi ci siano meno dubbi), eppure il corpus, nei limiti delle incisioni disponibili, scarsissime o quasi nulle in Italia, appare unitario, senz'altro appartenente a un profumo e quel sorriso amaro che attraversa splendidi romanzi come La schiuma dei giorni o Lo strappacuore, pubblicati in Italia dalla Marcos y Marcos.
[OM] Boris Vian, l'amaro lievitare dell'ironiaBoris Vian è l'altra faccia di Parigi anni '50, l'altra faccia dell'esistenzialismo, l'altra faccia della musica e riesce a essere l'altra faccia di se stesso. Ma non solo Boris Vian non ha bisogno di un'edizione critica per permetterci di giungere a conclusioni filologiche sulla sua unitarietà artistica, in realtà tutta la sua opera è un disegno imprevisto che vive nella filigrana di una banconota falsa, una banconota che porta impresso il viso di un ragazzo timido che fa le boccacce e cadendo, trascinata dal vento, lascia nelle orecchie un timbro segreto, una voce bassa che supera ogni ostacolo - anche narrativo - per emergere improvvisa e ribelle, ironica e incauta, un'eco che risponde un segreto in confidenza a chi lancia un grido d'aiuto contro la noia e la grettezza di ogni giorno senz'utopia e senza un sorriso, nemmeno uno... così, per provare a vivere e a essere felici.


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