Charles Dickens, la nebbia, Sherlock Holmes, l’India misteriosa, Jack lo Squartatore, i Preraffaelliti, Oscar Wilde e naturalmente lei, la Regina Vittoria (1819-1901) che con il suo regno le ha dato il nome, l’epoca vittoriana si estende per il lungo periodo che va dal 1837 al 1901.
Charles Dickens, photograph by Herbert Watkins, 19th century ©Victoria and Albert Museum
Fu un’epoca d’oro per la Gran Bretagna, ma anche un periodo permeato dal dubbio e da una profonda da crisi spirituale. Eliminando la mano di Dio dalla creazione dell’universo, un libro come L’origine delle specie di Charles Darwin (1859) getta nel panico ogni area della vita intellettuale vittoriana. A questo si aggiunge l’espansione a ritmo serrato delle città e la conseguente rottura delle vecchie gerarchie, che porta ad una segregazione sociale sconosciuta persino al Medioevo.
Come spesso accade in periodi di crisi, la gente cerca risposte nella religione (il Cattolicesimo in questo periodo ha un ritorno di fiamma), nella scienza e nella storia – un malessere spirituale che le ferrovie e il telegrafo aiutano ad espandersi anche agli angoli più remoti della Gran Bretagna… Ma cambiamenti di questa portata, lungi dal stimolare l’interesse per il nuovo, hanno l’effetto opposto di alimentare l’amore per il passato. Traumatizzata dal presente, la società vittoriana si rivolge alla storia come mai era accaduto prima.
Colpa di Walter Scott e del suo Ivahoe (1819) che per primo portó il Medioevo nell’XIX secolo. Il Gotico era stato rispolverato e riutilizzato già dalla metà del XVIII secolo da alcuni isolati ed eccentrici personaggi con un’interesse nella storia e nall’araldica che amavano archi ad ogiva e vetrate dipinte, come Horace Walpole per esempio, che trasforma la sua villa di Strawberry Hill in un piccolo castello gotico, o Archibald William Montgomerie, XIII conte di Eglinton che nel 1839 organizza un vero e proprio torneo medievale nel suo castello scozzese di Eglinton – torneo a cui prese parte persino principe Luigi Napoleone (il futuro Napoleone III). Durante il regno della Regina Vittoria il Gothic Revival va a coprire ogni forma di espressione artistica, dall’architterura alla letteratura alle arti visive, grazie soprattutto a personaggi come il grande critico John Ruskin (1819-1900) che vede nello stile Gotico l’incarnazione di un’epoca profondamente religiosa e morale, e dell’architetto A. W. N. Pugin (1812-1852) responsabile con Charles Barry della ricostruzione in stile neogotico del Palazzo di Westminter, sede del Parlamento dal XIII secolo e distrutto da un incendio nel 1834.
Quella vittoriana fu anche la prima epoca di “cultura di massa.” Il ruolo della nobiltà come promotrice di cultura e committenza era finito e, complice l’avvento della stampa a basso costo, negli anni Trenta e Quaranta del XIX secolo si assiste ad un nuovo impulso di diffusione di una cultura comune. Drammatici eventi passati diventano il soggetto dei quadri della Royal Academy e delle illustrazioni di libri e riviste e quando Hampton Court e la Torre di Londra sono aperti al pubblico, le epoche Tudor e Stuart diventano protagoniste. La pittura è dominata dai Preraffaelliti di Dante Gabriel Rosseti e compagni, mentre mostre pubbliche come la Summer Exhibition attirano folle assetate di cultura. Nasce il turismo culturale e più che mai la gente si dedica alla visita di musei e mostre d’arte.
Uno dei motivi dell’aumento delle attività culturali fu, oltre all’aspirazione a migliorarsi tipicamente borghese, anche l’allargamento dell’alfabetizzazione promossa dal Library Act del 1850 che diede il potere alle autorità di quartiere di finanziare le biblioteche pubbliche finalizzate al prestito. Con la crescente passione per la lettura, nel XIX secolo il romanzo non è più relegato al ruolo di passatempo per donne (Jane Austen non ascoltare!) o per scrittori disoccupati, ma una vera e propria carriera per personaggi come William Makepeace Thackeray, le sorelle Brontë, e soprattutto lui, Charles Dickens (1812-1870) che giganteggia su tutti gli altri. I suoi romanzi sono un susseguirsi di graffianti denunce della società in cui vive – dalla povertà al lavoro minorile, dalla prostituzione al sovraffollamento. Ma è soprattutto Londra che con Dickens diventa protagonista, e ancora oggi è quasi impossibile dissociare la Capitale dalle descrizioni di colui che l’ha tanto amata.
