Breve intervista alla Spagna arrabbiata

Creato il 23 novembre 2012 da Ilnazionale @ilNazionale

23 NOVEMBRE – La paciencia ya se ha agotado. La pazienza è esaurita. Gridano così i cartelli e gli striscioni della Spagna livida e furibonda. Il 78% del Paese , così riferiscono i dati dei sindacati, è sceso in piazza contro i suoi ladrones nella giornata del 14 novembre scorso. Ed è proprio dalla rabbia iberica che è nata l’idea di questo primissimo sciopero europeo che ha coinvolto le piazze belghe come quelle lituane.  La città eterna come Berlino. I perché e i come di questo primo sciopero targato Europa li abbiamo chiesti alla spagnola Sira Rego, Consigliera del Comune di Rivas Vacia, membro del Partido Comunista de España, PCE.

  •  Contro cosa manifestavate nella giornata del  14 novembre?

Contro la politica dei tagli del governo imposta dalla Troika [delegazione formata dagli emissari della BCE, del FMI e dell'UE ndr] e messa in atto dal governo di Rajoy .

  • La manifestazione del 14 è il secondo sciopero generale della Spagna durante l’esecutivo di Rajoy. Il Paese sta avendo un ripensamento circa il voto dato?

Il fatto di aver vinto le elezioni non è un assegno in bianco per Rajoy. Si sperava che le sue manovre andassero a chiudere un processo politico di tagli che è iniziato con il precedente partito socialista. Ma ciò non si è verificato. La gente non ha altro meccanismo per revocare chi ha una carica pubblica e quindi manifesta per le strade per dire che questo non è quello che vuole e soprattutto quello che l’attuale premier aveva promesso prima della candidatura.

  • La violenza ha contraddistinto anche questo sciopero con un bilancio di 155 arrestati e 77 feriti . Essendo stata presente anche nella precedente manifestazione del 25 settembre, è forse ormai sentita come garanzia di efficacia?

La violenza è stata attuata da persone marginali. Io non credo che sia una prerogativa essenziale per attuare un processo di disobbedienza civile, credo che si debba scendere in piazza in modo pacifico. Credo, inoltre,  che la violenza del 14 sia stata inizialmente mandata avanti dalle forze dell’ordine e da alcuni loro infiltrati  che hanno iniziato a provocare momenti di tensione tra gli stessi manifestanti. Ancor più del 14 novembre ricordiamo la violenza del 25 settembre. Fu molto, molto, molto violento, perché la polizia entrò da tutte le parti, nei bar per tirar fuori persone, nelle metro, nelle stazioni, attaccò anziani, giovani, madri con figli. Da parte dei manifestanti non c’era stato nulla per provocare una risposta di quella natura . Questo si vede chiaramente nelle riprese e nelle immagini di quella giornata. Il giorno dopo la polizia non si è scusata, ma in compenso è stata decorata per il lavoro realizzato.Le azioni violente non sono proprie dei manifestanti: nessuno scende in piazza per picchiare ed essere picchiato.

  • Un disoccupato su 4. Quali sono le colpe del governo Zapatero?

La colpa del governo precedente e di quello attuale consiste nell’ appoggio dato alla corrente degli interessi della Troika in Spagna. Hanno insomma sottomesso la terra spagnola ai voleri della troika e questo è di una gravità senza precedenti.

Stiamo pagando non il debito che hanno contratto i cittadini, bensì un debito pubblico contratto dalle banche. Noi, prima, abbiamo sofferto l’estorsione da parte del sistema bancario, che ci ha imposto le sue condizioni fraudolente per darci prestiti, e ora dobbiamo anche pagare, pagare i nostri prestiti  e pagare il debito che loro hanno generato. E il governo del nostro Paese, prima quello di Zapatero e ora quello di Rajoy, al posto di lavorare per gli Spagnoli lavora per le banche europee.

  • Il vostro gruppo Izquierda Unida ( legato al PCE spagnolo) in che modo ha organizzato/preso parte alla manifestazione? Con quali rivendicazioni?

