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- Scritto da Andrea Chimento
- Categoria principale: Le nostre recensioni
- Pubblicato: 19 Ottobre 2014
Nel 2002 Richard Linklater annunciò che avrebbe iniziato a lavorare a un progetto anonimo girato nella sua città natale, Austin, in Texas. Da quel momento, ogni anno per alcune settimane, il regista americano ha radunato la stessa troupe e ha continuato a girare, proseguendo la lavorazione di un lungometraggio decisamente fuori dal comune, seguendo la crescita dei personaggi parallelamente a quella degli attori. Boyhood è la storia di Mason, dall’infanzia fino all’ingresso al college: un’esistenza segnata dal divorzio dei genitori e dalla condivisione del nido domestico con la sorella Samantha, con cui ha un rapporto conflittuale.
Al di là della peculiarità del progetto stesso, il film si avvale di una sceneggiatura straordinaria, che lo rende drammatico e divertente al tempo stesso, trasformando la piccola vita di Mason in una metafora della crescita e in un vero e proprio coming-of-age definitivo. Linklater offre un monumentale ritratto degli Stati Uniti del nuovo millennio, delle sue tendenze politiche e di quelle più popolari (la musica, in primis), dando vita a un lungometraggio torrenziale che rappresenta una delle visioni più suggestive e affascinanti che siano state proposte dal cinema a stelle e strisce negli ultimi anni.
Una vera e propria esperienze (esistenziale) di visione, dove non emozionarsi è praticamente impossbile. Per il regista (autore di lungometraggi come Prima dell’alba o School of Rock) un film che vale una carriera.
Ottima prova del cast, da Ethan Hawke a Patricia Arquette (genitori di Mason), fino al protagonista Ellar Coltrane, costretto a un memorabile tour de force attoriale… durato dodici anni.
Voto: 3,5/4
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