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Broken Flowers di Jim Jarmusch

Creato il 14 dicembre 2013 da Spaceoddity
Broken Flowers di Jim JarmuschEsiste il tempo per don Giovanni? Un uomo che non ama e non sceglie, che passa la vita per un eterno presente al femminile può trovare mai lo scorrere dei giorni, la vecchiaia, o è condannato all'immanenza di una scelta esistenziale? È un po' questa la domanda che sta dietro Broken Flowers (2005), scritto e diretto da Jim Jarmusch su un'idea di Bill Raden e Sara Driver. La sceneggiatura parla di un uomo, Don Johnston (Bill Murray), che, appena abbandonato dalla compagna Sherry (Julie Delpy), riceve una lettera scritta a macchina nella quale una sua vecchia fiamma - una tra le tante - gli rivela di avere avuto un figlio da lui diciannove anni prima, ma "dimentica" di firmarsi. Sotto l'insistenza di Winston (Jeffrey Wright), l'uomo intraprende dunque un viaggio nel suo passato, tra le amanti di allora e scopre che ne è stato di quelle vite che lui non ha mai voluto vivere con loro. Queste donne, Laura (Sharon Stone), Dora (Frances Conroy), Carmen (Jessica Lange) e Penny (Tilda Swinton) sono tappe di una vita senza via di scampo, ciascuna alle prese con l'infelicità che il distacco da Don ha causato loro. Sono storie bizzarre, sono storie imprevedibili, manifestazioni di una vita che ci sfugge di mano proprio nell'atto in cui crediamo di afferrarne l'utile o l'essenziale. Broken Flowers non è esattamente un road movie, per esserlo gli mancano una meta, un inseguimento o una fuga, il desiderio di vagabonare: Don è anzi ritroso a compiere questo viaggio, ad approfondire il rapporto con donne ormai lasciate dietro le spalle (che anzi ricorda con estrema precisione). Sul piano cinematografico, anzi, questa è una galleria di cammei, di ritratti, di personaggi in prova, come in prova è stata la vita di Don Johnston. Ma lui se ne accorge solo quando incontra il ragazzo (Mark Webber) che crede sia il figlio venuto a sua volta a cercare lui: è a questo punto che l'uomo enuncia - e forse per la prima volta enuclea - la sua teoria di un presente che forse a noi sfugge sempre, ma al quale noi non sfuggiamo mai, incapaci come siamo di allargare la prospettiva in una dimensione storica e umana.

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