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Breve storia dell’arte moderna – Jean Clair

Creato il 20 marzo 2013 da Amalia Temperini @kealia81

Già dal titolo è possibile capire il tema portante del piccolo volume. Per la sua introduzione vorrei però specificare che esso nasce da un’intervista realizzata da Thierry Naudin a Jean Clair, pubblicata sulla rivista francese “Passage” nel 2000, è divenuta in Italia un piccolo saggio di circa trentacinque pagine introdotto sul mercato da Skirà (2011).

Mi diverto a capire la logica dei suoi pensieri: egli è un noto critico d’arte, curatore e pensatore, i cui punti di vista sono spesso illuminanti. Se volessimo raccogliere l’idea di base che nutre questo libricino dalla copertina verde, ci dovremmo collocare in un punto preciso della storia. In particolar modo egli gioca a sposare i periodi. Quello che voglio dire è che, sebbene alcuni studiosi abbiano ricostruito i fatti focalizzando un arco temporale marcato da una scansione che va dal 1914 al 1991 – cioè dalla prima guerra mondiale fino alla caduta del potere sovietico (Il secolo Breve – Eric Hobsbawm) – Clair, si sofferma e dice che tale rappresentazione non può essere valida per la storia dell’arte, in particolar modo se si vuole definire la sua “modernità”. In quest’ultimo ambito, la temporalità è differente, e si collocherebbe dal 1905 al 1968 – 70, spiegandone in poche righe i motivi.

Ciò che cambia è il ruolo dell’opera d’arte e la sua funzione assunta da chi l’ha pensata. Un oggetto, un quadro, una scultura o un video, diventano sistemi aperti, mai terminati, in grado di essere sempre riproposti e mai compiuti, dando così adito solo alla spocchia egocentrica di chi lo ha  partorito, annullando quei processi creativi sviluppati e maturati in sperimentazioni avviate nei secoli precedenti, da quei grandi nomi che conosciamo tutti.

La radicalità di Clair sta nell’ammettere che oggi l’arte è il risultato ottenuto da scarti di saperi di pensiero. Trasformando tutto in un bricolage dispersivo, le cui basi sono state costruite senza fondamenta. Produrre diventa così il sostitutivo di creare. Chi si approccia all’artigianalità del fare diventa solo una vittima, fagocitata da logiche commerciali e da strategie di marketing che non lo porteranno da nessuna parte. Definisce anche  i giovani artisti  ”amnesiaci”: vittime del loro stesso tempo, i cui  riferimenti si trovano al massimo in Andy Warhol o Joseph Beuys.

Negli anni settanta terminano le avanguardie e subentra il postmodernismo, ma per lui finirebbe proprio il XX secolo.

Sono gli anni in cui muore Marcel Duchamp (1887 – 1968), gli stessi in cui a quest’ultimo viene riconosciuta la paternità dell’arte concettuale. L’Artista che – secondo i più – avrebbe dato origine all’archetipo “tutto è arte” con la semplice logica del ready-made. Quello a cui – erroneamente – è stato affibbiata la nozione che un qualcosa acquisisce valore trasformandolo in altro solo perché unto da chi ha partorito l’idea.
Sembra così di capire che per Clair, Duchamp, sia stato solo una vittima di un pensiero banale, che ha ridotto le sue abilità intellettive di netto, portando la sua estetica del gusto a un’etica del disgusto.

Vi consiglio di leggerlo poiché possono venir fuori altri mille spunti di ragionamento.

Breve storia dell’arte moderna – Jean Clair


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