E c’è qualcosa di più assordante delle raffiche di mitra che hanno ucciso l’innocenza di un Paese: sono quelle 1500 pagine di Breivik, un compendio di mitologie infantili, un giocare con le figurine, un maelstrom che coinvolge la lettura di wikipedia, di brani di libri, di saggistica deteriore o superficiale. Uno zibaldone penoso dal quale emerge prepotente lo sgomento su come possa essere crudele l’ingenuità.
Poi si capisce che invece è paura, è chiusura, è una reclusione dalla realtà storica e umana. Si capisce bene anche a una prima lettura che Breivik non si è confrontato con nessun problema, tema, argomento caduto sotto la sua paranoica attenzione: l’unica cosa che gli interessa è capire se idee e uomini sono amici del suo panteon da adolescente o sono nemici. Non gli interessa capire, ma solo incasellare nel suo autismo culturale. Si tutto questo è assordante perché sono le stigmate che ritroviamo sempre più spesso attorno a noi: non più il pensiero sociale, ma la dinamica amico nemico.
E’ illuminante questa definizione che l’integralista di Oslo dà di quello che lui chiama il marxismo culturale: un sistema politico / morale, basato sulla “correttezza politica” – un misto di marxismo, estremo
egualitarismo,’umanesimo suicida, anti-nazionalismo, anti-europeismo e capitalismo globale. Idee confuse e contraddittorie dove l’eguaglianza e l’umanesimo assumono un carattere negativo. E assieme ad esse vengono trascinate nel minestrone reazionario e al tempo stesso inconsapevole “i movimenti politicamente corretti come: femminismo, pro-droga e pro-rivoluzione sessuale, anti-razzismo, anti-fascismo, anti-cristianesimo, anti-capitalismo, i diritti dei gay e disabilità, ambientalismo ecc. Tutto insieme come in un ‘antologia di Giovanardi o più spaventosamente come in un’antologia delle cose che abbiamo sentito in questi anni, dette e ripetute all’infinito con stolida sicumera. E allora riconosciamo lo stesso brodo di coltura nel quale è cresciuta la follia autistica di Breivik così come la desolante banalità del berlusconismo.
Non manca in tutto questo la teoria del complotto che è una delle caratteristiche specifiche di certi integralismi ideologici che devono rappezzare in qualche modo il vuoto di spiegazione: così questi marxisti, maoisti, politicamente corretti devono puntare “sulla decostruzione progressiva delle culture europee, le identità e la tradizionale struttura (famiglia nucleare, morale tradizionale e la strutture patriarcale) che ha dominato l’umanità per gli ultimi 300 000 anni”. Peccato, conclude che i musulmani si siano rivelati un osso troppo duro per essere “assimilati / pacificati / femminilizzati”
Verrebbe da ridere se questo pozzo nero di stupidaggini storico antropologiche, non avesse provocato una strage, con la sua bava di veleni. E tuttavia vista la definizione che Breivik fa di se stesso, cioè di un cristiano integralista che ama la struttura patriarcale, la famiglia nucleare e disprezza ogni segno di modernità, eguaglianza, diritti, accoglienza, sarebbe interessante sapere quale differenza esiste con il leghismo. E soprattutto sarebbe interessante sapere dalle alte sfere della chiesa cattolica in che cosa differiscono le idee del vaticano dalle considerazioni del folle di Oslo. O se sono solo i mezzi utilizzati per quest’opera di evangelizzazione contro la socialdemocrazia, ad essere inopportuni.
E’ vero che Breivik se la prende anche col Papa per non essere un efficace difensore delle sue ossessioni e del suo principio di diseguaglianza, con il suo protagonismo onirico. Ma probabilmente perché non ha avuto la fortuna di vivere in Italia. Qui non c’è bisogno di fare strage di uomini: ce n’è già una di verità.
Si vorremmo sentire dalla chiesa, dai partiti conservatori e di destra, dalla società italiana una qualche parola che vada oltre la riprovazione della strage, qualcosa che ci rassicuri sulla civiltà del nostro vivere. Ma forse è già chiedere troppo.
Alberto Capece
fonte : http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2011/07/25/breivik-e-tra-noi/#wpl-likebox