Il portavoce del Cremlino Dmitrj Peskov ha parlato di un semplice scambio di opinioni, però è un dato di fatto che la prima telefonata post – referendaria di Alexsis Tsipras è stata con Vladimir Putin, non certo il primo che capita, peraltro in una giornata in cui in Grecia si dimetteva il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis e in Russia si apriva il Consiglio Economico dei Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Tre eventi che, pur lontani tra loro, con tutta probabilità si sono intrecciati. Andiamo con ordine. All’indomani del trionfo al referendum sul debito, il day after di Atene è iniziato con il tweet del ministro Varoufakis, in cui annunciava a sorpresa le proprie dimissioni: «Me ne vado per aiutare Tsipras» scriveva laconico l’eccentrico Yanis, protagonista degli ultimi mesi di trattativa con le sue entrate a gamba tesa e con le sue camicie naif.
Una decisione inattesa, ma evidentemente non da Tsipras, che è ha accolto l’annuncio senza mostrare particolari emozioni. Lo sapeva già – si dirà – ed evidentemente è così. Forse però il premier greco non ha trovato il tempo per scrivere l’epitaffio (politico) a Varoufakis perchè era impegnato a conversare con Putin: sempre secondo il buon Peskov, il leader russo avrebbe soltanto espresso sostegno al popolo greco in questa cruciale fase storica e si sarebbe confrontato con Tsipras sugli sviluppi della cooperazione russo-greca, senza affrontare minimamente il tema degli aiuti finanziari.
Naturalmente, questi fitti contatti nel momento in cui la permanenza della Grecia nell’Euro (e forse nella stessa Ue) è un’incognita non potevano non dare adito a teoremi e congetture più o meno fantasiose, anche alla luce delle dichiarazioni immediatamente successive ai risultati del referendum rilasciate dal viceministro delle Finanze russo Likhacëv, che domenica sera dava per quasi certa l’uscita di Atene dall’Eurozona.
Per questo, per l’intera giornata di lunedì dalla Russia sono arrivate smentite su smentite sul possibile interesse di Tsipras ad avvicinarsi ai capitali della neonata Banca dei BRICS. Il Cremlino ha respinto le ipotesi secondo cui la non prevista telefonata tra Putin e il Direttore del Fmi Christine Lagarde avesse come oggetto gli aiuti russi ad Atene («Hanno solo commentato gli esiti del referendum», ha glissato Peskov), come pure il consigliere presidenziale Jurij Ushakov ha escluso un allargamento del BRICS ad altre nazioni, «almeno per ora».
“Per ora” rappresenta un dire-e-non-dire che lascia intendere che l’invito russo ad Atene ad entrare a far parte della New Development Bank dei BRICS è sempre valido: non a caso, mentre ieri il ministro dello Sviluppo Economico Aleksej Uljukaev affermava che la Grecia “per ora” non diverrà nuovo membro del BRICS, quasi all’unisono il ministro delle Finanze Siluanov annunciava che i BRICS investiranno in progetti di sviluppo anche in nazioni non facenti parte dell’Organizzazione, “inclusa la Grecia”.
Il BRICS è stato una presenza costante nella politica greca degli ultimi mesi, divenuta in queste settimane il deus ex machina negli eventi più recenti: dalla convocazione del referendum sul debito Ue fino alle dimissioni di Varoufakis. Già perchè anche nelle dimissioni di Varoufakis potrebbe entrarci il BRICS. Secondo Frederick William Engdhal, giornalista e analista politico, dopo il suo viaggio a Mosca dello scorso mese Tsipras avrebbe espresso a Varoufakis l’intenzione di richiedere una linea di credito alla New Development Bank, con l’obiettivo di avviare – come più volte annunciato durante la campagna elettorale – una politica di risanamento senza dover necessariamente richiedere ulteriori sacrifici al popolo greco. Ma a sorpresa, l’ex ministro delle Finanze avrebbe sollevato numerose perplessità a proposito dell’idea del premier, dichiarandosi di fatto contrario a una mossa economicamente vantaggiosa ma ricca d’incognite dal punto di vista delle relazioni internazionali di Atene, poichè avrebbe rischiato (e rischia tutt’ora) di incrinare ulteriormente i già pessimi rapporti con Bruxelles, ma anche con gli alleati della NATO e con gli Stati Uniti.
Di fatto, tra Tsipras il “falco” e Varoufakis – in un inedito ruolo di “colomba” – da allora si sarebbe aperta una frattura, divenuta insanabile con il passare delle settimane, ma tenuta nascosta per non influire sulla imminente consultazione referendaria, fino al clamoroso “divorzio” politico del day after greco.