di Alfredo Sasso
Nijaz Duraković è morto domenica 29 gennaio a 63 anni, stroncato da un infarto. E non è certo esagerato sostenere che con il professor Duraković se ne va un pezzo di storia della sinistra in Bosnia-Erzegovina. Una storia che coincide con la transizione dal comunismo al pluripartitismo, la tragedia della guerra e le incognite post-belliche. Duraković ha vissuto da protagonista della scena politica ciascuna di queste tappe.
Nato nel 1949 a Stolac (Erzegovina) e militante della Lega dei Comunisti bosniaca dal 1967, Duraković entrò nel Comitato Centrale del partito nel 1987. Era l’ annus horribilis della Lega dei comunisti bosniaci, quello dello “scandalo Agrokomerc”, il crack finanziario della più grande impresa agroalimentare del paese. La vicenda decapitò i vertici storici della dirigenza comunista sarajevese, determinando un vuoto di potere che forzò i giovani a prendere la guida della Lega. Fu così che Duraković ne divenne Presidente nel 1989. A soli quarant’anni, era il più giovane presidente del partito di sempre. E l’ultimo: da lì a poco la Lega jugoslava si sciolse, in quel famigerato XIV Congresso del gennaio 1990.
La crisi politica aprì la strada del pluripartitismo e della trasformazione della Lega bosniaca nel Partito Socialdemocratico (SDP), che si presentava alle elezioni del 18 novembre 1990 come favorito secondo tutti i sondaggi. Invece fu il trionfo dei partiti etnonazionalisti, che avrebbe contribuito a far precipitare la Bosnia in guerra, da lì a diciotto mesi. E fu un’inaspettata e sonante disfatta per l’SDP, che ottenne un misero 8% di seggi in Parlamento. Duraković commentò, alludendo cinicamente a quel “vuoto di potere” lasciato dal comunismo bosniaco: “Penso che i vincitori morali delle elezioni siamo noi. Del resto, negli ultimi tre anni il potere non è stato veramente in mano nostra”.
Durante la guerra, Duraković fu uno dei sette membri della Presidenza d’unità nazionale bosniaca. È soprattutto per questo che molti messaggi di cordoglio espressi in questi giorni lo ricordano come “patriota”. Lasciata la guida dell’SDP nel 1997, Duraković abbandonò polemicamente il partito nel 2002 per dissidi con la dirigenza (soprattutto con l’allora – e tuttora – leader, Zlatko Lagumdžija). Dal 2006 era membro dell’Unione Socialdemocratica, piccolo partito di impronta multietnica e progressista moderata.