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Brasile: un nuovo modello di sviluppo

Creato il 03 settembre 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Brasile: un nuovo modello di sviluppo

Simona Bottoni, direttore del Programma America Latina dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) e redattrice di “Geopolitica”, ha preso parte all’edizione 2012 di VeDrò, l’evento annuale organizzato dall’omonimo influente pensatoio. Una relazione più completa della sua partecipazione può essere letta nel sito dell’Istituto. Di seguito proponiamo il testo della sua relazione, pronunciata nell’ambito del gruppo di lavoro dedicato al Brasile.

 

Al centro, Simona Bottoni.

Con questa relazione mi propongo di rispondere a due delle interessanti domande che la coordinatrice di questo WG ha posto alla base della discussione, e cioè: “Che modello di capitalismo rappresenta il Brasile contemporaneo?” e “Qual è il segreto della crescita costante del Brasile negli ultimi 10 anni?”.

Per dare una risposta alla prima domanda è senz’altro opportuno ricordare che il Brasile è il 5° paese più esteso al mondo; occupa i 2/3 del territorio dell’America Latina; conta una popolazione di circa 200 milioni di abitanti; è ricco di risorse naturali, agricole e minerarie; è uno dei principali produttori ed esportatori al mondo di caffè, arance, soia, zucchero, etanolo, carne (manzo e pollo), cacao, tabacco; dal 2012 è la 6a economia al mondo, subito dopo la Francia; negli ultimi 10 anni circa 40 milioni di brasiliani sono approdati alla classe media o, comunque, sono usciti dalla povertà. Il modello di sviluppo che il Brasile dell’ex Presidente Ignacio Lula da Silva ed oggi di Dilma Rousseff rappresenta è definito “di sviluppo con inclusione”, perché si propone una crescita economica stabile, accompagnata da politiche di redistribuzione della ricchezza a vantaggio delle classi sociali più deboli.

Questo modello di sviluppo, e qui veniamo alla seconda domanda, si basa su 3 pilastri della politica economica:

  1. 1) una politica fiscale responsabile;
  2. 2) una politica monetaria indipendente, basata sull’inflation targeting (un regime di politica monetaria che ha l’obiettivo di raggiungere la stabilità dei prezzi – che aiuta moltissimo la crescita economica. In buona sostanza, il Governo dà alla Banca Centrale un obiettivo di stabilità dei prezzi da raggiungere nel medio periodo, lo determina e lo fissa per legge. La Banca Centrale è resa indipendente ma è anche responsabile del raggiungimento o meno dell’obiettivo fissato);
  3. 3) un regime flessibile del tasso di cambio (dal 1999, infatti, il tasso di cambio del real – la moneta nazionale brasiliana – non è più ancorato al dollaro USA, ma è passato ad un regime di libera fluttuazione).

 
Questa politica economica ha portato a un periodo di crescita sostenuta, con stabilità dei prezzi e del tasso di cambio che ha generato numeri positivi come quelli che riporto in sintesi qui di seguito:

