- Preferenze musicali nella pancia di mamma:
Se normalmente era solita capriolarsi all’interno del mio utero per ogni performance di Missy Elliot, Tom Jones e per la mia personalissima interpretazione di “I will survive” di Gloria Gaynor, ogni esperimento con Bach, Beethoven o Mozart finiva con un suo preciso tentativo d’incrinarmi le costole, approfittandone della posizione privilegiata.
Se poi azzardavo uno di quei cd di rilassamento che ti propinano al corso preparto (quelli con il fruscio delle onde che s’infrangono a riva e che ogni tanto si sente chiaramente il verso di un cetaceo in ammmore o uno stegosauro incaxxato ma nessuno per pudore ha il coraggio di dirlo), ecco se proponevo uno di quei cd, era la fine. E io perché lo facevo? O bè, andava così tanto di moda tra le puerpere del corso preparto, che pareva brutto non provarci pure io. Dicono che i bimbi nascono più calmi e felici. Bè, a onor del vero la mia è nata parecchio stressata.
- Appena fuori dall’utero:
Molto gradita la compilation post parto che avevo sapientemente e amorevolmente composto nelle ventisette settimane di ritardo sulla data presunta del parto. Fra tutte la sua preferita era “Can’t take my eyes off of you” di Lauryn Hill. Cantata da me. Chiuse nella stanza del cambio. Alle tre di mattina. Mentre tutto il resto dell’ospedale, e dell’universo mondo, dormiva.
- Primi mesi di vita:
Pazza della cover del grande successo di Modugno “Meraviglioso”, performata dai Negramaro, e ancor meglio da me, aveva mostrato interesse per vari artisti di calibro internazionale ed evergreen italiani. Da Battisti a Bublè, da Renato Zero a Malika Ayane, ci aveva fatto intuire di essere una marmocchia dal palato musicale raffinato ma deciso.
- La defaillance del primo anno:
Può capitare che, sotto pressione per le nuove esperienze di vita quali i primi passi, un nano medio, dal medio quoziente d’intelligenza, possa avere una piccola defaillance. E in effetti, poco dopo aver compiuto l’anno, registravamo un episodio alquanto bizzarro. La Marmocchia, malferma sulle gambe, aveva preso a molleggiarsi sulle note di Gigi D’Agostino, scappate via dal maldestro armeggiare del Ninnatore su You tube. All’inizio c’era parso pure un po’ tenero questo suo modo di tenere il tempo, tanto da indurci a registrare un filmino di quelli che poi fai a vedere a nonno, nonna, zii tutti e al pescivendolo al mercato che una volta t’ha conservato il merluzzo migliore e tu ti sei scordata di passarlo a prendere. Così, tanto per farsi perdonare.
Ma quando al molleggiare delle gambe si è aggiunto il ritmo di testa e il movimento di spalla, abbiamo spento la musica e osservato un minuto di silenzio per il suo buon gusto musicale, ormai defunto per sempre.
E da qui, amici miei, è iniziata la rovina. La tamarraggine si è impossessata di lei finchè, alla tenera età di due anni e mezzo, l’abbiamo vista togliersi il peso di un’amara confessione:
“Mamma, papà, a me piaze Checco Zalone!”
“Ma come, nana? Vuoi dire che ti è simpatico?”
“No, no, mi piaze ploplio”.
E capirete bene che per una come me, che ha come ideale di perfezione musicale il giusto mix tra il talento di Lauryn Hill, la raffinatezza di Erykah Badu e la grinta rockettara della Nannini, convivere con una che canta da mattina a sera “Fazzo la pipì, fazzo la pupù“, no, non è facile per niente.