Magazine Politica Internazionale

BRICS: più di una semplice idea?

Creato il 22 agosto 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
BRICS: più di una semplice idea?

Quando una banca investitrice americana ha coniato l’acronimo “BRIC” nel 2001, pochi si sono interessati. La Russia era stata dimenticata dopo la sua esperienza pre-morte degli anni ’90. La Cina stava iniziando a decollare nel sistema del commercio mondiale. L’India non aveva ancora mostrato la sua lucentezza. L’economia politica internazionale lavora in modi misteriosi, e la fase finale del boom della globalizzazione di inizio anni 2000 era cresciuta vertiginosamente, spingendo queste nazioni alla ribalta. 

Ma è stata la turbolenza geopolitica globale a spingere la Russia a prendere l’iniziativa. Nel settembre 2006 furono indette molte riunioni di alto livello tra gli stati BRIC a New York. Lo shock economico globale del 2008 aveva riportato in agenda delle domande sulla governance. I “poteri ri-emergenti” avevano cercato di portare avanti un’immagine multipla e una soluzione sostenibile ai problemi globali. Nel 2009, i BRIC hanno tenuto il loro primo summit a Yekaterinburg, e da allora ne hanno tenuto uno ogni anno, con l’ultimo summit ospitato da un nuovo membro, il Sud Africa, nel marzo 2013.

Come network transcontinentale, i BRICS hanno innescato un processo in cui potranno emergere come una voce prudente e credibile nella prossima decade, potenzialmente turbolenta. E’ difficile predire dove stanno andando i BRICS, visto che gli eventi globali daranno via via forma alle opportunità per i BRICS di fare interventi pratici e normativi su problemi globali. I recenti commenti del Presidente Russo Vladimir Putin, esemplificano il ruolo e l’immagine di sé che vogliono dare i BRICS: “Non vediamo i BRICS come rivali geopolitici degli stati occidentali o delle loro organizzazioni. Al contrario, siamo aperti alle discussioni con chiunque sia interessato come parte del modello mondiale comune multi-polare.”

Mentre tutti i membri dei BRICS credono che l’attuale ordine mondiale sia “obsoleto”, devono ancora realizzare una strategia comune per  la riforma. Sia sulla geoeconomia che nella geopolitica, i membri dei BRICS hanno politiche economiche diverse, possiedono capacità diverse e si confrontano con sfide uniche che possono non essere condivise da altri stati BRICS.

Ad esempio, l’atteggiamento geopolitico della Russia è sempre stato globale. Questa visione, è un’eredità dal suo ex ruolo di super-potenza antecedente al 1991, e recentemente, rinforzato sia dalla sua economia rinnovata che dalle capacità militari e industriali. La Cina ha iniziato a trascendere la sua concentrazione regionale ed economica, iniziando ad avere un interesse attivo nelle questioni geopolitiche globali. E’ evidente che la politica estera cinese sta passando una transizione da ruolo passivo a ruolo diplomatico attivo. Infatti, la Russia e la Cina stanno cooperando per modellare la risoluzione delle dispute in corso nell’Asia occidentale, e nel mantenere la stabilità nelle altre regioni geopolitiche come l’Asia centrale e l’Asia nordoccidentale. Nonostante l’eredità culturale del Brasile, come parte della famiglia geopolitica occidentale, Brasilia ha cercato di fare leva con la sua impressionante capacità diplomatica al fine di costruire ruoli paralleli internazionali. 

L’India, in quanto potere ancora in via di sviluppo, ha mantenuto un profilo relativamente basso sui problemi di sicurezza internazionale. Tutto ciò è ironico perché storicamente, specialmente durante gli anni ’50, l’India era stata propositiva nelle Nazioni Unite e Delhi non si era fatta intimidire, ed aveva esposto le sue prospettive sulle questioni politiche di quell’era. Dalla fine degli anni ’90, la priorità dell’India sulla crescita economica ha ridotto le motivazioni per una politica attivista globale. Forse, sta emulando il mantra cinese di mantenere un “basso profilo”.