      aumento di 1 milione e 700mila nuovi posti di lavoro soltanto nel periodo gennaio 2009 – maggio 2010; nel biennio 2006-2008 erano stati creati 4,3 milioni di nuovi posti di lavoro (6 milioni di nuovi posti di lavoro tra il 2006 ed il I semestre 2010);
    1. aumento (reale) del salario minimo del +54,25% nel periodo 2004-2011;
    2. classe media che rappresenta quasi il 50% della popolazione (aumento dei consumi interni +2,3 % nel 2011, da +3,4% nel 2010);
    3. popolazione sotto la soglia di povertà dal 46% sotto la Presidenza Cardoso al 25% sotto quella Lula;
    4. tasso di disoccupazione attestato al 6,8 % nel 2011;
    5. settore agricolo + 5,1% nel 1° trimestre 2010 (dopo un -5,2% nel 2009);
    6. commercio e servizi rispettivamente +15,2% e +12,4% nello stesso periodo;
    7. PIL al +7,5% nel 2010, era al 3,2% nel 2003; previsto al +2,5% nel 2012, rallentamento dovuto a: siccità che ha frenato le produzioni agricole, investimenti pubblici bloccati da un sistema ancora un po’ farraginoso, ritardi di PETROBRAS – la società energetica nazionale – che non ha attuato gli investimenti previsti;
    8. rapporto PIL/debito nel 2011 è stato pari al 40% – molto più basso di quello di altri giganti economici a livello globale (180% in Giappone, 140% in USA) – era al 60% nel 2002;
    9. tasso d’inflazione stabile dal 2002 ad oggi: ha avuto un minimo nel 2006 (3.1%) e nel 2011 è stato pari al 4,5%, con variazioni che oscillano in una forchetta del 2%;
    10. dal 2007 il Brasile ha un debito estero netto negativo, cioè, al momento, è uno dei paesi finanziatori del FMI;
    11. la capacità di attrazione degli investimenti esteri del Brasile è la più elevata dell’area: nel 2011 è stato il paese, al mondo, destinatario del maggior numero di investimenti diretti in entrata (+38%, contro l’incremento medio nell’intera area BRICS pari al +26%);
    12. l’Italia è il 2° fornitore manifatturiero del Brasile in Europa, dopo la Germania; e ciò perché il Brasile è un paese solido che ingenera fiducia negli investitori;
    13. l’Italia è all’ 8° posto nella classifica dei partner commerciali del Brasile, con un flusso commerciale tendenzialmente in crescita che, nel periodo 2007-2011, ha raggiunto gli 11,7 miliardi di USD di scambi (Cina, USA ed Argentina sono i primi 3 partner commerciali del Brasile);
    14. i settori d’investimento di maggior interesse sono quelli della meccanica, delle tecnologie, del tessile, dei macchinari, delle energie rinnovabili, delle infrastrutture e dei trasporti, della nautica da diporto.

     
    I numeri dimostrano, quindi, come il Brasile sia, con buon diritto, il candidato principale e più accreditato ad assumere la leadership regionale.

    I cambiamenti strutturali ottenuti durante la Presidenza Lula sono stati in particolare quattro:

    1. 1) una crescita economica stabile;
    2. 2) l’espansione del mercato interno;
    3. 3) la ridefinizione delle priorità della spesa pubblica (con maggiori investimenti nelle politiche sociali e più risparmio pubblico);
    4. 4) un riposizionamento internazionale del Brasile con una sua migliore collocazione sullo scacchiere internazionale (ciò attraverso il rafforzamento dell’OSA e dei poteri del Segretario Generale e con rapporti più distesi con Washington, da un lato; e dall’altro con la promozione dell’integrazione regionale attraverso MERCOSUR ed UNASUR).

     
    La crescita economica si è sempre accompagnata a politiche di redistribuzione e di inclusione sociale, realizzate attraverso l’approvazione del PAC I e II (= Piani di Accelerazione della Crescita), rispettivamente nel 2007 e nel 2010: questi programmi prevedono ingenti investimenti pubblici, combinati ad incentivi e facilitazioni per gli investimenti privati, nei settori dei trasporti, dell’energia, della sanità, della casa, dell’acqua e della luce per tutti. Dal 2007 al 2010 sono stati stanziati circa 500 miliardi di Reais; dal 2010 al 2014 ne saranno stanziati oltre 950 miliardi, cui si aggiungeranno circa 630 miliardi di Reais dopo il 2014. I risultati eccellenti conseguiti dai 2 mandati del Presidente Lula, che la Rousseff sta cercando di confermare, sono stati possibili anche grazie alle basi gettate in precedenza dal Presidente Fernando Henrique Cardoso, che iniziò negli anni ’90 una politica di liberalizzazione commerciale, con la rimozione delle barriere non tariffarie e la riduzione dei dazi doganali sulle importazioni, che resero il Brasile più competitivo; oltre che con una politica fiscale opportuna, seria e responsabile.

