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Brevi discorsi sulla violenza con gli uomini schifosi di David Foster Wallace

Creato il 12 maggio 2014 da Chronicles From The Holocene @holojay

Brevi discorsi sulla violenza con gli uomini schifosi di David Foster Wallace

Hockney, A Bigger Splash


Brevi interviste con uomini schifosi è una raccolta di scritti di David Foster Wallace. Interviste immaginarie in cui lo scrittore americano si immerge nella psiche di uomini definiti schifosi, che sono le voci di chi sta ai margini, di esseri laidi ed odiosi, che rendono un' immediata e vivida rappresentazione di pensieri che tormentano, scandalizzano e disgustano. Con il proprio aspetto e comportamento essi impersonano, in qualche modo, il motivo per cui la società li considera riprovevoli, ma e sta qui l'amarezza, non sono poi così lontani da coloro che per loro provano repulsione, perché lo stesso vizio, in qualche forma, è in ognuno di noi. Perché essi sono pur sempre uomini. Per spiegarmi, riporto alcuni stralci dell'intervista numero 46, che personalmente mi ha molto colpito, tanto da spingermi a scrivere tutto questo. L'intervista è strutturata in modo da includere solo le risposte, e analizza il concetto di violenza e l'impatto che questa ha sulle persone, di come rimodula la percezione di sè e il concetto di dolore estremo, che spesso sentiamo descrivere, ma che nessuno di noi prova davvero:
- Io dico solo che… oppure prendi l’Olocausto. Che, l’Olocausto è stata una buona cosa? Macché. Qualcuno pensa che è un bene che c’è stato? Macché. Ma l’hai mai letto Viktor Frankl? Alla ricerca di un significato della vita di Viktor Frankl? E un libro davvero fantastico. Frankl è stato in un campo di concentramento durante l’Olocausto e il libro nasce da quell’esperienza, parla della sua espe­rienza del Lato Oscuro dell’uomo e di come lui ha conser­vato la sua identità di uomo malgrado l’abbrutimento e la violenza dei campi di concentramento e di come ha do­vuto subire la completa estirpazione dell’identità. E un li­bro davvero straordinario e adesso pensaci, se non ci fosse stata una cosa come l’Olocausto non ci sarebbe un libro co­me Alla ricerca di un significato della vita.

"L'intervistato" arriva diretto al punto: quello, cioè, di cercare di evitare il ricorso a discorsi stereotipati in fatto di violenza e dolore, cosa che, purtroppo, troppo spesso accade. Ad esempio quando si sente parlare di episodi di assurda brutalità, come omicidi, torture, sevizie, maltrattamenti, e a cui rispondiamo sfornando nuove leggi e mai interrogandoci più a fondo sulla natura del problema:
- Io cercavo di dire solo che bisogna stare attenti ad as­sumere un atteggiamento stereotipato sulla violenza e l’ab­brutimento anche nel caso delle donne. Avere un atteggia­mento stereotipato nei confronti di qualsiasi cosa è un gran­de errore, questo dico. Ma dico specialmente nel caso del­le donne, dove si va ad aggiungere a questo limitatissimo condiscendente fatto di dire che sono oggetti fragili o de­licati e le puoi distruggere come niente. Manco le doves­simo avvolgere nella bambagia e proteggerle come chissà che. Questo è stereotipato e condiscendente. Io parlo di di­gnità e rispetto, non di trattarle come se fossero bambolette fragili o che so io. Succede a tutti di venire feriti e oltrag­giati e spezzati, che hanno le donne di tanto speciale ?

E poi arriva inaspettata la provocazione, d'altronde l'intervistato è un uomo schifoso:
- Io dico solo chi siamo noi per dire che subire un ince­sto o un abuso o una violenza o una qualunque di queste cose alla lunga non può avere anche i suoi lati positivi per un essere umano. Non dico mica che è necessariamente ve­ro ogni volta, ma chi siamo noi per dire in modo stereoti­pato che non è mai vero ? Non dico mica che uno deve per forza farsi stuprare o violentare, né che non è una cosa as­solutamente orribile e negativa e sbagliata mentre succe­de, e che scherziamo? Nessuno lo dovrebbe mai dire. Ma questo mentre succede. Lo stupro o la violenza o l’incesto o l’abuso, mentre succede. E che mi dici di dopo ? Che mi dici dell’insieme, che mi dici del quadro più vasto che do­po lei ha di come la sua mente fa i conti con quanto è suc­cesso, si regola per farci i conti, di come quanto è succes­so diventa parte della sua persona ? Io dico solo che non è impossibile che in certi casi ti possa arricchire. Renderti più di quanto eri prima. Più simile a un essere umano com­pleto. Come Viktor Frankl. O quel vecchio detto che fa: quello che non ti uccide ti rende più forte. Secondo te chiunque l’abbia detto approvava lo stupro di una donna? Macché. E solo che non ragionava per stereotipi.

