Questo periodo storico sta facendo venire a galla tante belle cose. Stereotipi, schemi mentali, pregiudizi, irrazionalità nelle opinioni, stupidaggine vera e propria. Per non parlare di ipocrisia, arrivismo, cinismo e volgarità. Ne trovo di più tra la gente laureata, cosiddetta “colta” e “intellettuale”, che non tra la gente terra-terra, che non legge, non scrive, non si informa. Almeno i secondi sono terra-terra, e quindi hanno l’umiltà di fare i conti con la terra, la realtà. Hanno gli occhi più aperti. Percepiscono meglio i limiti e le necessità, gli scontri inevitabili tra volere e potere, il peso delle contingenze spazio-temporali, tutte le cose che-non-ci-possiamo-fare-niente. Ne hanno più rispetto.
I primi, invece, in virtù di diritti e status sociali totalmente artefatti (e ormai superati), generalmente vagano nell’iperspazio della presunzione, ben difesi dentro i loro scafandri di nozioni e immotivati complessi di superiorità. Con conseguenze disastrose.
Hanno gli occhi tappati, infatti, il cervello spento. Sono sclerotizzati nei sensi e nella ragione, e non imparano mai niente, perchè hanno perso l’umiltà del “devo conoscere”, sostituita dall’autocontemplazione narcisistica del “già conosco”. Non hanno nessuna empatia verso l’altro da sè, non hanno rispetto dell’esistente.
Una buona parte dei cosiddetti “intellettuali” attuali, in virtù di diritti e status social totalmente artefatti (e ormai superati), sono la negazione perfetta di ogni tipo di conoscenza, curiosità, cultura e valore umano-intellettuale.