    I principali settori economici del Brasile sono:

    1. il settore agricolo: sebbene costituisca soltanto il 6% del PIL, è ancora un settore nodale perché impiega oltre il 20% dei lavoratori brasiliani;
    2. il settore minerario: enormi sono i giacimenti di ferro, rame ed oro; il Brasile è la 6a riserva di uranio al mondo; sono stati scoperti grandi giacimenti di petrolio offshore nel PréSal; grandi sono le riserve di gas;
    3. il settore dell’industria: costituisce il 25% del PIL del paese, in particolare quella manifatturiera che è la più grande dell’America Latina, ma anche macchine utensili, automobili e comparto aereo;
    4. il settore dei servizi: rappresenta il 68% del PIL del paese, è ben sviluppato e diversificato, si va dai servizi alla persona (meno qualificati ed a basso valore aggiunto) ai servizi finanziari (ad elevato contenuto professionale).

     

    Progetto “Brasil Proximo”

    Il manifatturiero è un punto di contatto molto importante tra realtà imprenditoriale brasiliana ed italiana: in Brasile ci sono circa 5,5 milioni di PMI, in Italia 4 milioni e la nostra expertise è molto apprezzata. Una prova recente di questo apprezzamento è il PROGETTO “BRASIL PROXIMO”: un Accordo di collaborazione siglato a Perugia tra la Presidenza della Repubblica brasiliana e 5 Regioni italiane (Marche, Umbria, Toscana, Liguria ed Emilia Romagna) alla fine di luglio 2012. Si tratta del più grande Progetto di cooperazione in atto tra Italia e Brasile. Obiettivo del Progetto è di rafforzare le politiche brasiliane a sostegno dei piccoli produttori con interventi di sviluppo locale per la crescita delle PMI e del cooperativismo, sulla base delle esperienze delle 5 Regioni italiane coinvolte nel Progetto. Al momento il Progetto riguarda la regione del “Centro Paulista” nello Stato di San Paolo.

    Settori d’investimento: vademecum

    Il Brasile offre interessanti opportunità d’investimento all’Italia, che ha solidi legami storici e culturali, rafforzati dal radicamento della consistente comunità di origine italiana e dalla presenza di nostre importanti imprese. L’Italia, come s’è detto, ha un proprio peculiare modello di sviluppo, basato sulla PMI, con un’avanzata esperienza di distretti industriali, che si adattano rapidamente alle variazioni del contesto internazionale; modello di sviluppo che si è dimostrato ben riproducibile nel tessuto economico e sociale dell’America Latina. Non mancano, comunque, importanti opportunità per le grandi imprese, dal settore energetico a quello infrastrutturale, data la vastità geografica del Brasile, le buone condizioni economiche e l’apertura al commercio internazionale.

    Complessivamente, nel 2008, operavano in America Latina 1.968 imprese italiane, con 155.347 dipendenti: queste imprese sono localizzate prevalentemente in Brasile (710); poi in Argentina (354), Messico (289), Cile (136) e Venezuela (108).
    Le esportazioni italiane in Brasile si concentrano soprattutto nei settori come:

    1. la meccanica ed i prodotti della tecnologia (accessori per trattori e autoveicoli, lubrificanti, macchine per imballaggi, elicotteri, barche, macchine tessili, per la lavorazione dei metalli, della ceramica, del legno, della pietra);
    2. le attrezzature legate alla filiera agroindustriale, dell’alimentare e dell’imballaggio;

     
    Margini di penetrazione commerciale, non pienamente sfruttati, ci sono anche:

