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Brevi risposte sul progetto politico di Thomas Sankara tratte dall'intervista della sociologa Patrizia Paoletti (anno 1986)

Creato il 01 novembre 2014 da Marianna06

 

 

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I miei studi-risponde Sankara a Patrizia Paoletti, nel corso di questa intervista – sono iniziati in Burkina Faso e poi proseguiti in istituti militari in Madagascar,in Marocco, in Francia.

 

Le religioni devono essere viste,a mio parere, come sistemi di pensiero e poi, in particolare, come valori universali cui gli uomini si rifanno. Non possiamo non accettarne l’esistenza in quanto esse, le religioni, a prescindere dalle differenze confessionali, sono importanti come fenomeno morale su cui  si fondano le società.

 

Il fallimento delle rivoluzioni dipende dal fatto che chi le capeggia desidera quasi sempre imporre le proprie idee a chi le rifiuta, per cui deluso e isolatosi, costui successivamente ricorre alla repressione. Anche l’applicazione di una giusta idea non è facile. Ecco allora spiegata la violenza, che spesso accompagna le rivoluzioni.

 

La positività della rivoluzione burkinabé sta che fintanto che è possibile spiegare alla gente, noi dobbiamo spiegare. Occorre discutere e dialogare. Le reazioni di dissenso ci possono essere ma vanno messe nel conto.

 

Dopo una presa di coscienza collettiva, che com’è naturale avverrà per gradi, arriveremo al pluralismo ideologico includente ovviamente quelli che sono gli obiettivi che tutti, quale società, intendiamo perseguire e raggiungere.

 

Il Consiglio Nazionale Rivoluzionario (CNR) nel rapporto con i privati non può che accettare quei capitali ,che da lì provengono. Il denaro va preso dove c’è. Ma il tutto deve essere gestito con accurato controllo, perché il profitto privato non deve andare a scapito degli interessi del popolo.

 

Sono da evitare le speculazioni, ad esempio,quelle dei privati.E questo avviene sovente nell’edilizia.

 

Stiamo cercando di attuare,semmai, un sistema di pianificazione politica globale,che tenga conto persino del più remoto villaggio rurale del Paese. Si consideri che il Burkina Faso è in effetti un paese agricolo al 90%. E questo avverrà grazie al Programma popolare di sviluppo (PPD), che ci dirà anche della più banale esigenza e/o richiesta del cittadino  o del contadino. Il Piano sarà governativo e popolare. Le due facce s’integreranno.

 

Quanto alla tradizione (i capi tradizionali ,per esempio), pur nel rispetto, non tutto può essere considerato in positivo. Ci sono ottime tradizioni ma altre devono essere ripudiate. Come il matrimonio combinato dal padre di famiglia di una figlia molto giovane con un uomo molto anziano. Matrimonio che è fatto solo per interesse economico.

 

L’imperialismo oggi non è più quello fatto con le armi e, dunque, con le invasioni degli eserciti occidentali ma quello che riguarda i cordoni della borsa. Ossia il famoso debito estero,di cui non è vittima nel mondo solo il Burkina Faso ma molti altri Paesi, che i burkinabé neanche conoscono.

Il mondo è diviso in chi è a favore dell’imperialismo, in quanto ne coglie tutti i benefici, e chi no. Quest’ultimo può essere lo scioperante, che non accetta affatto lo sfruttamento del padrone.

 

Per il nostro Paese abbiamo privilegiato attualmente lo sviluppo agricolo ma guardiamo con interesse anche a industrie di modeste proporzioni.  Ci piacerebbe puntare, ad esempio, sull’agro-alimentare. Chiediamo ai Paesi amici ma non siamo ancora sufficientemente ascoltati.

(adattamento da “Thomas Sankara- Una speranza recisa” ,Quaderni EMI-SUD )

 

               a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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