Di Federico Catani il 20 gennaio | ore 09 : 04 AM
Ogni uomo fa il suo tempo. Specialmente in politica, dove, vuoi per l’età che si raggiunge, vuoi per il contesto che cambia, vuoi per possibili scandali o eventuali errori che si devono pagare, alla fine è bene farsi da parte. Dovrebbe capirlo anche Umberto Bossi. Il Senatùr dal 2004 non è più lo stesso. La malattia l’ha fortemente invalidato e, benché sia restato sempre il capo indiscusso della Lega e il punto di riferimento per tutti i leghisti, ormai comincia a manifestare i segni del cedimento. Lo scontro in atto con Roberto Maroni ne è la prova.
Sono pochi i fedelissimi rimasti attorno a Bossi: si tratta del cosiddetto cerchio magico, composto dai suoi familiari, la moglie e Renzo detto il Trota e da altri esponenti come il capogruppo leghista alla Camera Reguzzoni e la vice presidente del Senato Rosi Mauro. Ma la base sta con Maroni, è innegabile. In effetti, in tanti anni di politica, il Senatùr ha alzato spesso la voce, talvolta anche a sproposito, ma non ha ottenuto chissà quali vantaggi per il popolo padano. Oggi inoltre, appare sempre più succube dei suoi parenti prossimi, che sembrano pilotarlo e di Berlusconi, con cui, nonostante tutto, non ha intenzione di rompere l’alleanza. Tuttavia, il futuro della Lega non può essere Bossi, né tantomeno il Trota. Il futuro della Lega è senza dubbio Maroni. Francamente non è verosimile ipotizzare una scissione all’interno del partito che porti ad una formazione politica nuova: sarebbe la fine per tutti! Piuttosto, bisognerebbe una volta tanto applicare il principio democratico.
Perché anche i leghisti non promuovono delle primarie serie? Bossi, così come Berlusconi, deve ritirarsi, magari ritagliandosi il ruolo di padre nobile o di emerito che rimane dietro le quinte e dispensa consigli. La leadership della Lega, invece, deve stabilirsi democraticamente o con il voto del popolo o attraverso un congresso con tutte le carte in regola per essere tale. Stesso discorso vale ovviamente per il Pdl, ma questa è un’altra storia. Insomma, o la Lega si rinnova facendo il tagliando, oppure è destinata a perdere consensi elettorali. Conviene muoversi. D’altronde i politici preparati non le mancano: da Maroni a Cota, da Bricolo a Tosi, la classe dirigente leghista può essere a buon titolo definita come una delle migliori in Italia, per l’attenzione verso il territorio, la buona amministrazione e la serietà della condotta morale. Non resta che dare aria pulita ad un partito ormai un po’ logoro. Se Bossi vuole comportarsi da statista ed è interessato al bene della sua creatura politica, dovrebbe decidersi a fare un passo indietro e lasciare la parola ai militanti.