    1. nel comparto della tecnologia medica e ospedaliera;
    2. nel campo delle energie rinnovabili e delle infrastrutture;
    3. nel settore dei prodotti del lusso del Made in Italy (moda, calzature, casa-arredo) ancora limitatamente presenti nel mercato e soprattutto indirizzati alla fascia di popolazione medio-alta, in rapida espansione. Per tali beni di consumo di alto livello, a parte le grandi griffe affermate internazionalmente, le nostre aziende soffrono le alte tariffe ed il carattere ancora un po’ protezionistico del mercato brasiliano, nonostante presentino un prodotto di qualità ineccepibile. Questo approccio vale non solo nel campo della moda e del design, ma anche in quello del prodotto agro-alimentare e delle bevande alcoliche, in cui negli ultimi tempi l’Italia sta tentando di competere con la Francia sul mercato del vino di massimo livello (e massimo prezzo) sulla base di un’acquisita immagine di prodotto di alta qualità. Sempre più numerose Regioni italiane (le ultime in serie Umbria, Abruzzo e Molise) stanno manifestando interesse a realizzare iniziative a favore del settore agroalimentare (in particolare vino);
    4. il settore della logistica portuale e terrestre, in cui gli imprenditori italiani sono i migliori al mondo e ciò consente loro di trovare nel Brasile un ottimo mercato per gli investimenti atteso che il Brasile è il più grande esportatore al mondo di ferro e di grano, ed il sistema portuale è strategico per questi traffici commerciali.

     
    Le importazioni italiane dal Brasile sono per lo più materie prime (soprattutto caffé), semilavorati, pellame, carne e minerali di ferro; si registra anche la fornitura di aeromobili.

    Per penetrare con successo nel mercato brasiliano occorre rafforzare la presenza in loco attraverso partenariati con le imprese brasiliane. I limiti strutturali del sistema produttivo italiano, dovuti alla dimensione aziendale di molte imprese, se presenta vantaggi nella qualità produttiva e nel modello sociale, facilmente adattabile proprio al contesto latinoamericano, per altri versi costituisce un ostacolo per affrontare consistenti investimenti esteri. A supporto degli investitori, interni e stranieri, opera la RENAI (Rete Nazionale di Informazioni sugli investimenti) fornendo una copiosa e ben organizzata messe di misure, federali e regionali, a sostegno dell’attività economica, sia a livello territoriale che settoriale. È un organismo del Ministero per lo Sviluppo, l’Industria ed il Commercio Estero del Brasile. Tutte le informazioni sono presenti sul sito: http//: investimentos.desenvolvimento.gov.br. Inoltre, attraverso il SIPRI-Sistema di Promozione di Investimenti e di Trasferimento di Tecnologia per Aziende, il Ministero delle Relazioni Estere punta a favorire l’attrazione degli investimenti stranieri diretti in Brasile e promuove l’internazionalizzazione delle imprese brasiliane e straniere favorendo il trasferimento di alta tecnologia nel Paese. L’accesso alla rete SIPRI può essere effettuato attraverso il BrasilTradeNet, portale di promozione commerciale e di investimenti. Tutte le informazioni sono presenti sul sito: www.brazilglobalnet.gov.br.

    Altro importante strumento di sostegno per le nostre PMI è la SIMEST: una società per azioni con il 76% del capitale detenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico, che assiste finanziariamente la partecipazione azionaria di società italiane in società miste e le loro azioni di penetrazione commerciale, internazionalizzazione e radicamento. I settori in cui sono attive le aziende italiane in Brasile, affiancate da SIMEST, sono quelli in cui l’Italia è riconosciuta tra i leader a livello mondiale: il meccanico e l’elettromeccanico (parti ed accessori per autoveicoli, macchine per la lavorazione di materie plastiche e gomma, macchine utensili per la metallurgia, nonché macchine automatiche per la dosatura, la confezione e l’imballaggio), il chimico-farmaceutico, il legno-arredamento, l’agro-alimentare, il tessile abbigliamento. Non può essere dimenticato un diffuso sistema camerale (Camere di Commercio) presente in tutte le principali città brasiliane.

