Raggiungere Bozcaada, in Turchia, quando il buio l’ha già abbracciata, è il momento migliore per innamorarsene.
Le luci che provengono dal piccolo porto e dalla fortezza la incorniciano rendendola ancora più misteriosa.
Il traghetto che parte da Yükyeri İskelesi, circa 60 chilometri a sud-ovest di Çanakkale, va atteso al porto dove si fanno anche i biglietti. Non si sa a che ora possa partire, bisogna aspettare pazienti e fiduciosi.
La piccola isola dalla forma triangolare un tempo era conosciuta come Tenedos, in onore di Tene, che la governò al tempo della guerra di Troia e che venne ucciso da Achille.
Successivamente, nel periodo ottomano, i veneziani attribuirono all’isola un’importanza strategica tale da ripopolarla e
costruirvi un’imponente fortezza. Colei che ancora oggi, grazie alle sue perfette condizioni, dà il benvenuto al viaggiatore.
L’unico paese dell’isola è Bozcaada o Kale (castello). Piccolo e grazioso, assomiglia moltissimo ad uno dei tipici paesi greci, poco distanti in linea d’aria. Allegre taverne dove degustare pesce fresco, colorati locali per fare la tipica ed abbondante colazione turca, mercatini serali per curiosare e fare qualche acquisto.
Non è un luogo facile da raggiungere, anche per chi si muove in auto come me, tuttavia è un piccolo paradiso, lontano dalle affollate spiagge della costa turchese.
Bianche spiagge e mare ceruleo sono disturbate, solo nelle ore diurne però, da un forte vento che soffia durante tutto l’anno.
La prima volta che ci andai venni avvicinata, mentre ero al porto in attesa del traghetto, da un signore piuttosto meravigliato di vedere uno straniero e che sulla macchina esibiva un curioso adesivo “Life is a Cabernet”.
Mi raccontò che l’isola era più che altro meta balneare per gli abitanti di Istanbul e luogo d’interesse per i sommelier, che ogni anno a giugno vi si recano per degustare la nuova produzione del rinomato Cabernet.
Nonostante siano da sempre state coltivate le viti, per lungo tempo i turchi non si sono occupati di vino per le regole religiose cui si attengono. Nella prima metà del 1900, però, iniziarono ad interessarsi alla viticultura, tra gli anni ’60 ed ’80 questa tradizione crebbe e sull’isola si potevano contare tredici produttori.
Quella della viticoltura è un’arte che viene insegnata fin da piccoli e, virtualmente, non c’è nessun adulto che non sia in grado di attuarla.
La regola fondamentale da seguire, dicono qui, è quella di prendersi cura delle viti lungo tutto l’anno.
I ceppi che germogliano a primavera e si trasformano in fiori delicati, gli acini che maturano sotto il caldo sole estivo, il profumo dei grappoli ormai raccolti in ceste durante la vendemmia che si diffonde per le strade, fino ad ottenere un vino corposo dal gusto rotondo. Piacevole da bere non solo per il suo buon sapore ma perché è parte dell’isola stessa, i cui abitanti amano ogni grappolo d’uva come fosse parte di un prezioso tesoro.