View of Crystal Palace, John Absolon, 1851 ©Victoria and Albert Museum
Con la Nazione che entra in una nuova era, diventano necessari nuovi edifici – stazioni ferroviarie, uffici pubblici, compagnie di assicurazione, banche e fabbriche. Eroe del periodo è Isambard Kingdom Brunel (1806-1859) che crea gloriose opere pubbliche come ponti e navi e quelle meraviglie architettoniche che sono la galleria sotto il Tamigi e la stazione di Paddinton. Nuove statue occorrono per decorare questi nuovi edifici e lo Stato diventa con Albert e Victoria il portabandiera della scultura britannica. E nell’epoca vittoriana, la scultura è ovunque: da un capo all’altro dell’Impero i monumenti si moltiplicano e il volto della regina, di generali, statisti, politici e varie figure pubbliche, proiettano un’immagine di unità e di impegno reciproco volta ad attutire qualsiasi resistenza culturale. Non sorprende pertanto che la scultura abbia avuto un ruolo di rilievo nella Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations, la Grande esposizione universale di Londra, la prima di questo tipo. Voluta dal Principe Alberto per promuovere e celebrare le moderne tecniche industriali, si tenne nel 1851 in Hyde Park, nello splendido edificio in ferro e vetro costruito da Joseph Paxon, il Crystal Palace, smantellato al termine dell’esposizione e poi trasferito a Sydenham, al Sud di Londra dove rimase fino al 1936, quando fu distrutto da un incendio. L’esposizione fu visitata da oltre sei milioni di persone in sei mesi e gran parte degli oggetti in essa contenuti andarono a formare l’embrione delle collezioni di quello che è ora il Victoria and Albert Museum.
L’evoluzione della scienza fece sì che gli scultori potessero lavorare con materiali mai utilizzati prima e produrre in massa versioni più piccole di sculture famose, rendendo così la scultura più commerciale e accessibile, come spiega la mostra Sculpture Victorious a Tate Britain dove, tra le varie eccentricità vittoriane in mostra si trova anche un’elefante di ceramica alto 2m prodotto dalla ditta Minton Ltd, un capolavoro di artigianato, anche se difficilmente un oggetto adatto alle abitazioni moderne…
Ma l’arte visiva che più di tutte rappresenta gli avanzamenti scientifici dell’epoca vittoriana è la fotografia. Fu Henri Fox Talbolt che nel 1835 inventò la fotografia su carta salata oggetto di Salt and Silver: Early Photography 1840-1860, anch’essa a Tate Britain.
Con la strada spianata da Talbot, i primi fotografi si buttano a capofitto in questa nuova arte, immortalando persone, paesaggi e la nuova architettura industriale vittoriana con la stessa cura e con lo stesso entusiasmo con cui fotografano il Partenone. Promossa e resa popolare dal Principe Alberto negli anni Cinquanta dell’Ottocento, la fotografia diventa in pochi anni la forma di cultura di massa che tutti conosciamo.
Con la morte della Regina Vittoria il 22 gennaio 1901 all’età di ottantuno anni si chiude di un’epoca di grande stabilità economica, ma anche di grandi contrasti sociali e di esagerato moralismo. Non sorprende pertanto che con l’ascesa al trono del Principe del Galles, il godereccio Edoardo VII allora già sessantenne e ansioso di rifarsi del tempo perduto, l’Inghilterra entri di prepotenza nel mondo della Belle Époque. Ma questa, ancora una volta, è un’altra storia.
Paola Cacciari
Pubblicato su Londonita
Tate Britain, Millbank, London SW1P 4RG
tate.org.uk
fino al 25 Maggio 2015: Sculpture Victorious; fino al 7 Giugno 2015: Salt and Silver: Early Photography 1840 – 1860
Victoria and Albert Museum, Cromwell Road, London SW7 2RL