    Opportunità paese

    E’ possibile scaricare la versione e-book (aggiornata a maggio 2012) della guida al mercato brasiliano (Modello di sviluppo industriale del Sistema Italia in Brasile) realizzata dall’Ambasciata d’Italia a Brasilia, Confindustria e KPMG, in collaborazione con circa trenta esponenti del cosiddetto “Sistema Italia” operante in Brasile: Camere di Commercio, Confindustria, ex Ufficio ICE di San Paolo, Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, Ufficio dell’Addetto finanziario della Banca d’Italia, rete consolare di carriera e onoraria, sistema bancario, ecc. L’aggiornamento dell’e-book attualizza il quadro macroeconomico di riferimento, con particolare riferimento ai dati dell’interscambio economico bilaterale che tra il 2010 e il 2011 è passato da circa 9 miliardi di USD a quasi 11,7 miliardi di USD, facendo registrare anche un aumento di circa il 30% delle esportazioni italiane.

    Aspetto importante da evidenziare è il nodo delle infrastrutture: il Brasile confina con tutti i paesi dell’America Latina, tranne che col Cile e con l’Ecuador. E’ di assoluta importanza, quindi, per il paese verdeoro uno sviluppo adeguato delle infrastrutture, che consenta una maggiore integrazione regionale e sostenga i processi di crescita economica in atto. Il Brasile ha ancora molte carenze nel sistema stradale, in quello portuale ed aeroportuale.
    Nonostante le grandi dimensioni, le strade brasiliane sono ancora oggi la via di trasporto più importante: oltre il 60% delle merci è trasportato su gomma. La rete stradale è di 1 milione ed 800.000 km, di cui solo il 12.5% è asfaltato. Le ferrovie sono poco sviluppate: la rete è di 30.000 Km e su di essa passa il 25% delle merci trasportate. Non esistono treni passeggeri tranne quelli delle periferie delle grandi città. Il Governo ha recentemente varato un Progetto per la realizzazione di un collegamento ferroviario ad alta velocità tra San Paolo e Rio de Janeiro da completare entro il 2014. Gli investimenti previsti per i prossimi anni, però, sono massicci: 100 miliardi di reais per ferrovie merci e passeggeri, destinati a:

    1. l’asse Nord-Sud, per oltre 2.000 Km, che collega le campagne del Maranhao a quelle di San Paolo;
    2. l’asse Est-Ovest che colleghi Tocantins al porto di Ilheus nello Stato di Bahìa;
    3. l’integrazione della rete del Centro-Ovest;
    4. la Transnordestina.

     
    Sono opere per oltre 5.000 Km che, tra l’altro, dovrebbero avvicinare le merci brasiliane ai porti d’imbarco per i mercati internazionali. L’obiettivo è passare dall’attuale 25% al 40% di merci trasportate su rotaia. I porti ed i corsi d’acqua rappresentano soltanto il 13% del trasporto, sebbene il Brasile abbia una rete di fiumi navigabili di 48.000 Km. Gli aeroporti non sono attrezzati a sostenere il crescente numero di utenti interni ed esterni al paese.

    Il sistema infrastrutturale

    Tema centrale per il Brasile, e per l’America Latina tutta, è, quindi, lo sviluppo dei sistemi infrastrutturali, quale importante elemento d’integrazione regionale e componente importante dei processi di crescita economica in atto. L’integrazione regionale è, per il cono sud, un obiettivo oggi irrinunciabile per affrontare le nuove sfide globali, ed è impensabile che essa possa realizzarsi senza uno sviluppo adeguato delle infrastrutture che rendano il territorio omogeneo e ben collegato. Le barriere naturali che frazionano il territorio dell’area in zone isolate una dall’altra, rendono essenziale l’interconnettività attraverso lo sviluppo delle infrastrutture, che assumono un ruolo strategico per le economie e per l’integrazione regionale. Rendere interconnesse le zone isolate può consentire all’America Latina e, in primis, al Brasile, d’inserirsi nell’economia globale e di diventare un attore economico ancora più competitivo.

