Un mio caro amico, ricciolo-fiammingo, nel mio sondaggio sulle reviews on demand, propose Orlando di Sally Potter (o piuttosto dovrei dire: Orlando con Tilda Swinton). Ma io non avevo ancora letto il romanzo e mi sembrava scorretto parlare di un film basato su un libro così importante senza conoscerlo: ma Virginia Woolf ancora non mi chiamava. Ricordo al liceo, una lettura faticosissima di Gita al faro. Non ci avevo capito proprio nulla, allora fu una lettura sbagliata, che mi spinse a un preconcetto negativo.
Fu, semmai, il film The Hours a riconciliarmi con Virginia; ma era una scintilla, che ardeva piano piano e non ha cominciato a scaldarmi che al momento della richiesta del mio amico. Da un po' sento la voce di Virginia Woolf. Non nel sogno, ma in una specie di telepatia. È venuto il momento di incontrarla, di bere qualcosa con lei; è venuta l'ora di guardarla negli occhi. È una frenesia inspiegabile, una passione trascinante. E non potevo che cominciare da Orlando, dal libro proibito, dal libro della metamorfosi e dal libro della passione. Ed eccomi, dunque, al termine del primo capitolo. Se avere atteso tanto porta a una simile sorpresa, aspetterò una vita intera o mille vite per raccogliermi in una simile estasi poetica. Orlando è di una bellezza commovente, un libro raffinatissimo, pieno di profumi, di colori e di sfide. Non mi sono pentito di essere arrivato fin qui solo adesso: sono orgoglioso di una simile visionarietà, la mia, quella di Virginia, quella di questo tè, ora, io e lei, al cospetto di Orlando.