Tuttavia, su molte questioni come quella nucleare iraniana o il conflitto siriano, sebbene Delhi rimanga cauta, le sue percezioni sono più vicine alla visione dei partner BRICS che cercano un’Asia occidentale non radicalizzata e un approccio non militarizzato e multilaterale alla risoluzione del conflitto. Persino sulle norme, l’India non è preparata ad abbandonare i principi della Carta delle Nazioni Unite e le idee di Westfalia sulla sovranità, adottando uniformemente delle norme di intervento Occidentali contestate, negli affari di stati indipendenti.

Il documento sui BRICS della Russia del 2013, sottolinea la sua filosofia contro il blocco: “i BRICS riflettono… La formazione di un sistema di relazioni internazionali policentrico, che è sempre più caratterizzato dall’uso di meccanismi non-istituzionalizzati di governance globale e diplomazia basata sul sistema, e su una crescente interdipendenza economica degli stati.”

Nel reame geoeconomico, i BRICS devono ancora trascendere la dicotomia tra la competizione intra-BRICS  e un approccio collettivista al governo economico globale. Da quando la Cina è diventata centrale nel commercio intra-BRICS, il suo ruolo ha bisogno di essere esaminato.

Sebbene la Cina mandi avanti eccessi con tutti i suoi partner BRICS, la Russia ed il Brasile come ricchi esportatori di minerali, prodotti ed energia, possono compensare per l’importazione manifatturiera cinese. Mentre l’industria mineraria del Sud Africa ha avuto molto successo, recenti problemi di infrastrutture e manodopera stanno creando una crisi strutturale nella sua politica economica. Il problema dell’India è unico, perché manca di ulteriori risorse naturali da pagare per le sue importazioni dalla Cina. Manca anche della profondità manifatturiera, con la più bassa proporzione nella quota di GDP-manifatturiero tra le economie emergenti, al 16%.

Le statistiche parlano da sole. Dal 2006, le esportazioni dell’India verso la Cina sono aumentate da 8.3 miliardi di dollari ai 13.5 miliardi nel 2012; durante la stessa fase le importazioni dell’India sono cresciute dai 18 miliardi di dollari ai 54.3 miliardi nello stesso periodo. Se escludiamo le importazioni di petrolio dell’India, la Cina vale per quasi il 50% del deficit del commercio dell’India! Data una tale struttura di commercio avversa, è inevitabile che i politici indiani vedano questo problema come prioritario. Se gli squilibri interni ai BRICS non saranno seriamente presi in considerazione, c’è la reale prospettiva di una vampa di ritorno politica ed economica. Infatti, uno studio recente ha dimostrato che la maggior parte delle misure di protezione delle economie BRICS erano mirate contro altri membri dei BRICS. L’attuale consenso tra le élite BRICS, comunque, è necessario per evitare un approccio da accattone-della-porta-accanto verso gli squilibri.

Forse, c’è un aspetto strutturale pertinente in questa vicenda. I deficit commerciali con la Cina non sono semplicemente una dinamica bilaterale. Una grande porzione delle scorte delle catene manifatturiere dell’Asia lavora nel processo di esportazione delle industrie cinesi, che sono il trampolino finale per i mercati globali. Quindi, a seconda del settore, i deficit con la Cina sono collegati alla politica economica regionale che riguarda molte industrie multinazionali dell’Occidente e delle avanzate economie dell’est asiatico come il Giappone, la Corea del sud e Taiwan.

Comunque, questo non può spiegare tutti i deficit di commercio come il tipo di prodotti che appaiono nelle statistiche commerciali dei BRICS,  che sono in settori dove le compagnie cinesi hanno sviluppato capacità proprie come quella dell’industria dei macchinari e dei componenti, le telecomunicazioni e gli strumenti di trasporto, i petrolchimici, e il merchandise di basso valore delle industrie a manodopera intensiva. Queste sono industrie proprie cinesi e sono diverse dalle imprese con investimenti stranieri che spiegano la gran parte dei pezzi delle esportazioni della Cina.  
Un modo per superare questo squilibrio è quello di creare più opportunità per investimenti incrociati, dove le capacità industriali sono sviluppate unitamente nello stesso mercato delle importazioni. Simultaneamente, la Cina deve anche aumentare l’accesso al mercato per industrie di produzione e di servizi provenienti da altri stati BRICS, su una base strategica per mantenere le loro relazioni bilaterali di commercio stabili.