    L’esigenza d’investire sull’interconnettività infrastrutturale per aumentare il potenziale economico di una regione, secondo una visone geoeconomica dello spazio, ha dato luogo ad una grande ed importante iniziativa d’integrazione fisica in America Latina: il Progetto “IIRSA” (Iniziativa per l’integrazione delle infrastrutture regionali sudamericane). L’IIRSA nasce durante il primo vertice dei presidenti sudamericani a Brasilia nell’Agosto del 2000 (Presidente del Brasile Fernando Henrique Cardoso). Ne fanno parte: Brasile, Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Guyana, Paraguay, Perù, Suriname, Uruguay e Venezuela. L’accordo prevede azioni congiunte per lo sviluppo delle infrastrutture regionali in termini di modernizzazione, e per la promozione dell’integrazione e dello sviluppo economico e sociale della regione. L’IIRSA è stata tradotta in un “piano di azione”, elaborato a Montevideo nel dicembre del 2000, formulato secondo una visione strategica comune dell’Integrazione fisica sudamericana: vale a dire che tutti i progetti pensati all’interno di questa iniziativa debbono promuovere allo stesso tempo lo sviluppo economico e l’equità sociale.

    Il Piano di Azione dell’IIRSA agisce su due aree principali: gli Assi di integrazione e sviluppo (Ejes de integracion y desarrollo – Eid) ed i Processi settoriali di integrazione (Psi). Gli Assi di integrazione e sviluppo sono aree geografiche multinazionali all’interno delle quali vengono individuate attività produttive, potenziali o già esistenti, nelle quali si cerca di migliorare l’offerta di servizi d’infrastrutture fisiche (trasporti, energia, telecomunicazioni) per sostenere ed incentivare lo sviluppo regionale.
    Gli Assi d’integrazione e sviluppo identificati finora sono 10 e tra di essi quelli che assumono importanza per il Brasile ci sono:

    1. l’Asse dell’Amazzonia, che riguarda Brasile, Perù, Ecuador, Colombia;
    2. l’Asse Perù-Brasile-Bolivia, che costituisce lo sbocco sul Pacifico delle zone interne del Brasile e delle zone orientali di Bolivia e Perù;
    3. l’Asse dello scudo della Guyana, che comprende i territori di Guyana e Suriname, la regione orientale del Venezuela e la zona Nord del Brasile;
    4. l’Asse dell’Idrovia Paraguay-Paranà, che prevede studi e ricerche per il miglioramento della navigabilità e la gestione dell’idrovia in Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, Uruguay.

     
    I Processi settoriali di integrazione, invece, si propongono di rinnovare e di armonizzare i sistemi normativi di ciascun paese per quel che riguarda le regole di utilizzo delle infrastrutture, identificando eventuali ostacoli normativi, operativi ed istituzionali che impediscano lo sviluppo delle infrastrutture di base nella regione.
    I Passi identificati sono:

    1. lo snellimento dei valichi di frontiera;
    2. l’integrazione energetica;
    3. i sistemi operativi di trasporto aereo, marittimo e multimodale;
    4. gli strumenti per il finanziamento di Progetti di integrazione fisica regionale;
    5. le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni.
    6.  
      Il finanziamento proviene sia dal Tesoro Pubblico di ogni Stato (circa il 62%), sia dal settore privato, che dalle istituzioni del Comitato di Coordinazione Tecnica dell’IIRSA, composto dalla Corporacion Andina de Fomento – Caf e dal Banco Interamericano de Desarrollo – Bid attraverso il Firii (il Fondo Financiero para la Cuenca del Plata-Fonplata).

      L’IIRSA è fondamentale anche per lo sviluppo concreto dell’Unasur: qualsiasi progresso verso una maggiore integrazione regionale ha bisogno di interconnettività. Senza integrazione infrastrutturale non ci può essere, soprattutto in una zona geograficamente discontinua come quella sudamericana, integrazione commerciale, politica e sociale. Considerando l’Unione europea come paradigma d’integrazione, si è sempre sostenuto quanto l’espansione delle sue reti di trasporto, iniziata nel XIX secolo, sia stata una condizione fondamentale ed un incentivo per il processo che portò alla costituzione della Cee. L’idea di contribuire allo sviluppo attraverso gli Assi di Integrazione e Sviluppo (Ejes de Integracion y Desarrollo-Eid) è una sfida che va al di là della mèra costruzione di strade: non coinvolge soltanto il settore dei trasporti, ma implica la promozione dei sistemi produttivi, la formazione di capitale umano, programmi ambientali e di comunicazione.

