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Boyhood

Creato il 17 gennaio 2015 da Sofasophia @SofasophiaBlog
BoyhoodChe Richard Linklater fosse un  regista fuori dal comune lo avevamo capito. Con la sua trilogia del "Before" lo avevamo imparato a stimare per le sue interessanti idee fuori dall'ordinario. Quest'anno è tornato con un'altra genialata "Boyhood", un progetto pretenzioso di cinema sperimentale.
Un film molto ambizioso che è caduto nelle trappole dei progetti "troppo" ambiziosi, scivolando nella veilleità.
Da una produzione durata 12 anni io mi aspetto decisamente tanto e invece mi ritrovo stremata dalle 3 ore di pellicola con sostanzialmente "nulla".
Forse "nulla" è esagerato, ma relazionato alle aspettative, che gli intenti del film mi avevano creato, direi che è un giudizio piuttosto ponderato.
BoyhoodNolan, per esempio, per ideare Inception ci ha impiegato una decina di anni ma alla fine il risultato, che piaccia o meno, è oggettivamente complesso e articolato, mentre qui i 12 anni di lavoro sono serviti solo al fine dell'invecchiamento estetico dei protagonisti. Se si fosse ricorso al trucco per ottenere lo stesso effetto dello scorrere del tempo, tutto il successo che sta riscontrando attualmente questo film non lo avrebbe ottenuto. Quando si plaude questa pellicola, si plaudono le intenzioni e non il risultato finale, che non sarebbe stato altrettanto esaltato dalla critica se i 39 giorni di lavorazione complessivi fossero avvenuti all'interno dello stesso anno invece di essere dislocati in dodici.
Il film, infatti, in sostanza non ci racconta nulla, è incentrato sulla quotidianità e sulla crescita come tanti altri film. Seguiamo la vita di Mason, un ragazzino estremamente normale, che ha due genitori divisi e una sorella più grande piuttosto caustica. Se vogliamo Mason è il personaggio meno interessante di tutta la famiglia. Probabilmente se il film fosse stato girato con gli occhi di Samantha, la vivace sorella dotata di un'ironia mordente, o la madre, che ha una vita decisamente più ricca di sfumature, rispetto al neutro figlio, non mi sarei appisolata superato il traguardo delle due ore di visione.
BoyhoodCapisco che, forse, la scelta di elevare ad inno la normalità abbia reso coerente la scelta di questo protagonista, ma è stato un azzardo che è andato a discapito dell'interesse narrativo. Linklater non fa accadere nulla a questo adolescente, mai una lite, mai un eccesso, nulla, e se mai qualcosa smuovesse la lenta monotonia di trama viene viene subito silenziato dal regista.
I drammi della madre alle prese con compagni sbagliati, la scelta di riprendere gli studi, il padre alle prese con una maturazione tardiva che lo porta a diventare l'uomo che la madre dei suoi figli avrebbe sempre voluto al suo fianco, il difficile rapporto che lega i due ex coniugi e i figli sono tutti accenni che rimangono confinati  al background e che, invece, avrebbero salato un po' una narrazione sciapa e piatta.
BoyhoodL'asfissiante focus su Mason e sulla sua crescita non ci dà nulla, non ci permette nemmeno di entrare in empatia con lui perchè sostanzialmente, nonostante il continuo osservarlo, non riusciamo a conoscerlo davvero proprio perchè il regista incentra l'attenzione sugli aspetti più "normali" del ragazzo e tutto ciò che sfugge da questa assolutamente asettica e fittizia normalità non viene contemplato. È un malriuscito inno alla realtà, io la definirei più una sorta di verosomiglianza. Se da una parte si può apprezzare la scelta di non cadere nelle classiche ruffianate hollywoodiane, dall'altra si sente proprio la mancanza di un quid narrativo che spinga e motivi lo spettatore a continuarne la lunga visione.
Io capisco che, per un lavoro di 12 anni, 3 ore sono fin troppo poche per rendere giustizia agli sforzi impiegati, ma è un qualcosa di cui è necessario tener conto prima di intraprendere il progetto.
La pesantezza e i difetti del film vengono gettati addosso allo spettatore da metà proiezione, quando ci rendiamo conto che tutto ciò che avremmo voluto approfondire del contorno della vita di Mason viene in realtà lasciato cadere nel dimenticatoio. Ci ritroviamo, così, un film con un protagonista piatto e personaggi secondari più interessanti di lui a cui è stata intenzionalmente strozzata la caratterizzazione.
BoyhoodGià con la trilogia del "Before" avevamo constatatoche a Linklater piace fare scelte non convenzionali, però per lo meno, anche se analogamente a Boyhood in quella saga sentimentale a livello di trama non succedeva assolutamente nulla, la buona riuscita del film consisteva nei dialoghi e nell'ottima capacità interpretatoriale dei due protagonisti, July Delpy ed Ethan Hawke.
Non dico che qui il difetto sia attribuibile agli attori, in quanto ritroviamo un sempre professionale Ethan Hawke e un'eccezionale Patricia Arquette e anche il ragazzino interpretato dal poco conosciuto Ellar Coltrane non se la cava male, ciò che ha arrecato danno è stato il modo di sviluppare questo ambizioso progetto, infatti, oltre alla geniale idea di base, cosa c'è? Ben poco. Montaggio, fotografia, sonoro tutto nella norma, nulla che eccelle e nulla che stona. La torpida sceneggiatura, il lento ritmo e la mancanza di un guizzo artistico che risvegli i sonnolenti spettatori hanno smorzato le mie aspettative per questo film plurielogiato da chiunque, tanto da ritrovarlo tra i favoriti ai prossimi Oscar. Io sinceramente non mi sentirei di premiarlo perchè alla fine, nonostante apprezzi l'impegno e lo sforzo di Linklater, ciò che mi sento di giudicare è il risultato che personalmente non ho ritenuto soddisfacente, quindi, a meno che quest'anno agli Oscar non abbiano introdotto la categoria "alle intenzioni", io non mi riterrei soddisfatta a vederlo premiato in occasione dell'attesissima kermesse.
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