Ogni nuovo film Pixar che arriva al cinema non è preceduto semplicemente dalle solite (alte) aspettative di incasso ma anche da quelle della critica più sofisticata, sempre più solita a passare questi prodotti al setaccio per individuare, finalmente, un punto debole o una caduta di tono nell’ambito di una produzione sempre impeccabile e capace, da vent’anni a questa parte, di coniugare in modo mirabile l’eccellenza della confezione con contenuti sempre più innovativi sotto il profilo linguistico e tematico. Era già successo lo scorso anno quando non è parso vero a tanta critica (e parte del pubblico) di poter finalmente sparare a zero contro il seguito di “Cars”, quel “Cars 2” giudicato quasi una marchetta “commerciale” da parte della casa di Steve Jobs e John Lasseter e che onestamente, a parere di chi scrive, aveva solo la pretesa di essere una divagazione leggera sulle spy-story bondiane, sempre strabiliante sul piano tecnico e piacevolissima sotto il profilo dell’intrattenimento. Per questo i riflettori sono tutti puntati adesso su “Ribelle – The Brave” tredicesimo lungometraggio ed ennesimo cambio di rotta per la Pixar, che affronta tutti i rischi (anche commerciali) connessi all’abbandono di giocattoli, macchine ed altri pittoreschi animaletti, per avventurarsi nell’universo degli uomini e per di più in quello di un personaggio femminile a tutto tondo, la principessa scozzese Merida.
Stiano tranquilli i fan più esigenti e convinti di andare incontro ad una nuova delusione dopo “Cars 2”: “Brave” è un film delizioso, spigliato sul piano del ritmo come le migliori avventure rocambolesche del passato, riflessivo sotto il profilo dell’analisi introspettiva e stupefacente dal punto di vista squisitamente tecnico (la pellicola sfodera tra i migliori paesaggi mai visti in tutta la produzione Pixar, highlands sconfinate e lussureggianti paragonabili, per meraviglia, solo alle immense distese desertiche del capolavoro “WALL-E”). Certo non potrà sfoderare la medesima complessità (anche pedagogica) di un capo d’opera come “Toy Story” ma è ugualmente ispirato per quanto riguarda lo sviluppo psicologico dei personaggi (e della protagonista in particolare), certe svolte narrative impreviste (una metamorfosi inaspettata e dolorosa) e la coerenza nel conciliare le esigenze della fiaba (in questo caso della leggenda) con quelle del racconto di formazione tipicamente disneyano con annesso happy end.
Qualcuno ha già tacciato il film di semplicità laddove invece è più corretto parlare di una, ormai perfettamente assimilata, classicità. Le produzioni Pixar non sono infatti meno classiche di un qualsiasi lungometraggio dell’ultimo Eastwood e riescono, pur sfoderando una qualità tecnica sempre più eccelsa e dal profilo visivo sempre in continua evoluzione, a comunicare con un pubblico ancora più trasversale rispetto al passato, proponendosi, nella considerazione degli spettatori, come l’ultimo spartiacque fra il cinema live-action e quello puro d’animazione (e talvolta abbattono anche questo spartiacque come accaduto nel caso di “Up!” o “Toy Story 3”, assunti recentemente nella stessa categoria dei migliori film da Oscar); tutto ciò a dimostrazione del fatto che a contare è più il linguaggio, inteso come sistema di codici espressivi, che il mezzo (quando non va al di là della tecnica). “Brave” è quindi una pellicola classica, intessuta dei ritmi del miglior cinema d’avventura e del pathos di quello drammatico, moderna nella sua visione d’insieme sul passato (la ribelle potrebbe essere una qualsiasi adolescente attuale in rotta con la famiglia per la propria affermazione) ma anche attuale o perfino controcorrente nella sua proposizione di valori positivi (ancora la famiglia ma come luogo di crescita collettiva).
“Ribelle” nel titolo dunque ma anche nello spirito perché la vera rivoluzione presente in questa avventura Pixar tutta al femminile (e il motivo non è solo la protagonista) sta proprio nel modo in cui viene condotta questa storia di ordinaria insofferenza giovanile. Perché se inizialmente siamo tutti dalla parte della giovane Merida, principessa scavezzacollo ed abile arciera che cerca di opporsi ad ottuse ragioni di stato e familiari che ne soffocano la personalità pregiudicandole il futuro, è vero anche che non si può non biasimare la scelta cui ricorrerà pur di cambiare il suo destino (servirsi della magia), scelta che si rivelerà foriera di ulteriori complicazioni e perfino di rischi per l’incolumità dei propri cari. Il tema dello scontro generazionale che incontra la magia della leggenda scozzese che a sua volta si intreccia col tema della maturazione familiare; il film si muove abilmente fra questi strati riuscendo ad amalgamarli senza che l’uno prenda mai il sopravvento sull’altro e calibrando perfettamente il dramma della trasformazione come prova da superare (che, soprattutto inizialmente, tocca vertici piuttosto commoventi) con la comicità di un’avventura costellata di personaggi sempre ben caratterizzati e comicamente sopra le righe (su tutti la megera della foresta e gli impagabili fratellini di Merida).
La vicenda di “Brave” finisce quindi per coinvolgere più destini mentre la ribellione della futura regina e il suo peccato di orgoglio diventano il pretesto per muovere dinamiche familiari di maggior profondità, perfettamente in linea con l’ottica moderna con cui la Pixar da anni rilegge le storie per ragazzi (e se la trasformazione presente nel lungometraggio non può non richiamare alla memoria l’animazione Disney di “Koda” è pur vero che si sente anche l’influenza del maestro Miyazaki dietro questa storia di metamorfosi familiari ed espiazione). Se non bastassero queste frecce al già ricco arco di “Brave” per decretarne la riuscita, allora aggiungiamoci anche l’ulteriore protagonista silenzioso della pellicola: il paesaggio. Perché il tredicesimo film Pixar non è soltanto l’amabile manifesto di una ribellione stilistica e narrativa, ma anche un atto d’amore verso l’arte pittorica tout court, perfettamente rappresentata da un paesaggio che non è più semplicemente il realistico sfondo ad un’avventura altrettanto realistica, ma un cuore che pulsa autonomamente e vive di vita propria, tra fuochi fatui che baluginano nel buio di una foresta intricata, i dolmen che si stagliano ieratici nella notte e lande verdi che contrastano con l’azzurro di cieli senza tempo.
Il tutto accompagnato dalle musiche di Patrick Doyle, scozzese purosangue in trasferta da Kenneth Branagh, che contribuiscono ancora di più a sprofondarci nell’incanto dei panorami celtici e nei misteri delle highlands. Uno spettacolo che da solo vale a colmare qualsiasi difetto e che contribuisce a fare di questo “Ribelle – The Brave” un raro esempio di film d’animazione d’atmosfera. E occhio al 3D che amplifica l’effetto di immedesimazione: potreste ritrovarvi ad allungare la mano verso lo schermo per sfiorare le ciocche perfette della fulva principessa Merida…
Il film è preceduto dal bellissimo e poetico cortometraggio “La Luna” debutto alla regia dell’italiano Enrico Casarosa, musicato dal grande Michael Giacchino e candidato all’Oscar come miglior corto animato: piccola parabola per immagini sulla vita e sul significato delle proprie scelte, ambientato su una luna che pare uscita da “Il piccolo principe”, prefazione delicata ed ideale al successivo racconto di formazione di “Brave”.