Noi siamo un movimento politico e sociale, con un profilo politico cerchiamo di dare concretizzazione alla domande dei sindacati in un vero programma politico con una serie di idee politiche. Noi abbiamo appoggiato questo sciopero, abbiamo lavorato con il nostro gruppo, abbiamo organizzato la gente, abbiamo detto alla gente di mettersi a lavorare con ogni sindacato presente in ogni paese.

Le nostre rivendicazioni sono molto chiare; la prima è annullare il debito illegittimo. In secondo luogo rivendicare lo stato sociale, chiedere una banca pubblica e rivendicare un sistema fiscale molto più progressista e molto più distributivo. Sappiamo perfettamente che i tagli non sono accettabili, sappiamo che stiamo lavorando per soddisfare gli interessi delle banche e questo ci sembra del tutto inaccettabile. Sappiamo che ci sono altri modi per uscire dalla crisi.

  • Siete scesi in piazza principalmente contro le misure di Austerity di stampo tedesco. Che alternative anti-crisi proponete?

Noi riteniamo che, più che tagliare, quello che bisogna fare sia investire. Investire significa non generare domanda da parte delle banche. Noi pianifichiamo di non pagare il debito non contratto per cui illegittimo, e con questo di alleggerire notevolmente il carico degli interessi che vanno nel pagamento del debito, cosi facendo si potrebbe mantenere un certo stato sociale. Noi abbiamo chiaro che c’è bisogno di investire in costi pubblici e servizi sociali. Inoltre pensiamo che la casa, la vivienda, non debba essere un lusso ma bensì un diritto. Riteniamo che la costituzione del ’78 non sia più valida. Quasi come un foglio bagnato. Bisogna lottare per avere un nuovo processo costituente per poter pianificare una nuova costituzione.

  • Due strade si tracciano per venire a capo del problema in senso lato. L’uscita dall’UE e dalla zona euro è una. La seconda strada potrebbe essere il ripensamento totale dell’UE, che eviti l’egemonia di uno stato sugli altri o che colmi le spaccature economiche, e non solo, che oggi dividono l’Europa del sud da quella del nord. Una Unione Europea che si proponga insomma come organismo sovranazionale con un bilancio “totale” che sommi i bilanci dei singoli stati e che proponga sul mercato dei titoli Europei (e non più spagnoli, italiani o francesi). Scegliendo di imitare il modello di stato federalista americano pur preservando, chiaramente, le singole identità nazionali. In questo modo, forse, sarebbe possibile ovattare ed evitare altre eventuali crisi interne. Cosa pensate in merito?

Credo che la seconda sia una soluzione interessante. Ritengo che la sinistra europea di tutti i Paesi tenga a mente la questione del federalismo europeo. Il fatto che ci siano differenze e situazioni disomogenee all’interno dell’UE é segno che gli interessi che essa articola sono solo legati al capitalismo. La domanda è questa: si può creare un nuovo modello europeo? La risposta è sì. Il capitalismo, come possiamo vedere, sta creando differenze territoriali, sostanziali nella vita reale. Il problema è che, in un contesto capitalista, non ci sono possibilità di costruire un alternativo modello europeo, questo sarebbe possibile con un altro tipo di sistema. Quella di oggi è un’Europa del capitale, dove si lascia senza minima copertura tutto quello che investe il sociale. Per cui, sarebbe bello avere un modello d’ Europa nuovo? Si, e questo è il nostro lavoro, è la nostra lotta, è la nostra idea, però in un marchio economico totalmente diverso.

Se la Germania ritiene di dover espellere la Spagna dall’UE, nel caso in cui si rifiuti di pagare il debito, che lo faccia pure. Alla fine a perderci è tutta la locomotiva europea e non solo il vagone lasciato indietro, Spagna o Grecia che sia.

Miryam Scandola

[Si ringrazia per la collaborazione Sara Aiello]


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