Quante volte, in tv o da qualunque parte ascoltiamo o leggiamo discorsi sulle tragedie. Quante volte l'orrore viene spiegato utilizzando frasi banali, che ne riducono la portata e la comprensione. Quante volte diventano episodi vuoti di cui siamo banali spettatori? Ma la realtà della tragedia è diversa, cosa provano davvero le vittime di una brutalità? Ad esempio di uno stupro? E' una cosa che si può immaginare? Cosa si prova dopo?
- Io non dico che le vittime non esistono. Io dico solo che certe volte tendiamo ad avere il paraocchi sull’infinità di co­se che contribuiscono a rendere qualcuno quello che è. Di­co solo che diventiamo cosi stereotipati e condiscendenti sui diritti e l’assoluta correttezza e la protezione delle persone che non ci fermiamo a ricordare che nessuno è soltanto vit­tima e niente è soltanto negativo e soltanto scorretto… qua­si niente lo è. Io dico… come sia possibile che anche le cose peggiori che ti possono capitare finiscono magari col diven­tare fattori positivi per la persona che sei.[..]Ma cerchiamo di vede­re in prospettiva un paio di cose. Una è che dopo lei sa qual­cosa sul proprio conto che prima non sapeva.
- Quello che sa è che la cosa in assoluto più umiliante che poteva anche solo lontanamente immaginare succedesse a lei ora le è successa per davvero. E lei è sopravvissuta. E anco­ra qui. Non dico che è elettrizzata, non dico che la cosa la elettrizza o che si sente in gran forma o che fa i salti di gioia per quanto le è successo, ma è ancora qui, e lo sa, e adesso sa qualcosa. Voglio dire sa per davvero. Ora l’idea che ha di se stessa e di cosa è capace di sopportare eppure sopravvive­re è più grande. Ampliata, più vasta, più profonda. Lei è più forte di quanto in fondo non pensasse, e adesso lo sa, sa di essere forte in modo completamente diverso da come lo sai soltanto perché te lo dicono i tuoi o qualche oratore a un’as­semblea della scuola non fa che ripeterti in continuazione che sei Qualcuno che sei Forte. 

Sull'esperienza del dolore come arricchimento, come prova per superare i propri limiti, per capire davvero cosa può essere la sofferenza. Sembra incredibile, a tratti ridicolo, ma se invece fosse davvero successo? Se ci fosse qualcuno, la cui vita momentaneamente distrutta da un'esperienza di violenza, ad esempio, mettiamo uno stupro collettivo, ne uscisse alla fine arricchita, capendo quanto la vita è un dono, capendo cos'è veramente un essere umano?
- Di vederti come una cosa, sono capaci di vederti come una cosa. Lo sai che vuol dire? E spaventoso, noi sappiamo quant’è spaventosa come idea, e che è sbagliato, e ci credia­mo di sapere tutte queste cose sui diritti umani e la dignità umana e quant’è terribile privare qualcuno della propria uma­nità di quella che noi chiamiamo l’umanità di qualcuno, ma metti che succede a te, allora si che lo sai per davvero. 
E come Viktor Frankl che nel suo libro dice che quando hai toccato il fondo nel campo di con­centramento durante l’Olocausto, quando sei privato della libertà e dell’intimità e della dignità perché sei nudo in un campo pieno di gente e devi andare in bagno davanti a tut­ti perché una cosa come l’intimità non esiste più, e tua mo­glie è morta e i tuoi figli sono morti a poco a poco di fame mentre tu stavi a guardare e non hai né cibo né riscaldamen­to né coperte e ti trattano come i topi perché per loro sei dav­vero come i topi non sei un essere umano, e ti vengono a prendere e ti portano dentro per torturarti, una tortura scien­tifica cosi ti dimostrano che ti possono privare perfino del corpo, il tuo corpo non è nemmeno più te è il nemico è que­sta cosa che adoperano per torturarti perché per loro è solo una cosa e ci fanno gli esperimenti di laboratorio, non è nem­meno sadismo non sono sadici perché per loro non è un es­sere umano quello che torturano… che quando tutto quello che ha un vago legame con il te che credi di essere viene strap­pato via e ora non rimane altro che: cosa, cosa rimane, è ri­masto qualcosa? Sei ancora vivo perciò quello che rimane sei tu? Cos’è? Cosa vuol dire tu adesso? Capisci è questo il gran momento, quando scopri quello che sei perfino per te stes­so. Cosa che la maggior parte delle persone con tanto di di­gnità e umanità e diritti e compagnia bella non verrà mai a sapere. Quello che è possibile. Che niente è automaticamente sacro. E di questo che parla Frankl. Che è attraverso la sofferenza e il terrore e il Lato Oscuro che quanto rimane esce allo scoperto, dopodichésai.

Quindi ora puoi scegliere, perché sai cosa vuol dire essere privato di ogni cosa, di ogni diritto e dignità, puoi scegliere con maggiore consapevolezza di essere umano, di fare quello che fai, di vivere come vivi.

- Sono calmo, non preoccuparti per me. E come la cosa di Frankl di imparare che non è automatico, come è una que­stione di scelta essere un essere umano con dei diritti sacro­santi invece di una cosa o un topo e la maggior parte delle persone sono cosi compiaciute e stereotipate e sonnambule da non sapere nemmeno che è davvero una cosa che devi sce­gliere da solo che ha un significato solo quando tutto l’appa­rato e il materiale scenico che ti permettono di andartene in giro tutto compiaciuto credendo di non essere una cosa ven­gono strappati via e distrutti perché tutt’a un tratto ora il mondo ti considera come una cosa, tutti pensano che sei un topo o una cosa e ora tocca a te, sei tu l’unico a poter deci­dere se sei qualcosa di più. [..]

Decidere di pensare, agire, indignarti, emozionarti, creare, come un vero essere umano.
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