      Uno studio del Bid dimostra che in tutta la regione latino-americana i costi dei trasporti costituiscono una barriera per il commercio molto più significativa delle tariffe doganali. Attraverso la costruzione di reti infrastrutturali è possibile:

    1. abbattere i costi di trasporto e facilitare lo spostamento di beni, servizi e persone;
    2. aumentare la capacità di attrarre investimenti, perché una buona rete di infrastrutture consente la localizzazione delle attività produttive, che, a sua volta, contribuisce alla formazione di catene produttive regionali;
    3. aumentare l’accessibilità ai mercati a livello sub-regionale, regionale e internazionale;
    4. creare occupazione e reddito, in particolare per la Pim (Piccola e media impresa).

     
    L’aumento della domanda di comunicazione da parte delle popolazioni, se soddisfatto, consente: il miglioramento della loro qualità di vita; un maggior accesso ai servizi per la salute, l’educazione, la mobilità; la riduzione delle asimmetrie fra i paesi.

    Tutti questi benefici contribuiscono in modo decisivo alla riduzione della frammentazione territoriale, creano più interdipendenza e, aumentando il numero degli scambi socio-economici, incidono anche sull’aumento della domanda di integrazione. Fra gli aspetti positivi appena elencati la riduzione delle asimmetrie è fondamentale e costituisce un obiettivo del quale ogni politica di integrazione dovrebbe tenere conto. Il ruolo del Brasile in questo processo d’integrazione infrastrutturale dell’America Latina è senza dubbio fondamentale, atteso che ne è il maggior propulsore e, probabilmente, anche lo Stato che più di tutti ne trarrà beneficio: confinando con la maggior parte dei paesi sudamericani, è presente in quasi tutti i progetti previsti all’interno degli assi d’integrazione e sviluppo.

    Un recente studio della Banca mondiale mostra come i paesi dell’America Latina, nel corso degli ultimi 15 anni, hanno effettuato investimenti pubblici in infrastrutture per un valore medio annuo inferiore al 2% del loro Pil, mentre, per mantenere un livello di infrastrutture comparabile con quello dei paesi dell’Asia, come Corea del Sud e Cina, avrebbero dovuto investire a tassi compresi tra il 4% e il 6% annui. Questo deficit infrastrutturale si traduce in termini di mancata crescita del Pil e di forti vincoli allo sviluppo economico, come rivela la carenza delle infrastrutture di trasporto in Brasile. Non sarà un caso che il presidente della Banca nazionale per lo sviluppo economico e sociale (Bndes) Luciano Coutinho ha reso noto che il Brasile aumenterà gli investimenti in infrastrutture nel 2012 del 10% rispetto all’anno precedente. Questo per aiutare il paese a mantenere in crescita l’attività produttiva e per neutralizzare eventuali effetti interni dovuti alla crisi economica che ha colpito Europa e Stati Uniti

    Per comprendere meglio l’importanza delle infrastrutture in Brasile basta fare un esempio: 1 tonnellata di soia brasiliana costa il 10% in più di 1 tonnellata statunitense, sebbene le campagne brasiliane siano più produttive di quelle statunitensi. Questo perché il trasporto in Brasile è 3 volte più caro che negli USA, dove la produzione agricola circola sui fiumi (navigabili, a differenza di quelli brasiliani che lo sono solo in parte visto il gran numero di dighe per le centrali idroelettriche), sulle rotaie e su strade in condizioni eccellenti. In Brasile, invece, le strade son piene di buche – solo il 13% delle autostrade è asfaltato, mentre in India lo è già oltre il 60% ed in Cina l’80%. I maggiori costi dell’usura dei mezzi di trasporto e dei tempi di percorrenza incidono sulla competitività del costo finale delle merci.


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