3 gennaio 2014 Lascia un commento
Brand e’ un pastore protestante, uomo a dir poco retto, sospinto da una fede incrollabile, una volonta’ ferrea, l’intransigenza fatta persona. Torna nei luoghi della sua terra natia, ghiacci e fiordi norvegesi, dove il mare regola la vita e la morte, offrendo sostentamento e strappando l’anima dal corpo ad ogni accenno di tempesta.
Egli si presenta al villaggio come un indomito eroe, sprezzante del pericolo laddove anche i piu’ coraggiosi tremano e si guadagna il rispetto e l’ammirazione della gente e il cuore di Agnese che lascera’ tutto per diventare sua moglie.
Passano gli anni, i due avranno un figlio ma il carattere di lui non concede nulla, nemmeno alla madre morente alla quale rifiuta i sacramenti in punto di morte dal momento in cui ella non rinuncia a tuti i suoi averi.
"Tutto o niente" e non ha altre parole per nessuno, neppure di fronte alla morte del figlio per non averlo portato verso climi piu’ miti. Brand talvolta cede alla tentazione offerta da soluzioni piu’ accomodanti ma resiste, resiste sempre.
Vincera’ sul potere politico rappresentato dal podesta’ ma dopo la madre e il figlio perdera’ anche la moglie e infine sara’ egli stesso schiacciato dal peso del rigore che ha sempre imposto alla sua vita e a quella degli altri.
Dove si trova il giusto, Ibsen non si esprime, lascia a noi la conclusione. Brand evidentemente sbaglia, non perdona e non concede nulla laddove Dio ha perdonato e concesso. Egli ha di Dio la visione biblica di potenza e rigore che giunge a sacrificare il proprio figlio, irremovibile anche innanzi alle sue suppliche. Brand e’ da ammirare e temere, il suo sguardo incute rispetto anche attraversando la carta stampata e si esalta nella tragedia che lo accompagna e di cui e’ fautore. La grandezza del testo di Ibsen risiede nel fatto che non e’ possibile in alcun modo condannare o assolvere il suo protagonista, perche’ qualunque accezione morale possa essere discussa, trova altrettante tesi contrarie. Del resto Ibsen e’ uno dei grandi drammaturghi che la storia ricordi proprio per la sua capacita’ di mettere in discussione l’etica e la morale comune, mai negando ma affermando scelte e possibilita’, tenendo sempre presente che nulla e’ esente da sacrifici e duri sforzi di conquista.
Libro in apparenza impossibile in questi anni di diritti incondizionati, eppure proprio per questo necessario per ritrovare un equilibrio con la propria coscienza e volonta’ di emergere dal bestiale fango primordiale ed ergersi a uomini.
Egli si presenta al villaggio come un indomito eroe, sprezzante del pericolo laddove anche i piu’ coraggiosi tremano e si guadagna il rispetto e l’ammirazione della gente e il cuore di Agnese che lascera’ tutto per diventare sua moglie.
Passano gli anni, i due avranno un figlio ma il carattere di lui non concede nulla, nemmeno alla madre morente alla quale rifiuta i sacramenti in punto di morte dal momento in cui ella non rinuncia a tuti i suoi averi.
"Tutto o niente" e non ha altre parole per nessuno, neppure di fronte alla morte del figlio per non averlo portato verso climi piu’ miti. Brand talvolta cede alla tentazione offerta da soluzioni piu’ accomodanti ma resiste, resiste sempre.
Vincera’ sul potere politico rappresentato dal podesta’ ma dopo la madre e il figlio perdera’ anche la moglie e infine sara’ egli stesso schiacciato dal peso del rigore che ha sempre imposto alla sua vita e a quella degli altri.
Dove si trova il giusto, Ibsen non si esprime, lascia a noi la conclusione. Brand evidentemente sbaglia, non perdona e non concede nulla laddove Dio ha perdonato e concesso. Egli ha di Dio la visione biblica di potenza e rigore che giunge a sacrificare il proprio figlio, irremovibile anche innanzi alle sue suppliche. Brand e’ da ammirare e temere, il suo sguardo incute rispetto anche attraversando la carta stampata e si esalta nella tragedia che lo accompagna e di cui e’ fautore. La grandezza del testo di Ibsen risiede nel fatto che non e’ possibile in alcun modo condannare o assolvere il suo protagonista, perche’ qualunque accezione morale possa essere discussa, trova altrettante tesi contrarie. Del resto Ibsen e’ uno dei grandi drammaturghi che la storia ricordi proprio per la sua capacita’ di mettere in discussione l’etica e la morale comune, mai negando ma affermando scelte e possibilita’, tenendo sempre presente che nulla e’ esente da sacrifici e duri sforzi di conquista.
Libro in apparenza impossibile in questi anni di diritti incondizionati, eppure proprio per questo necessario per ritrovare un equilibrio con la propria coscienza e volonta’ di emergere dal bestiale fango primordiale ed ergersi a uomini.