Breaking Dawn di Stephenie Meyer

Creato il 05 novembre 2012 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Pubblicato il 5 novembre 2012 con Nessun Commento

Con Breaking Dawn si conchiude la fortunata quadriologia di Twilight, la saga di romanzi del genere (o sotto genere) paranormale della scrittrice statunitense Stephenie Meyer.
Come nei tre precedenti romanzi, Twilight, New Moon ed Eclipse, l’Io narrante rimane quasi sempre Bella Swan, una giovane ragazza che si innamora, già in Twilight, del vampiro Edward. Il sentimento che unisce i due giovani e le numerose vicissitudini legate al loro rapporto rappresentano il tòpos attorno a cui si sviluppano e in qualche modo si intrecciano tutti gli eventi principali dell’intera saga: le lotte tra i vampiri rivali, gli attriti mai del tutto sopiti tra vampiri e licantropi o la conflittualità sempre viva tra Edward e il giovane licantropo Jacob; Senza dimenticare i sentimenti: quello che viaggia sul sottilissimo confine tra amore e amicizia, l’amore deluso e l’amore trionfante.
Breaking Dawn, che inizia col matrimonio tra Bella ed Edward, scorre in modo lento, senza forza, rimane poco avvolgente e non mostra eloquenti aspetti originali. La sintassi è molto semplice, il vocabolario povero e le frasi, senza eccezione, sono scevre di pensieri importanti o profondi. I temi trattati, inoltre, seppur non privi in assoluto di validità, sono un po’ troppo consunti e sbiaditi
Ma non si possono scrivere innumerevoli pagine senza dir nulla. Qualcosa di avvincente tra le pieghe di questa storia, che ne ha determinato l’innegabile ed evidente successo editoriale, è possibile rintracciarlo nell’apparente impossibilità dell’unione tra i due ragazzi dovuta in sostanza alla radicale differenza del loro essere. Essere diversi è come appartenere a due mondi differenti, e proprio questo aspetto antitetico sospinge e muove i meccanismi, non sempre ben oliati, della narrazione.
La discordanza tra essere umano (Bella) ed essere non umano (il vampiro) ripercorre difatti altri estremi, altri amori apparentemente impossibili o comunque di difficile realizzazione, di altre storie ben più celebri: da Cenerentola e il Principe Azzurro ai Capuleti e Montecchi; da Ariel e il principe Eric nella tristissima storia di Andersen alla moderna fiaba dell’orco Shrek e Fiona di William Steig; senza dimenticare tutte quelle vicende, in verità un po’ da telenovela, in cui una delle due famiglie è estremamente ricca e l’altra viceversa poverissima, o, ancora, un buon esempio può essere il caso in cui una famiglia che fa parte della nobiltà e l’altra, invece, appartiene alla media o piccolo borghesia se non addirittura, è povera o proletaria. Anche Dona Flor con il primo dei suoi due mariti vive avvenimenti analoghi. Nettamente più drammatica e triste è invece la storia de Il gusto proibito dello zenzero in cui una peculiarità diventa differenza e un’unione separazione. Gli esempi sarebbero infiniti e la letteratura è ricca e generosa seppur non va dimenticato che il termine di paragone non è sempre così lusinghiero.
Edward e Bella, con la loro storia d’amore tanto inevitabile quanto piena di incognite seppur priva di reali drammi, si muovono nello spazio ristretto di questo binario narrativo. La storia del vampiro innamorato della ragazza umana, quindi, segue con sicurezza le orme di un cliché logoro ma funzionante basato sulle forti differenze tra due estremi, differenze spesso non ontologiche ma sovente solo sociali e culturali, che il vecchio e sempre utile sentimento dell’amore riesce quasi sempre ad assottigliare o, nel migliore dei casi, annullare.
Edward, il vampiro, come il Principe o i suoi successivi modelli. Bella, invece, una ragazza normale, impacciata e goffa, dubbiosa e insicura: un po’ Cenerentola. Immortale e mortale, come l’auto di grossa cilindrata di lui e il mezzo vetusto di lei, sono solo alcune differenze che emergono per sottolineare le due estremità, gli opposti che ancora una volta provano ad attrarsi affascinando e seducendo migliaia di lettori in tutto il mondo. E come in ogni storia in cui i conflitti interiori rimangono sostanzialmente marginali e non c’è una vera forma di indagine, il fine è lieto e armonioso e permette l’auspicato “vissero felice e contenti” e, trattandosi di vampiri, è il caso di aggiungere: “per tutta l’eternità”.



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