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Brian Selznick: La straordinaria invenzione di Hugo Cabret

Creato il 26 ottobre 2012 da Martinaframmartino

Brian Selznick: La straordinaria invenzione di Hugo CabretLa straordinaria invenzione di Hugo Cabret mi è stata regalato cinque anni fa, all’epoca della sua prima pubblicazione. Ricevuto il libro l’ho messo nell’armadietto al lavoro e me lo sono dimenticato sul posto, sommerso da una quantità di altre carte che si sono accumulate negli anni. Quando il film tratto da quel romanzo ha ricevuto le sue brave nomination agli Oscar l’ho ripescato da dove giaceva, l’ho portato a casa, messo su un ripiano della libreria (e ogni volta che devo fare spazio a un libro non è un’impresa da poco, tanto è vero che sistemo i libri solo quando ne ho accumulati in giro una decina) e dimenticato per la seconda volta. Fino a qualche giorno fa quando, per chissà quale alchimia, la mia mano si è protesa verso di lui e lo ha afferrato. Ora mi domando solo perché ho impiegato così tanto a decidermi a leggerlo.

A prima vista è un libro strano, in parte testo e in parte disegni. I disegni fanno parte della storia a pieno titolo, ogni poche pagine il testo scritto si interrompe su una scena che prevede delle azioni e la lettura prosegue con le immagini. La tecnica usata da Brian Selznick, quella di alternare due forme espressive, è insolita ma efficace. I testi sono forzatamente brevi, in alcuni casi sono limitati a poche righe e comunque non si tratta mai di troppe pagine consecutive. Stando così le cose lo scrittore si deve concentrare su dialoghi, ricordi, retroscena ed emozioni, lasciando in disparte la scena. L’azione è visiva, così come gli ambienti. Sono le illustrazioni a carboncino a piena pagina a mostrarci i luoghi, raramente descritti e sempre senza troppi dettagli, a darci l’atmosfera del racconto e a volte anche a suggerirci le emozioni dei personaggi. La scrittura è per forza incisiva e non raffinata, mentre i disegni sembrano a volte fotogrammi di un film, con personaggi in fuga mostrati in diversi luoghi o dettagli significativi del loro corpo che fanno percepire anche cose molto diverse fra loro, che siano l’affanno o una stupita curiosità. E il fatto che il libro sia un omaggio al cinema delle origini accentua l’impressione di avere di fronte frammenti di pellicola anche al di fuori di quei pochi fotogrammi reali che fanno parte della storia, di quella del cinema e di quella di Selznick.

La lettura è molto rapida, ma l’esperienza è insolita e affascinante. Qualcosa mi dice che prossimamente darò uno sguardo da vicino al secondo romanzo di Selznick, La stanza delle meraviglie



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