Nel Marzo 2012 il summit di Delhi suggerì una soluzione più ambiziosa. Al centro del problema c’era l’asimmetria dalla parte delle capacità di rifornimento della produzione tra le economie dei BRICS. Il summit del 2012 ha suggerito una “Banca per lo sviluppo” per “muovere le risorse per progetti di infrastruttura e sviluppo sostenibile” nelle economie BRICS. L’idea di ammassare capitale e canalizzarlo verso settori sottoperformanti dove i membri BRICS hanno bisogno di capacità e investimento, è pronunciato.
Inoltre, rompendo il monopolio di Bretton Woods sulla finanza dello sviluppo, che comunque si rivolge ad una piccola frazione degli investimenti di bisogni sociali e di infrastrutture, una banca dello Sviluppo dei BRICS offrirebbe dei mutui a prezzo di costo ai suoi propri membri. Gradualmente, una Banca dello Sviluppo potrebbe potenzialmente anche aumentare le opzioni verso le economie a basso reddito.

Il summit di Dubai del 2013 ha dichiarato la Banca dello Sviluppo come “possibile e vitale”. Per esserne certi, il Ministro delle finanze russo, Anton Siluanov, ha chiarito la mancanza di consenso su “il volume di capitale dichiarato e registrato, lo stato di coinvolgimento di ogni membro” e “dove questa banca potrebbe essere situata”. Questi non sono problemi insormontabili. La richiesta principale è quella di assicurare che il surplus di capitale dei membri sia incorporato in una serie di norme che non riproducano l’egemonia o l’intrusione democratica che è associata con la finanza sviluppata dall’Occidente.

Alla fine, nei termini di alta finanza, la dichiarazione di Durban suggerisce 100 miliardi di dollari “Riserva di accordo contingente” (CRA) come assicurazione contro la possibilità che il caos della finanza globale mini la stabilità delle economie emergenti. Finora il Fondo Monetario Internazionale (IMF) è stata l’istituzione dominante per mantere la stabilità sistemica. Nella decade passata, comunque, la capacità dell’IMF (780 miliardi di dollari) e la sua autorità normativa sono diminuite, ed è ora assorbita dai problemi post-crisi della stessa eurozona. Durante lo stesso periodo, le economie emergenti hanno accumulato 5 bilioni di dollari in riserve. Quindi, il CRA è un passo logico perché i BRICS non solo isolino se stessi ma gradualmente offrano anche ampia stabilità al commercio intra-BRICS  attraverso il potenziale contrasto dei casi individuali di instabilità monetaria.

Strategicamente, sono iniziative istituzionali pratiche che permetteranno ai BRICS di aumentare il loro potere contrattuale individuale e collettivo sia nei G-20 che nelle istituzioni Bretton Woods sulle riforme di governo globale.
Inoltre, questo aumenterebbe le prospettive di divisione del carico dei poteri emergenti, ma in termini vantaggiosi, piuttosto che conformandosi passivamente ad un insieme di norme storiche sposate dall’Occidente.

E’ probabile che la simultanea ascesa di domande geopolitiche e geoeconomiche nel mondo della politica continui per tutti gli anni 2010. I membri BRICS sia per ragioni di interessi propri che per promuovere la stabilità del sistema potrebbero avere poche scelte, se non impegnarsi nel pieno dei problemi globali. La sfida sarà quella di riconciliare “le forze centrifughe” delle dinamiche intra-BRICS con il perseguimento vitale dei tentativi collettivisti.

(Traduzione dall’inglese di Valentina Bonvini)


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :