Breve disamina dei 36 default di Stati sovrani negli anni 1972-2008. Dati numerici.

Creato il 10 dicembre 2011 da Andl @scenaripolitici
Giuseppe Sandro Mela
   Nel periodo intercorso tra il 1972 ed il 2008 a livello mondiale si sono verificati default, o severe ristrutturazioni del debito sovrano ad assimilabili al fallimento vero e proprio, in 36 Stati, per lo più tra Paesi emergenti.    Nell’economia del presente post, sono stati considerati solo tre variabili: il prodotto nazionale Lordo (Pnl), il debito estero (DE) e le esportazioni (Exp). Ricordiamo che:
«Il Prodotto Nazionale Lordo (PNL) è il valore dei beni e dei servizi finali realizzato in un anno dalle unità economiche (imprese,ecc.) di una nazione, che operano nel paese stesso e all’estero. Il PNL si ottiene dal PIL (Prodotto Interno Lordo) aggiungendovi il reddito percepito da soggetti residenti nel paese per investimenti all’estero e sottraendovi il reddito percepito nel paese da soggetti non residenti.» [Fonte: Wikipedia].

   La seguente Tabella riporta i valori disponibili:
 
   I dati riportati in questa Tabella ci forniscono alcuni importanti risultati numerici:    1.  Frequenza. I default si sono succeduto al ritmo di uno all’anno. Taluni Stati hanno esperito default plurimi e la distribuzione geografica copre tutti i continenti. Sono stati presi in considerazione solo i default, qui definiti come insolvenze alle quali seguì o l’azzeramento del debito ovvero una ristrutturazione del medesimo con sostanziale danno dei creditori. Non sono state riportate le frequenti crisi iper-inflattive vere e proprie, anche se spesso esse si accompagnano ad insolvenze più o meno gravi.    2. Debito. Data la tipologia dei default, si é considerato il debito sovrano estero perché questa componente del debito sovrano totale era usualmente molto maggiore di quello domestico. E’ interessante notare come il rapporto mediano tra debito e Pnl si attesti al 58.5%, valore quasi identico a quello che il Trattato di Maastricht considera essere il valore massimo invalicabile da parte degli stati membri dell’Unione Europea. Altrettanto interessante è notare come il primo decimo percentile si attesti al 20%, valore considerato come reale soglia di sicurezza da parte di molte teorie economiche.    3. Rapporto debito/esportazioni. Questo indicatore presenta un valore mediano eguale al 234.2%, segno di una situazione francamente patologica, mentre il suo primo decimo percentile vale 81.0%. Questo valore di riscontro è alquanto superiore alla soglia del 45% che molte teorie economiche suggeriscono essere il livello di guardia.
   Considerazioni.    1. L’Autore é perfettamente conscio che ogni default ha la sua storia e che gli indicatori proposti all’attenzione del Lettore sono ben lungi dal descrivere in modo proprio e compiuto il default stesso. Tuttavia, a parere dello scrivente, la relativa omogeneità degli Stati considerati consente di ottenere dei risultati numerici ragionevolmente corretti, anche se da prendere con buon senso. In particolare, si suggerirebbe di essere molto cauti nel generalizzare questi risultati a realtà socio-economiche strutturalmente differenti, quali, per esempio, gli Stai europei. Si constata però che questi dati sono ottenibili molto difficilmente e che tabelle analoghe sono quasi introvabili: il lavoro di Reinhaart e Savastano, da cui sono stati tratti, sembrerebbe essere l’unico caso disponibile in letteratura. Essendo quindi i primi ed unici dati disponibili, sarebbe suggeribile non essere troppo schizzinosi nel valutarli,seppure con la dovuta prudenza.    2. Esulta lo scopo di questo report approfondire le cause che hanno portato ai default, di cui sommariamente abbiamo già altrove discusso. Ci si limita a considerare che gli Stati europei presentano valori di questi indicatori di gran lunga superiori alle soglie di riscontro, che sembrerebbero essere state imprudentemente superate con grande leggerezza.    3. La così detta speculazione colpisce gli Stati che hanno valori abnormi di rapporto debito/Pnl e di debito/esportazioni. E’ il debito che determina il porsi in essere della speculazione, non l’opposto.    4. Non può sussistere uno sviluppo economico se questi indicatori eccedono questi valori di soglia individuati empiricamente, e sembrerebbe molto verosimile che per una reale crescita essi debbano rimanere entro il primo decile.    5. Da quanto detto deriva la conclusione che il rientro di questi parametri nei limiti fisiologici di un sano sistema economico è conditio sine qua non di ogni ripresa produttiva. Pur se capibile da un punto di vista sentimentale, politiche economiche che cerchino di ridurre il debito e simultaneamente stimolare la crescita non sembrerebbero destinate ad un qualche risultato concreto.
   Addendum.    Sono stati inseriti link di rimando a Wikipedia e non a letteratura specifica non per carenza di quest’ultima, ma solo per facilitare il Lettore che non avesse a disposizione un’adeguata biblioteca economica specifica. Pur essendo tecnicamente di buon livello, Wikipedia é orientata al grande pubblico e non a quello specialistico.
gsm

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