Brautigan, epica hippie...
Creato il 11 luglio 2014 da Omar
Tra i tanti mestieri esercitati in vita per sbarcare il lunario da Richard Brautigan (1935/1984) vi è quello di assistente alla poltrona d'un inventore. L'autore statunitense sopravvisse a San Francisco nei sessanta e settanta grazie anche a qualche sussidio erogato dall’Università, e, pur con le tasche sempre vuote, non smise mai di frequentare gli ambienti hippies della città, alimentando in quell'humus la propria inconfondibile poetica. I suoi libri sono tutti brillanti, venati da una sottile malinconia, spesso apparentemente «leggeri» (un certo tono ironico e uno sguardo pacatamente psichedelico rappresentano non a caso la peculiarità di ogni suo scritto), ma il nocciolo dei temi in essi affrontati ha spesso invece a che vedere coi grandi dilemmi dell'esistenza: servendosi dei generi in maniera distorta e amalgamando tradizioni letterarie consolidate, Brautigan affronta infatti la crisi dell'uomo che non riesce ad accettare imposizioni e che di conseguenza non riesce ad adattarsi ad una società che pretende da lui la perfezione. La potente visione di Brautigan - che ovviamente risente degli interrogativi un po' pop del periodo in cui essa è maturata - va infatti scandagliata al di sotto della patina di sarcasmo che riveste i suoi racconti.
American Dust è sicuramente tra le migliori opere di questo scrittore, una perfetta elegia di quel suo mondo inclassificabile fatto di bevute, acidi, riflessioni filosofiche e piccoli avvenimenti del quotidiano.
Il libro parla di alcuni figuri che giungono ogni anno per la pesca estiva in una zona rurale della California. Scaricano da un furgoncino un divano, tavolini e lampade e ricostruiscono sulla riva del lago il loro salotto di casa. I ragazzi vanno dall'ubriacone che vive laggiù nei paraggi a raccattare i vuoti per rivenderseli e comprarsi qualcosa, un hamburger oppure una scatola di proiettili. Quel giorno il ragazzino decide per i proiettili. La seconda guerra mondiale è finita e nessuno fa caso a un adolescente con un fucile sottobraccio. Il ragazzino è un uomo e ricorda l'America dei suoi sogni, l'alcolizzato, i due sul divano in riva al lago, la figlia dell'impresario di pompe funebri. La scelta tra hamburger e proiettili e l'amico ferito lasciato lì a morire dissanguato. American Dust è del 1982, a due anni dal suicidio dell'autore. Ma è come se fosse venuto prima. Prima di Salinger. Sicuramente prima di Carver. Per quello sguardo un po' così, trasversale, mai scontato. Che è poi il motivo per cui è un gran libro.
American Dust
Richard Brautigan (edizioni ISBN)
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