Magazine Diario personale

Bradipi universitari - Una vita in coda

Creato il 31 agosto 2011 da Nonchiamatemiborgia @nonsonoBorgia

Stamattina mi sono svegliata e fuori dalla finestra splendeva il sole. Dal momento che il buongiorno si vede dal mattino, sono partita abbastanza spedita, senza troppe preoccupazioni. Ma giuro che non lo farò mai più.
D'altro canto dovevo immaginare che non sarebbe andato tutto liscio. Mi sono svegliata con una missione: andare in segreteria studenti. Ciò equivale a un viaggio all'inferno. Ho messo la sveglia a ore improponibili, che nemmeno uno che va a caccia si alza così presto; mi sono fatta coraggio e mi sono preparata a velocità mai raggiunte. Arrivo in università centrale convinta di essere stata la più furba, quella che ha fatto la vera partenza intelligente: era solo una stupida convinzione perchè c'era già gente in fila per ricevere solamente il biglietto, quel biglietto che automaticamente avrebbe costruito la coda per accedere allo sportello. Sì, insomma, ho dovuto mettermi in fila per fare la fila. Paradossale ma vero.
Però io in segreteria ci dovevo assolutamente andare. Ho rimandato per troppo tempo. Accetto questa situazione precaria: finalmente ottengo il mio biglietto e scopro felicemente che per lo sportello della mia facoltà sono la numero/lettera L 15. “Poteva andarmi peggio” penso. E penso male. Quando sei in coda per accedere a un servizio fai sempre delle scoperte illuminanti: ad esempio, il tuo sportello sarà sempre quello più lento, quel banco in cui c'è la perfetta rappresentazione della burocrazia italiana. Una burocrazia lenta, placida, incurante dei milioni di persone che aspettano. E aspettano. E aspettano ancora.
Se sei in fila scopri anche che c'è sempre uno che a due numeri dal suo turno se ne va: va a bersi un caffè, o a fumarsi una sigaretta, e se ne sta via per mezz'ora. Quando torna, attonito e completamente disorientato, chiede “ma è già passato il mio numero?”. Mah, vedi te. E ovviamente ti chiederà se può passare davanti per recuperare la sua posizione. “Sto poco, tranquilla”. Non stanno mai poco, fidatevi.
Quando sei in coda ad uno sportello devi prestare molta attenzione: se vedi che qualcuno entra e si appoggia comodamente sul banco, sappi che aspetterai un'infinità. La posa tipica è gomiti sul banco e corpo allungato all'indietro. E altri venti minuti volano via, come foglie al vento (citazione similintellettuale). E tu sei lì, impotente e obbligata a star seduta in una sala d'attesa con luci sempre troppo forti per la tua vista.
Mi sono accorta anche che quando stai aspettando il tuo turno c'è sempre qualcuno che sta allo sportello sei ore e, ironia della sorte, tu lo conosci sempre. Anche se solo di vista, ma tu lo conosci. Sai con chi devi prendertela, ha un'indentità. E se fino a pochi minuti prima ti stava simpatica o indifferente, quella persona entrerà automaticamente nella tua lista nera sotto lo pseudonimo di quello str**** che è stato sei ore in segreteria studenti.
Due belle orette di attesa per cominciare la giornata in cui, per farmela passare, ho letto tutti gli appunti di cinema, che fidatevi non sono pochi, ho scritto una parte di questo post, ho messo a punto il mio piano di conquista del mondo e ho redatto la Nuova enciclopedia degli insulti.
L 15: è arrivato il mio turno. Vado. 45 secondi in cui l'addetta allo sportello ha liquidato tutte le mie richieste dicendomi che devo rivolgermi a qualcun altro. E fidatevi che quando andrò a parlare con questo qualcun altro si verificherà la solita tiritera dello scaricabarile, obbligandomi, quindi, a fare la spola. Esattamente come quando vai in posta, o in comune, o in regione. Su, giù, destra, sinistra. Il tutto guarnito da attese snervanti e personale infastidito dall'essere umano.
È vero, l'università ti prepara alla vita reale.

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog